LE PROPOSTE INU AL XXVI CONGRESSO NAZIONALE

19/06/2007

Si terrà ad Ancona dal 10 al 12 aprile 2008 il XXVI Congresso nazionale ”Il nuovo Piano” con l’obiettivo di tracciare un primo bilancio di quanto è avvenuto dalla prima proposta che l’INU (Istituto Nazionale di Urbanistica) ha lanciato nel XXI Congresso di Bologna del 1995 (La riforma urbanistica, i principi e le regole) ad oggi e di quanto, in particolare sia cambiato il modo di pensare e di fare l’urbanistica.

Il cambiamento, cominciato proprio nel 1995, ha visto protagoniste della riforma le Regioni che, partendo dalla proposta INU, si sono del tutto dissociate dal vecchio modello rappresentato dalla legge urbanistica del 1942 (che tuttavia è ancora in vigore).
Anche in Parlamento si è sentita l’esigenza di cambiare il modo di fare urbanistica e, mentre nella passata Legislatura non si è riusciti nell’intento, in quella in corso, grazie al contributo attivo dell’INU, sembra stia cominciando un processo urgente e non più rinviabile, proprio per consolidare il processo di riforma in atto.

Il Governo del Territorio è oggi affrontato con un complesso di strumenti che vanno dai piani ai programmi, dai progetti urbani alle politiche urbane e territoriali (la pianificazione strategica); in questi ultimi anni, il piano, che ne rimane un momento centrale anche se non esclusivo, si è largamente modificato nella sua organizzazione strumentale e nella forma giuridica, ma anche nell’approccio generale, contaminato da un’attenzione crescente per la governance e la pianificazione strategica, anche se l’attenzione delle Regioni si è generalmente indirizzata verso misure di riforma, anche radicale, degli strumenti della pianificazione territoriale.

Il nuovo Piano che emerge dalle leggi regionali e che è confermato dalla proposta di legge nazionale alla quale l’INU ha collaborato, è comunque del tutto diverso da quello della tradizione urbanistica italiana; una diversità assai evidente, in particolare, per il livello comunale, ma anche per quello di area vasta, provinciale e regionale.

La differenza sostanziale sta, com’è noto, nello sdoppiamento del piano in due componenti, una componente strutturale non conformativa dei diritti proprietari e quindi solo configurativi del territorio e programmatica (tranne che per quanto riguarda i vincoli ricognitivi), con validità a tempo indeterminato e una operativa, conformativa della proprietà e prescrittiva, ma di durata temporale limitata. Non si tratta di due parti di uno stesso piano, la cui somma produce il vecchio PRG, ma di due piani distinti e complementari: il primo, il Piano Strutturale che definisce la strategia complessiva e le scelte essenziali per il futuro assetto della città e il territorio; il secondo, il Piano Operativo, relativo alle trasformazioni urbanistiche da avviare nel periodo di validità. A questi due strumenti ne va aggiunto un terzo, il Regolamento Urbanistico, conformativo e prescrittivo e relativo alla gestione degli insediamenti esistenti. E’ chiaro che quando non è prevalente il momento operativo relativamente a un determinato livello di pianificazione, come in generale succede per il livello d’area vasta, il piano si riduce alla componente strutturale, con le caratteristiche essenziali prima definite.

Questo nuovo modello restituisce l’indispensabile flessibilità al piano, garantendone la necessaria efficacia, ma consente anche lo sviluppo della massima potenzialità progettuale nel momento operativo, con l’utilizzazione di programmi negoziali, più efficaci dei tradizionali strumenti attuativi, coerenti con il Piano Strutturale e liberati quindi dalla logica del “caso per caso”. Se inoltre lo stesso modello è caratterizzato dalla perequazione per quanto riguarda l’attuazione degli interventi di trasformazione della città e del territorio, vengono anche risolti alcuni problemi basilari che hanno minato alla radice il vecchio modello, come l’impostazione espropriativa o la decadenza quinquennale dei vincoli urbanistici preordinati all’esproprio.

A cura di Gianluca Oreto




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