Si scrive
"split payment" ma si legge collasso definitivo
per chi opera con le pubbliche amministrazioni. La novità inserita
nella Legge di Stabilità per il 2015 (Legge 23 dicembre 2014, n.
190 - Gazzetta Ufficiale 29/12/2014, n. 300 - Supplemento ordinario
n. 99) prevede, infatti, da quest'anno che le P.A. non paghino più
alle aziende l'IVA sulle fatture ricevute per forniture di beni e
servizi, ma che la versino direttamente all'erario.
L'art. 1, comma 629, lett. b) della Legge di Stabilità modifica il
decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633,
inserendo prima dell'art. 18 il seguente:
Art. 17-ter - Operazioni effettuate nei confronti di
enti pubblici - 1. Per le cessioni di beni e per le prestazioni di
servizi effettuate nei confronti dello Stato, degli organi dello
Stato ancorché dotati di personalità giuridica, degli enti pubblici
territoriali e dei consorzi tra essi costituiti ai sensi
dell'articolo 31 del testo unico di cui al decreto legislativo 18
agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni, delle camere di
commercio, industria, artigianato e agricoltura, degli istituti
universitari, delle aziende sanitarie locali, degli enti
ospedalieri, degli enti pubblici di ricovero e cura aventi
prevalente carattere scientifico, degli enti pubblici di assistenza
e beneficenza e di quelli di previdenza, per i quali i suddetti
cessionari o committenti non sono debitori d'imposta ai sensi delle
disposizioni in materia d'imposta sul valore aggiunto, l'imposta è
in ogni caso versata dai medesimi secondo modalità e termini
fissati con decreto del Ministro dell'economia e delle
finanze".
Un'analisi di cosa significhi questa norma è contenuta nel video
della senatrice del M5S
Barbara Lezzi:
Sul sito del M5S viene riportato il seguente esempio.
Un'azienda fattura alla P.A. un imponibile di 10 milioni di
euro.
Supponiamo che la stessa azienda abbia un'IVA a credito di 1
milione di euro. Prima dello split payment, come previsto dal
D.P.R. n. 633/1972, l'azienda avrebbe dovuto versare 1 milione e
200 mila euro da versare all'erario (2 milioni e 200 mila euro - 1
milione di euro).
Con lo split payment l'azienda dovrà versare comunque l'IVA di 1
milione di euro ai suoi fornitori, ma non incasserà più i 2 milioni
e 200 mila euro, con la conseguenza che sarà esposta
finanziariamente per 3 milioni e 200 mila euro. La conseguenza sarà
che con i tempi biblici, la burocrazia e l'assenza dei decreti
attuativi per sapere come avere in compensazione o avere in
rimborso i 2 milioni e 200 mila euro, le aziende avranno seri
problemi di liquidità. Con la differenza che, mentre le grandi
imprese possono comunque sperare di accedere al credito, le piccole
imprese, oltre ad avere lo stesso problema, avranno anche serie
difficoltà per ottenere un finanziamento.
Il commento dell'OICE
L
'OICE, l'Associazione delle società di ingegneria
e di architettura aderente a Confindustria, scende in campo contro
l'applicazione da inizio anno del c.d. "split payment" e chiede
procedure rapide per i rimborsi. La novità in vigore dal primo
gennaio è contenuta nell'articolo 629, lettera b), della legge 23
dicembre 2014, n. 190 (legge di stabilità 2015), che prevede che
l'IVA per contratti verso le amministrazioni pubbliche sia versata
all'Erario direttamente dalla stazione appaltante e non più
dall'impresa contraente.
Per l'
OICE si tratta dell'ennesima vessazione
operata verso le imprese che operano nel settore dell'ingegneria e
dell'architettura e in particolare per quelle che lavorano con le
amministrazioni pubbliche: "
Le società di ingegneria che
lavorano con il settore pubblico - afferma il
Presidente OICE, ing. Patrizia Lotti - rischiano il
collasso definitivo perché già soffrono una contrazione del mercato
rilevantissima, visto che è sparito negli ultimi cinque anni il 26%
della domanda pubblica, e sopportano pesantissimi ritardi nei
pagamenti; adesso arriva anche questa novità dalla dubbia
compatibilità europea e potenzialmente discriminante, se si
considera che non si applica ai professionisti soggetti a ritenuta
d'acconto. In pratica si toglie liquidità alle nostre società senza
alcuna garanzia di recuperare in tempi accettabili il credito IVA
strutturale che si determinerà. E questo in un momento
delicatissimo in cui si sta facendo di tutto per mantenere
manodopera professionale altamente specializzata e per rimanere
competitivi sui mercati nazionali ed esteri".
La questione, rispetto alla quale il MEF ha ribadito il proprio no
a qualsiasi ipotesi di modifica normativa, riguarda un volume di
ingegneria pubblica che nel 2014 è stato pari a 511 milioni e
quindi una quota di IVA almeno pari a 102 milioni e assume
particolare rilievo perché le società di ingegneria nei rapporti di
collaborazione con il proprio personale sono chiamate comunque a
corrispondere l'IVA, oltre a pagare il contributo integrativo del
4%, che peraltro fino a due anni fa non veniva esposto in fattura
dal collaboratore e oggi invece deve essere corrisposto
immediatamente e contestualmente all'IVA: "
La situazione è
potenzialmente devastante soprattutto per le società di dimensioni
medie e piccole ed è quindi necessario provvedere al più presto con
meccanismi che accelerino i rimborsi dei crediti IVA, che oggi
arrivano anche a due anni, o escludano l'applicazione dell'IVA
verso i fornitori/collaboratori relativamente a commesse
riguardanti i contratti pubblici".
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