CRESCONO I FONDI IMMOBILIARI

Nonostante le ricorrenti preoccupazioni sullo sfondo, procede lenta ma costante la crescita dei fondi immobiliari italiani, il cui rendimento medio del 2005 ...

29/09/2006
Nonostante le ricorrenti preoccupazioni sullo sfondo, procede lenta ma costante la crescita dei fondi immobiliari italiani, il cui rendimento medio del 2005 è stato dell’8,3% contro il rendimento medio europeo del 6,2%, statunitense del 5,1% e asiatico del 5,6% (dati di Scenari immobiliari).
Le previsioni del fatturato immobiliare di fine anno nei cinque Paesi europei più importanti (Francia, Germania, Italia, Regno Unito e Spagna) indicano che si dovrebbero superare i 674 miliardi di euro, con un incremento del 3% rispetto il 2005. Tale previsione indica che solo questi 5 Paesi rappresentano oltre il 79% delle previsioni di fatturato per il 2006 di tutta l’Unione Europea.

In Italia la variazione di fatturato rispetto al 2005 ha portato ad un incremento del 3,4% e le previsioni dicono che si avrà un ulteriore aumento di 2,6 punti percentuali nel 2007.

E’ dimostrato, infatti, che due fattori condizioneranno il mercato europeo negli ultimi mesi del 2006 e nel 2007, ovvero:
  • rallentamento del mercato residenziale, con riduzioni delle compravendite e aumenti, anche se contenuti, dei prezzi di scambio;
  • miglioramento costante dei comparti non residenziali legati alle imprese, al commercio e all’industria, spinto dalla ripresa economica e dalla maggiore disponibilità di credito.
Il potenziale di crescita è, dunque, enorme, ciononostante allo stato attuale i fondi di investimento immobiliare rappresentano solo l’1% tra gli strumenti scelti dalle famiglie italiane. Il problema sta anche nella scarsa offerta del mercato, causata per prima cosa da un problema culturale che porta ad una scarsa attenzione verso questo tipo di prodotto e per seconda cosa, causa della prima, dall’assenza di grandi banche.

Per investire in fondi immobiliari basta un capitale iniziale di poche centinaia di euro, incrementando l’investimento gradualmente e in relazione alle proprie disponibilità. Un recente studio condotto da Tecnocasa ha dimostrato che investire in una seconda casa e darla in affitto per 15 anni è più conveniente di acquistare dei titoli di Stato. Ad esempio investendo 163 mila euro in BoT porta, dopo 15 anni a una rendita di 317.571 euro, mentre con la stessa cifra acquistando una casa e affittandola a 800 euro al mese porterebbe a una rendita di 327.571 euro.

Oggi, inoltre, è a disposizione un nuovo tipo di strumento di investimento: i REIT (Real Estate Investment Trust), letteralmente “società fiduciaria per l'investimento in beni immobili”, in pratica una società per azioni, quotata in Borsa, che si occupa di investimenti immobiliari. Nella quasi totalità dei casi i REITs consentono agli investitori di percepire un dividendo periodico al quale va ad aggiungersi, eventualmente, un guadagno in conto capitale che matura in un orizzonte temporale piuttosto prolungato. In un’ottica di medio-lungo termine, il rendimento di un REIT è leggermente inferiore a quello dei titoli azionari ad elevata crescita, ma più elevato di quello offerto dalla maggior parte dei titoli obbligazionari. Inoltre, l'andamento delle quotazioni dei REIT dipende dall'andamento del comparto immobiliare in cui il REIT opera. Ragion per cui, fatte salve particolari situazioni aziendali, corrisponde in tutto e per tutto ad un investimento immobiliare diretto. Le entrate sono sicure e al riparo da eventuali, anche se difficili, cali di prezzo degli immobili.

I principali vantaggi che offrono i REITs agli investitori sono i seguenti:
  • quotazione nei mercati azionari,liquidi e regolamentati, per cui le operazioni di acquisto e di vendita risultano agevoli, trasparenti, poco costose e rapide;
  • garanzia di un reddito elevato con possibilità di reinvestimento, automatico e gratuito, dei dividendi trimestrali percepiti;
  • possibilità di monitorare l’andamento dell’investimento;
  • trattamento fiscale per gli stranieri non residenti che si limita ad una ritenuta secca del 15% sui dividendi.


A cura di Gianluca Oreto
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