Nella Gazzetta Ufficiale dello scorso 29 gennaio, attraverso
decreto del ministero delle infrastrutture, sono state pubblicate
le linee guida per l'applicazione della legge 717/1949 sull'arte
negli edifici pubblici.
Tali linee guida rientrano in un programma di ristrutturazione
dell'architettura finalizzata al miglioramento della qualità
dell'edilizia pubblica. In realtà la sua completa attuazione, allo
stato di fatto, risulta molto improbabile.
Improbabile perché occorre un cambiamento radicale delle attuali
norme in vigore.
Il Codice degli Appalti, di cui al decreto n. 163/2006 relega il
progetto ad un piano marginale dell'opera, facendo prevalere sempre
di più le esigenze della committenza e dell'impresa.
Tutto ciò, ovviamente, penalizza il concetto di qualità dell'opera
di architettura.
Occorre una netta separazione tra le norme di progettazione e
quelle della effettiva esecuzione dell'opera in quanto il progetto
secondo la sua accezione di opera di ingegno, non può e non deve
essere considerato al pari di una manutenzione ordinaria o di una
semplice pulizia.
Il modello francese sull'architettura potrebbe essere padre di
questa idea: occorre tornare a considerare il progetto come
processo unitario, dalla progettazione preliminare a quella
definitiva ed esecutiva e, in ultimo ma non per ultimo, alla
direzione lavori.
Il sistema delle assegnazioni degli incarichi pubblici dovrebbe
sottostare alle regole del concorso di progettazione e ciò
porterebbe qualità all'opera.
Qualità che darebbe all'arrchitettura il senso di opera d'arte
sempre ricercato.
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