Testo unico edilizia (DPR 380/2001): Modificato l’articolo 3

L’articolo 65-bis del Decreto Legge 24 aprile 2017, n. 50 (cosiddetto “Manovrina”) convertito dalla Legge 21 giugno 2017, n. 96 ha introdotto nel Testo Unico...

12/07/2017

L’articolo 65-bis del Decreto Legge 24 aprile 2017, n. 50 (cosiddetto “Manovrina”) convertito dalla Legge 21 giugno 2017, n. 96 ha introdotto nel Testo Unico Edilizia di cui al D.P.R. n. 380/2001 una modifica all’articolo 3, comma 1, lettera c) che ha dettato una nuova definizione di restauro e risanamento conservativo.

Alleghiamo alla presente notizia il testo del D.P.R: n. 380/2001 coordinato con la modifica introdotta dal citato articolo 65-bis. Il testo della la lettera c)  del comma 1 dell’articolo 3 del D.P.R. n. 380/2001 era, prima delle modifiche introdotte, il seguente:

“Ai fini del presente testo unico si intendono per:

………….        

    c) "interventi di restauro e di risanamento conservativo", gli interventi edilizi rivolti a conservare l'organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell'organismo stesso, ne consentano destinazioni d'uso con essi compatibili. Tali interventi comprendono il consolidamento, il ripristino e il rinnovo degli elementi costitutivi dell'edificio, l'inserimento degli elementi accessori e degli impianti richiesti dalle esigenze dell'uso, l'eliminazione degli elementi estranei all'organismo edilizio;

Con le modifiche introdotte dal più volte citato articolo 65-bis, diventa il seguente:

“Ai fini del presente testo unico si intendono per:

………….

    c) "interventi di restauro e di risanamento conservativo", gli interventi edilizi rivolti a conservare l'organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell'organismo stesso, ne consentano destinazioni d'uso con essi compatibili ne consentano anche  il  mutamento  delle  destinazioni d'uso purché con  tali  elementi  compatibili,  nonché conformi a quelle previste dallo strumento urbanistico generale e dai  relativi piani attuativi. Tali interventi comprendono il consolidamento, il ripristino e il rinnovo degli elementi costitutivi dell'edificio, l'inserimento degli elementi accessori e degli impianti richiesti dalle esigenze dell'uso, l'eliminazione degli elementi estranei all'organismo edilizio; con la precisazione che il testo tagliato era quello previgente mentre è riportato in grassetto quello introdotto dal citato articolo 65-bis.

La modifica nasce dalla pronuncia della Corte di Cassazione 14 febbraio 2017, n. 6873 con la quale è stato affermato che il mutamento di destinazione d’uso configura in ogni caso un’ipotesi di ristrutturazione edilizia anche se attuato con opere di modesta entità”.

L’effetto della sentenza è stato quello di escludere la possibilità di eseguire cambi di destinazione d’uso su immobili ricadenti in zone in cui le previsioni degli strumenti urbanistici consentono unicamente la realizzazione di interventi di restauro e risanamento conservativo vietando quelli di ristrutturazione edilizia.

Tale interpretazione era in contrasto con quanto espressamente previsto nella previgente definizione contenuta nell’articolo 3, comma 1, lettera c) del D.P.R. n. 380/2001 che ammetteva il mutamento di destinazione d’uso qualificando gli interventi di restauro e di risanamento conservativo come quelli “rivolti a conservare l’organismo edilizio ed assicurarne la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell'organismo stesso, ne consentano destinazioni d'uso con essi compatibili (..)”.

In pratica la sentenza della Corte di Cassazione ha, di fatto, bloccato numerosi lavori in tutta Italia, e portato il Parlamento a intervenire con un emendamento alla cosiddetta “Manovrina”, attraverso una modifica all'articolo 3 comma 1 lettera c) del Testo unico edilizia che, contrariamente alla Sentenza, “ammette nel restauro e risanamento conservativo anche le modifiche di destinazione d'uso, purché compatibili con le caratteristiche dell'edificio e ammesse dal PRG”. Per la Cassazione di contro “l'esecuzione dei lavori, anche se di entità modesta, porta pur sempre alla creazione di un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente, con interventi assoggettati, pertanto, al previo rilascio del permesso di costruire con pagamento del contributo di costruzione discendenti dalla diversa destinazione d’uso".

Per superare le problematiche scaturite dalla citata sentenza della Corte di Cassazione è stata introdotta una nuova definizione di restauro e risanamento conservativo chiarendo che:

  • i cambi di destinazione d’uso negli interventi di restauro e risanamento conservativo avvengano “compatibilmente” con gli elementi tipologici, formali e strutturali dell’edificio (in linea con le finalità sottese a tale categoria di intervento volta a conservare e a rendere più funzionale l’organismo edilizio);
  • i mutamenti di destinazione d’uso debbano essere “conformi a quelle previste dallo strumento urbanistico generale e dai relativi piani attuativi”.

Il cambio di destinazione d'uso di un immobile, anche se con opere modeste, configura in ogni caso una "ristrutturazione edilizia pesante" che di conseguenza è soggetta al relativo permesso di costruire rilasciato dal Comune.

Ma non solamente. Tra gli "interventi di restauro o di risanamento conservativo", per i quali non occorre il permesso di costruire, possono essere annoverate soltanto le opere di recupero abitativo, che mantengono in essere le preesistenti strutture, alle quali apportano un consolidamento, un rinnovo o l'inserimento di nuovi elementi costitutivi, a condizione che siano complessivamente rispettate tipologia, forma e struttura dell'edificio). Resta, in ogni caso, il fatto che gli interventi di restauro e risanamento conservativo richiedono sempre il permesso di costruire quando riguardano immobili ricadenti in zona omogenea A dei quali venga mutata la destinazione d'uso anche all'interno della medesima categoria funzionale.

In allegato il testo del D.P.R. n. 380/2001 coordinato con le modifiche introdotte dal Decreto Legge 24 aprile 2017, n. 50 convertito dalla Legge 21 giugno 2017, n. 96.

A cura di Redazione LavoriPubblici.it

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