Codice appalti e Direttive europee: cosa bolle in pentola?

Martedì 4 agosto sono scaduti i termini per la presentazione degli emendamenti al disegno di legge delega al recepimento delle direttive comunitarie 2014/23/...

03/09/2015

Martedì 4 agosto sono scaduti i termini per la presentazione degli emendamenti al disegno di legge delega al recepimento delle direttive comunitarie 2014/23/CE, 2014/24/CE e 2014/25/CE, ma sul sito della Camera, nello spazio dedicato all'atto n. 3194 relativo al disegno di legge delega, appare un tristissimo "Non ci sono emendamenti per l'atto richiesto".
In pratica, è come se tutti i componenti della VIII Commissione della Camera non avessero presentato alcun emendamento. In realtà tutti sanno non essere la verità ma, purtroppo, nonostante viviamo nell'era della comunicazione in cui le notizie corrono alla velocità della luce ed anche di più, dobbiamo accontentarci dei "si dice" senza aver alcun dato ufficiale.

Il mese di aprile 2016 è ormai prossimo e dopo quasi un anno e mezzo trascorso dalla pubblicazione delle Direttive sulla Gazzetta Europea facciamo i conti con i se e con i ma. Circola, infatti, una notizia che se confermata avrebbe del clamoroso e porterebbe alla predisposizione di un emendamento che cancellerà l'attuale regolamento sugli appalti, oggi composto di 345 articoli. Resterebbe un codice molto snello costituito dalle norme che saranno contenute nel Decreto Legislativo di attuazione della legge delega nel rispetto dei paletti posti nella legge delega stessa.
Lo scopo sarebbe quello di far predisporre all'ANAC (Autorità Nazionale Anticorruzione) soltanto le linee guida che dovrebbero consentire una maggiore flessibilità rispetto ad un regolamento.
Sembra che questa idea sia del tutto condivisa dal presidente Raffaele Cantone nelle cui mani sarebbe affidata la totale gestione degli appalti in Italia.

Resterebbe, però, il problema del transitorio ma sembra che sino a quando l'Anac non predisporrà le linee guida le opzioni sarebbero due:

  1. continuare ad utilizzare le attuali norme regolamentari compatibili con le norme che saranno contente del Decreto Legislativo
  2. rinviare l'eliminazione del regolamento alla riscrittura del testo unico sugli appalti.


Intanto, torna a riunirsi la commissione guidata da Antonella Manzione, capo dipartimento degli Affari legislativi di Palazzo Chigi, costituita da 19 esperti con il compito di riscrivere le regole per l'affidamento degli appalti pubblici nel rispetto dei paletti dettati dalla legge delega.
Nella commissione nominata dal Ministro Graziano Delrio si ha la presenza di rappresentanti delle Infrastrutture, delle Politiche europee, dell'Anac e di tecnici dell'Economia, dei Beni culturali, dello Sviluppo economico e dell'Ambiente unitamente ad esperti "esterni" alle strutture di governo, come Mario Chiti e Pierluigi Mantini, docenti di diritto amministrativo rispettivamente dell'Università di Firenze e del Politecnico di Milano e Remo Della Longa docente di Public management alla Bocconi.

Nel frattempo, il Regno Unito ha recepito la direttiva europea sugli appalti pubblici (2014/24/UE) con le Public Contracts Regulations 2015, la cui tempestiva adozione è stata perseguita dal legislatore britannico nel presupposto che le relative misure siano idonee a semplificare il quadro normativo degli appalti pubblici e a stimolare la crescita economica. Le Regulations, entrate in vigore il 26 febbraio 2015, sono state precedute nell'approvazione da una consultazione pubblica, conclusasi con il documento di replica pubblicato dal Cabinet Office.
La tecnica normativa utilizzata nella redazione delle Regulations si è avvalsa, per un verso, di clausole generali e di rinvio alle regole e definizioni riportate nei testi normativi dell'Unione Europea, in modo da assicurare la costante adeguatezza del diritto interno in materia di appalti (procurement law) agli aggiornamenti delle discipline europee (è il caso, ad esempio, dei limiti di valore degli appalti soggetti a revisione biennale da parte della Commissione, oppure della nozione legislativa europea di dispositivi tecnici o di modalità operative riferite alla firma digitale o alla rete pubblica di telecomunicazione).

Insomma, mentre gli altri Paesi tendono a velocizzare l'armonizzazione della propria normativa a quella europea, l'Italia sembra essere sempre ferma al palo, in attesa non si sa di cosa.

A cura di Arch. Paolo Oreto

 

 

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