Nonostante l’Agenzia delle entrate abbia chiarito in corso d’opera
alcune perplessità, molti nodi del reverse charge in edilizia
necessitano ancora di parecchi chiarimenti, in particolare riguardo
la concreta applicazione quotidiana della manovra.
Il
reverse-charge, come previsto dal
comma 44 della
Finanziaria 2007 è scattato a partire dall’1 gennaio 2007,
sovrapponendosi, praticamente, ad una identica disposizione del
decreto legge 223/2006 di dubbia interpretazione e che non ha
trovato applicazione.
Come previsto dal comma 44 della nuova finanziaria, che si
sovrappone ad una identica disposizione del decreto legge 223/2006
di dubbia interpretazione e che non ha trovato applicazione, dall’1
gennaio 2007, la disciplina dell’inversione contabile si applica
anche a tutte le operazioni di sub appalto. Ciò vuol dire che, per
tutte le operazione per cui verrà emessa fattura dal primo di
gennaio del 2007 (nell’ipotesi di fatture emesse nel 2006 ma con
pagamento nel 2007 valgono le vecchie disposizioni), spetterà
all’appaltatore l’onere di versare l’IVA dovuta dal subappaltatore,
integrando la fattura ricevuta e specificando l’aliquota e la
relativa imposta, con i conseguenti obblighi di registrazione che
vanno effettuati sia nel registro dei corrispettivi che in quello
degli acquisti.
Nascono, però, grossi dubbi riguardo le difficoltà di individuare i
presupposti reali per l’applicazione corretta dell’inversione
contabile, dovuti in particolare all’ampiezza della macro categoria
dei contribuenti in questo settore e dalla interpretazione e
distinzione che ci può essere tra contratti di fornitura con posa
in opera e contratti d’opera o d’appalto. Tali difficoltà
comporteranno che, non di rado, operazioni senza diritto di rivalsa
saranno fatturate con addebito dell’imposta e viceversa.
L’inversione potrà, dunque, divenire una vera e propria trappola
per i contribuenti in buona fede, facendo venir meno i presupposti
per cui il meccanismo è stato concepito (contrastare le frodi).
Grandi dubbi si hanno anche in caso di erronea applicazione
dell’IVA da parte del subappaltatore. In questo caso, come riporta
una nota dell’Ance dello scorso 18 gennaio, il destinatario della
prestazione (appaltatore) che paga l'IVA in via di rivalsa, non può
portare in detrazione l'imposta che gli è stata erroneamente
addebitata, fermo restando il suo diritto al rimborso dell'imposta,
che deve essergli corrisposto direttamente dal subappaltatore.
Quest'ultimo, a sua volta, ha diritto alla richiesta di rimborso
all'erario dell'IVA versata. Nell'ipotesi in cui l'errore viene
ravvisato entro 12 mesi dall'emissione della fattura, il prestatore
ha la possibilità di rettificare la fattura ai sensi dell'art. 26,
comma 3, del D.P.R. 633/72, recuperando l'imposta versata e
regolarizzando in tal modo la situazione anche nei confronti del
soggetto che ha ricevuto la prestazione.
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