La Società Stretto di Messina ha di recente firmato il contratto
con la Impregilo S.p.A. per l’affidamento a Contraente Generale
della progettazione definitiva, esecutiva e della realizzazione del
Ponte di Messina. Nella gara d’appalto sarebbero però previste
clausole contrattuali che prevedono una penale in caso di recesso
da parte dello Stato (e dalla Regione Sicilia) ammontante al 10 per
cento dell'importo totale dell’opera, una cifra che si aggira in
388 milioni di euro, più ovviamente le spese affrontate dal General
Contractor.
Durante l’assegnazione sono state segnalate defezioni dei grandi
gruppi esteri alla apertura delle buste; un alto ribasso del
12,33%; la folta presenza di Impregilo che tradotto in cifre
rappresenta 500 milioni di euro, vale a dire 1000 miliardi di lire,
su una base d'asta di circa 4 miliardi di euro.
A richiedere di essere risarciti nel caso il ponte non si dovesse
realizzare più ci sono i maggiori partner della finanza italiana
collegate al consiglio di ammnistrazione della società Stretto di
Messina come Fiat e Cogefar-Impresit (oggi Impregilo) progetto per
le linee ad alta velocità ferroviaria Firenze-Bologna e
Torino-Milano; la Pirelli & C. e di Telecom Italia Mobile
(TIM); Edizioni Holding della famiglia Benetton, col 51 % della
Società Italiana per Azioni il Traforo del Monte Bianco, gestore
della parte italiana, e tanti altri.
Secondo alcuni osservatori ci sarebbero abbastanza motivi per
potere ritenere che ci sono state violazioni alle normative europee
e italiane in materia di appalti pubblici, in particolare quelle
che escludono espressamente la partecipazione ad una gara le
imprese che "si trovino fra di loro in situazioni di
controllo".
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