Architetti in crisi e sulla soglia della povertà

Non farà piacere ai fautori del "va tutto bene" per forza. Purtroppo, però, quello che i professionisti italiani già sapevano molto bene e che era già stato ...

26/11/2014

Non farà piacere ai fautori del "va tutto bene" per forza. Purtroppo, però, quello che i professionisti italiani già sapevano molto bene e che era già stato certificato anche dall'ISTAT e da Inarcassa, adesso è stato attestato anche dal IV Rapporto sulla professione dell'architetto a cura del Cresme e del Consiglio Nazionale degli Architetti PPC: gli architetti (ma mi sento di dire anche tutte le altre professioni dell'area tecnica) hanno un reddito molto prossimo alla soglia di povertà.

Con un reddito medio pari a circa 17 mila euro, al netto dell'inflazione, una perdita (tra il 2008 e il 2013) di circa il 40% del reddito professionale annuo lordo, il 68% degli Architetti vanta crediti nei confronti della committenza privata, mentre il 32%, un terzo degli architetti sul totale dei 152mila professionisti italiani, attende pagamenti da parte del settore pubblico.

Nonostante gli interventi del Governo volti a sbloccare i pagamenti da parte della P.A., in media, i giorni necessari per ottenere un pagamento sono arrivati nel 2013 a oltre 217 (erano 129 nel 2010 e 90 nel 2006). Considerato il privato, con le imprese si è passati dai 114 giorni del 2011 ai 172 del 2013, mentre con le famiglie da 70 a 98 giorni. Il problema delle insolvenze è maggiormente sentito nel Sud del Paese, mentre al Nord il fattore critico è rappresentato dal rapporto con le banche: il 57% degli architetti ha, infatti, debiti con istituti di credito, società finanziarie o fornitori.

Questi sono i drammatici dati di sintesi del IV Rapporto sullo stato della professione dell'architetto promosso dal Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori in collaborazione con il Cresme.

L'indagine ha, inoltre, evidenziato un altro dato: l'impossibilità o comunque la forte difficoltà nell'avviare o incrementare la propria attività all'estero. Le dimensioni degli studi professionali non consentono, infatti, di affrontare le difficoltà derivanti dall'operare fuori dal Paese. Sono, infatti, circa 70 mila gli studi di architettura in Italia, che impiegano appena un dipendente non architetto e 1,5 collaboratori esterni con partita Iva. Secondo l'Agenzia delle entrate, il fatturato annuo medio degli studi, nel 2012, si aggirava intorno a 38 mila euro, contro i 55 mila degli studi di ingegneria.

La prima conseguenza di questi dati sta nella perdita di appeal del corso di laurea di architettura: il numero complessivo di immatricolati ad un corso di laurea di architettura, è crollato del 51% negli ultimi 5 anni (nel 2012, rispetto al 2007, quasi 7 mila immatricolati in meno), una flessione nettamente più marcata di quanto registrato per il complesso dei corsi di laurea (17%).

"Siamo alle soglie della povertà - ha sottolineato Leopoldo Freyrie, presidente del Consiglio Nazionale degli Architetti - e, senza una inversione di rotta, da parte della politica e del Governo, rischiamo di non sopravvivere alla crisi. La vera risposta sta nel lancio e nella realizzazione di un grande progetto d'investimento di idee e di denaro sulle città per intervenire sugli 8 milioni di edifici che si avviano a fine vita; per risparmiare 25 miliardi di euro all'anno di energia che viene, di fatto, sprecata; per mettere le case e le città in sicurezza da sismi ed inondazioni, alle quali anche in queste ore siamo costretti ad assistere; per realizzare spazi pubblici che ridiano il senso delle comunità, ricreando le condizioni affinché fioriscano idee, innovazione e impresa".

"Serve anche superare - e serve farlo subito - le anacronistiche regole discriminatorie che impediscono alla stragrande maggioranza degli studi professionali di piccole e medie dimensioni e pressoché alla totalità dei giovani architetti italiani di partecipare alle gare per l'affidamento di servizi di architettura e di ingegneria. Ci battiamo da anni contro il vecchio sistema che, fissando requisiti quantitativi, come il fatturato ed il numero di dipendenti del professionista, ha di fatto progressivamente riservato questo mercato ad un numero molto ridotto di strutture professionali. Ciò in contraddizione con le più recenti direttive europee in materia di appalti".

"In questo momento di crisi - conclude il presidente degli architetti italiani - siamo pronti ad organizzarci in reti professionali e interprofessionali sul territorio nazionale e nel mondo e a cambiare anche profondamente i nostri Studi professionali per integrare conoscenze e competenze. Chiediamo però, primo un segnale da parte dllo Stato: quello di estendere ai professionisti che si aggregano le agevolazioni fiscali che la legge di Stabilità 2015 prevede per le attività di impresa e di lavoro autonomo nella fase di start up".

A cura di Ing. Gianluca Oreto

© Riproduzione riservata

Documenti Allegati