La classificazione sismica degli edifici esistenti

Da qualche tempo ormai, e da più parti, si sente parlare delle linee guida sulla classificazione sismica degli edifici esistenti; in realtà a oggi non sono a...

13/12/2016

Da qualche tempo ormai, e da più parti, si sente parlare delle linee guida sulla classificazione sismica degli edifici esistenti; in realtà a oggi non sono ancora state divulgate e rimangono “patrimonio” del gruppo di lavoro che le ha ideate e dei componenti della Commissione Relatrice nominata dal Presidente del Consiglio Superiore Lavori Pubblici.

E’ qui necessario comunque partire dall’inizio, come di solito si conviene.

Nel 2013 il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti istituisce “un Gruppo di Studio per la proposizione di una o più ipotesi normative per la classificazione del rischio sismico sulle costruzioni, finalizzata all'incentivazione fiscale di interventi per la riduzione dello stesso rischio, […] graduati sulla base della tipologia di interventi, della valutazione quantitativa del rischio effettivo e della riduzione di rischio ottenuta con l'intervento, valutate anche mediante l'adozione di un'idonea metodologia di classificazione”. Il gruppo, coordinato dalla Provveditore OOPP di Lombardia ed Emilia Romagna Pietro Baratono era composto da alcuni dei massimi esperti di Ingegneria Sismica in Italia e da rappresentanti del CSLLPP; la Segreteria Tecnica del GdS è stata affidata ad ISI Ingegneria Sismica Italiana. L’obiettivo, condivisibile, dell’allora Ministro Lupi era quindi avere uno strumento per elargire i contributi in maniera virtuosa.

Ad oggi SEMBRA che, nonostante la crisi di Governo, nulla resti immutato per la loro entrata in vigore. Attualmente le LLGG sono al vaglio del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici; il Ministro Delrio aveva posto come data ultima di revisione il 31 dicembre 2016 in modo da poter predisporre il DM di emanazione entro il 28 febbraio 2017 (il SISMABONUS entra in vigore dal 1 gennaio 2017).

Quanto riportato nel seguito è una sintesi del convegno sul tema organizzato da ISI il 21 ottobre scorso al SAIE al quale ha partecipato, tra gli altri, il Coordinatore del GdS stesso.

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La procedura per giungere a un valore della classificazione comprende i seguenti passi:

  • Analisi di pericolosità – Per valutare la frequenza con la quale nel sito di costruzione è superato, in un certo periodo, un prefissato valore di un parametro significativo dell’input, ad esempio la PGA.
  • Analisi strutturale – Per valutare le conseguenze sull’edificio del parametro di ingresso, in termini di parametri di risposta.
  • Analisi di vulnerabilità – Per quantificare i danni strutturali e non strutturali conseguenti al raggiungimento di determinati livelli da parte dei parametri di risposta.
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Rischio Sismico
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Questi ultimi due adempimenti sono praticamente la valutazione di sicurezza (o di vulnerabilità) dell’edificio, cioè la corretta diagnosi sul suo stato di salute e una verosimile (probabilisticamente parlando) previsione sul suo eventuale danneggiamento futuro.

Analisi di esposizione – Per stimare le perdite dirette (costi legati alla riparazione del danno), e le perdite indirette; queste ultime possono essere sia economiche (costi legati al danneggiamento dei contenuti e all’interruzione dell’operatività) sia sociali (perdite umane, perdite di valore del bene culturale o del macchinario, etc.), legati al raggiungimento di determinati livelli di danno.  La quantificazione delle sole perdite economiche, sia dirette sia indirette, viene espressa in percentuale del Costo stimato di Ricostruzione RC.

Infine, si può esprimere il rischio sismico, per la sola parte economica, in termini di perdite annue medie attese, normalmente indicate con la sigla EAL (Expected Annual Loss); si può esplicitare EAL come la necessità di accumulare, anno per anno, le risorse necessarie per fare fronte ai danni provocati dall’evento.

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Ogni edificio, a seguito delle analisi di cui sopra, avrà la propria curva, rappresentabile in funzione degli stati limite di riferimento; l'area sottesa da questa rappresenterà appunto il valore di EAL. Come è intuibile, edifici diversi potrebbero avere lo stesso EAL dato però da vulnerabilità differenti.

Qualche indicazione sui numeri attesi per alcune tipologie di edifici esistenti: gli edifici costruiti secondo le norme sismiche moderne dovrebbero avere un EAL compreso tra 0.5 e 1% del costo di ricostruzione, mentre quelli costruiti in assenza di norme sismiche potenzialmente avrebbero valori di EAL maggiori del 2.5% del costo di ricostruzione.

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Ora è interessante fare alcune considerazioni legate nello specifico al patrimonio edilizio italiano.

Come ben sappiamo, nelle zone prossime all’epicentro è “lecito” che una costruzione si danneggi e le stesse NTC lo prevedono; purtroppo però vi sono vaste aree a intensità sismica medio bassa (e nelle quali non vi sono morti o feriti) che sempre circondano le ridotte aree epicentrali dei terremoti violenti e che, tendenzialmente, sono quelle che pesano in maniera maggiore sulla conta dei danni. Il documento FEMA-E74 ha stimato che il 75% del costo di ricostruzione RC è riconducibile agli elementi non strutturali, e solo il 25% è attribuibile a questi ultimi.

In sintesi, per livelli di danno strutturale assente o molto contenuto, i danni agli elementi non strutturali e agli impianti possono essere già significativi. A fronte di risorse limitate, può essere preferibile intervenire su molte costruzioni in modo limitato (ad esempio utilizzando interventi di rafforzamento locale per eliminare alcune gravi carenze strutturali e/o perseguendo con il miglioramento strutturale un livello di sicurezza antisismica pari al 60-80% del livello di sicurezza antisismica previsto dall’adeguamento), piuttosto che intervenire su poche costruzioni adeguandole a quanto previsto per le nuove costruzioni.

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Ad esempio. Tutti sappiamo che gli edifici in c.a. hanno problemi con i tamponamenti e che questi ultimi vengono espulsi o si danneggiano pesantemente rendendo inagibile la costruzione, nonostante il telaio sia perfettamente integro; inserire qualche ritegno per evitare questo fenomeno (magari mentre si decide di installare un termocappotto) potrebbe far salire la classificazione EAL con una spesa modesta.

Allo stesso modo applicare delle catene per evitare il ribaltamento di un fronte, magari sulla prospiciente viabilità pubblica che è stata individuata quale via di fuga nei piani comunali di Protezione Civile, permette con poche risorse economiche di incrementare la classificazione EAL della propria unità. La stessa spesa e lo stesso intervento però, se effettuati sulla casa in campagna, isolata e utilizzata solo d’estate come seconda casa, non avrebbero lo stesso effetto in termini di incremento EAL.

Per gli edifici artigianali i concetti sono i medesimi. Il ribaltamento dei tamponamenti potrebbe avere gravi conseguenze sull’interruzione della produzione, nonostante l’elemento in sé abbia un costo esiguo; un costo ancora più esiguo ce l’ha l’intervento per mettere in sicurezza i pannelli e gli elementi secondari, a fronte quindi di grandi benefici.

I casi sopra riportati sono solo alcuni esempi. Come ben sappiamo il patrimonio edilizio italiano è estremamente variegato e ogni bravo professionista saprà valutare al meglio le possibilità; senza fermarsi ai soli calcoli, con una buona analisi costi-benefici sarà in grado di spiegare “numeri alla mano” al proprio committente i vantaggi di un intervento.

Scarica gli atti del Convegno organizzato da Ingegneria Sismica Italiana al SAIE - CLICCA QUI

A cura di Ing. Andrea Barocci
Coordinatore Sezione Norme, Certificazioni e Controlli in Cantiere ISI
www.ingegneriasismicaitaliana.com
         

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