Si è tenuto a Terni il congresso dal titolo “Beni culturali e
patrimonio industriale” organizzato per celebrare il decennale
AIPAI.
Il congresso aveva come scopo quello di fare il punto della
situazione sul codice dei beni culturali alla luce delle varie
realtà dislocate sul territorio nazionale.
Secondo Renato Covino, neopresidente dell’associazione,
“l’ampliamento e la ridefinizione degli elenchi dei beni culturali
e dei beni paesaggistici potrebbe portare presto al riconoscimento
da parte della legislazione statale del patrimonio
industriale”.
Si confida molto nell’azione congiunta delle due commissioni
istituite dal ministero dei beni culturali.
“L’azione del ministero” continua Covino, “asseconderebbe quella
diffusa sensibilità a livello di massa, che ha consentito di
emancipare il bene culturale dalla riduttiva eguaglianza con il
bello, e di allargare la definizione, includendo una serie più
ampia di beni, tra cui anche quelli originati dall’industria” che
soffrono di una situazione di “legittimazione incompiuta” e sono
sempre sottomessi all’eterno conflitto tra valore e
speculazione.
A tal proposito, Giovanni Luigi Fontana, direttore del dipartimento
di storia economica all’università di Padova, ha dichiarato che “ci
troviamo su una sorta di crinale, sospesi tra il compiacimento per
il moltiplicarsi di iniziative e di realizzazioni e la crescente
inquietudine per le contemporanee, continue distruzioni di
documenti ed edifici, testimonianze essenziali per i nostri studi e
per la trasmissione della memoria storica di imprese, settori
produttivi e territori”.
Il paesaggio industriale non è compreso all’interno del Codice e
non solo: numerosi beni industriali sono solo elencati e niente di
più.
Occorrerebbe, quindi, fare un passo avanti per la tutela di tali
beni in senso strettamente operativo: da ciò ne deriverebbero anche
diversi programmi di finanziamento a livello europeo che potrebbero
certamente fare tesoro di altre esperienze positive nel nord
Europa.
E seguendo questa teoria, inoltre, si avrebbe la possibilità di
spingere l’acceleratore sulla crescita economica.
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