L’Agenzia delle entrate, con la risoluzione n. 99/E del 3 agosto
scorso è intervenuta in merito alla determinazione del reddito
degli immobili di interesse storico e/o artistico posseduti in
regime d'impresa.
L’Agenzia delle Entrate precisa che l’articolo 11, comma 2, della
legge 30 dicembre 1991, n. 413 prevede che "in ogni caso, il
reddito degli immobili riconosciuti di interesse storico o
artistico, ai sensi dell'articolo 3 della legge 1 giugno 1939, n.
1089, e successive modificazioni e integrazioni, è determinato
mediante l’applicazione della minore tra le tariffe d’estimo
previste per le abitazioni della zona censuaria nella quale è
collocato il fabbricato".
La circolare n. 2/E del 2006, recependo l’evoluzione
dell’orientamento della Corte di Cassazione (in particolare le
sentenze n. 10860 e n. 10862 del 23 maggio 2005), ha chiarito che
il criterio catastale di cui al citato articolo 11 trova
applicazione sia nel caso di locazione ad uso abitativo, sia nel
caso di locazione ad uso diverso.
L’articolo 90 del TUIR prevede le ipotesi in cui, in deroga
all’ordinario criterio analitico, il reddito degli immobili
posseduti in regime d’impresa debba concorrere a formare il reddito
complessivo secondo i criteri catastali di cui al capo II del
titolo I del TUIR: in sostanza si tratta di tutti quei casi di
immobili c.d. "patrimoniali", ovvero non costituenti beni
strumentali per l’esercizio dell’impresa, né beni alla cui
produzione o al cui scambio è diretta l’attività dell’impresa.
Dal combinato disposto delle citate disposizioni emerge come il
predetto comma 2 dell’articolo 11 - che prevede un criterio
catastale di determinazione del reddito limitatamente agli immobili
di interesse storico e/o artistico - possa trovare applicazione
all’interno delle norme che disciplinano il reddito d'impresa
esclusivamente nel caso degli immobili c.d. "patrimoniali" e non
anche relativamente ad immobili che rappresentino beni merce o
strumentali per l’esercizio dell’impresa.
La tesi della inapplicabilità del menzionato articolo 11 ai beni
strumentali posseduti da società, trova conferma anche in un parere
dell’Avvocatura generale dello Stato che ha precisato come "tutti i
beni appartenenti alle società in nome collettivo e in accomandita
semplice (...) vanno considerati come relativi all’impresa a
prescindere dalla loro concreta destinazione, in quanto sulla base
dell’art. 77, 2 comma, e 95 T.U.I.R. (nel nuovo TUIR
rispettivamente art. 65, comma 2, e 81) sussiste una presunzione
assoluta di strumentalità.
Ciò comporta che la determinazione del reddito, anche in
riferimento ai beni immobili, per le società deve necessariamente
avvenire in base ai ricavi realizzati in contrapposizione ai
correlativi costi con esclusione quindi delle regole
catastali".
Tutto ciò considerato, l’Agenzia delle Entrate ritiene che, ai fini
dell'applicazione dell’IRES e dell’IRAP, gli immobili di interesse
storico e/o artistico posseduti dalla Società, non rientrando nella
categoria degli immobili c.d. "patrimoniali", debbano concorrere al
reddito secondo le disposizioni della sezione I del capo II del
titolo II del TUIR che caratterizzano il reddito d'impresa.
Per la determinazione del reddito dei predetti immobili, in altri
termini, non risulta applicabile il criterio catastale di cui
all’articolo 11, comma 2 della legge n. 413 del 1991.
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