In sede di prima applicazione del Codice dei contratti pubblici
sono sorti problemi interpretativi sui quali l’ANCE ha ditramato
una propria circolare contente alcune indicazioni operative.
In particolare, la normativa del codice contiene alcune innovazioni
rispetto alla disciplina previgente sulle cauzioni provvisorie e
definitive, delle quali le imprese devono tener conto ai fini della
partecipazione alle gare.
Nella circolare si fa riferimento, inoltre, a problemi
interpretativi che potrebbero rendere complessa la formazione delle
ATI orizzontali, in merito alle quali si profila anche un nuovo
orientamento giurisprudenziale in tema di qualificazione.
Riportiamo, qui di seguito la circolare dell’ANCE.
1. Questioni relative alle polizze fidejussorie
A) L’art. 75, in tema di cauzione provvisoria e l’art. 113,
per la cauzione definitiva, introducono una nuova clausola che le
fidejussioni bancarie o polizze assicurative devono contenere e
cioe` la rinuncia all’eccezione di cui all`art. 1957, comma 2 del
codice civile.
Si tratta di una misura a tutela dell’amministrazione, che
sostanzialmente opera nel modo seguente: l’art. 1957, comma 1
prevede per il creditore un termine di decadenza di sei mesi dalla
scadenza per l’adempimento dell’obbligazione garantita dal
fideiussore, al fine di far valere il proprio diritto verso
quest`ultimo. Il combinato disposto del secondo e terzo comma dello
stesso articolo consente di limitare pattiziamente tale termine di
decadenza a due mesi.
Ora è proprio questa limitazione pattizia che il Codice vuole
evitare, a maggior tutela dell’amministrazione creditrice, quando
dispone che la garanzia deve prevedere la rinuncia alla eccezione
di cui all`art. 1957, comma 2 del codice civile.
La medesima disposizione non era contenuta nella Legge n. 109/94 e,
conseguentemente, non è riportata negli schemi di polizza tipo
adottati con il D.M. 12 marzo 2004, n. 123 e nelle relative schede
tecniche, che vanno pertanto integrati con apposita clausola.
Il problema si è posto in modo particolare per la cauzione
provvisoria, in quanto l’art. 1, comma 4 del citato D.M. consente
di presentare in gara la sola scheda tecnica la cui sottoscrizione
da parte dell’impresa di costruzioni e del garante costituisce atto
formale di accettazione incondizionata di tutte le condizioni
previste nello schema-tipo.
Ora è accaduto che da talune gare siano state escluse diverse
imprese, proprio nella considerazione che le schede tecniche da
esse presentate facevano riferimento alle polizze tipo, nelle quali
non compare la clausola relativa alla rinuncia alla eccezione di
cui all`art. 1957, comma 2, cod. civ. .
Si richiama, pertanto, l`attenzione delle imprese sulla necessità
di integrare le polizze e le relative schede tecniche nel senso
anzidetto.
B) Vi è poi una seconda questione attinente la costituzione
delle cauzioni, sulla quale l’Ance ha sollecitato un intervento
dell’Autorità di vigilanza, affinché dia precisi indirizzi
interpretativi alle stazioni appaltanti, che riguarda la
fattispecie seguente.
L’art. 75, comma 3. del D.Lgs. n. 163/06 consente che la cauzione
provvisoria sia costituita in tre possibili forme, vale a dire: a)
fideiussione bancaria; b) fideiussione assicurativa; c)
fideiussione rilasciata da intermediari fmanziari iscritti
nell’elenco speciale di cui al medesimo terzo comma.
Il successivo comma 8, del medesimo art. 75, dispone che l’offerta
sia corredata, a pena di esclusione, dall’impegno di un fideiussore
a rilasciare, in corso di aggiudicazione, la cauzione definitiva a
garanzia dell`esecuzione del contratto.
Ora, generalmente, le imprese fanno rilasciare tale impegno allo
stesso fideiussore che ha rilasciato la cauzione provvisoria, e
cioé una banca, una compagnia assicuratrice o un intermediario
finanziario.
Senonché, il successivo art. 113, al comma 2, prevede che la
cauzione definitiva possa essere rilasciata mediante fideiussione
bancaria o polizza assicurativa inducendo, così, a ritenere che sia
esclusa la possibilità del suo rilascio da parte degli intermediari
finanziari.
Tale conclusione, sebbene corrispondente alla lettera della norma,
non sembra, tuttavia, rispondere a principi di logica sostanziale,
dato che è difficile comprendere il motivo per cui l’intermediario
finanziario possa rilasciare cauzioni provvisorie, mentre gli è
preclusa la possibilità di costituire cauzioni definitive, pur
avendo entrambe finalità di garanzia a favore delle pubbliche
amministrazioni.
Il problema potrebbe trovare soluzione ritenendo che, quanto
previsto dall’art. 113, comma 2, sia frutto di una mera
dimenticanza normativa e che, comunque, sulla base della “ratio
legis” nella nozione di fideiussione bancaria possa rientrare anche
quella di fideiussione dell’intermediario finanziario esercitando,
quest`ultimo, sostanzialmente un’attività parabancaria.
La delicatezza del problema consiste nel fatto che le citate non
univoche disposizioni normative, non di rado, inducono le imprese a
ritenere che anche gli intermediari finanziari, che hanno
rilasciato la cauzione provvisoria, possano costituire quella
definitiva determinando, in tal modo, possibili provvedimenti di
esclusione della gara.
Come già precisato è stato richiesto un intervento dell’Autorità
volto a chiarire la questione, in un senso o nell’altro, che
avrebbe l`effetto di evitare situazioni di incertezza, con
beneficio tanto delle imprese quanto delle stesse pubbliche
amministrazioni.
Nelle more di tale pronunciamento, si invitano le imprese a
comportamenti prudenti, onde evitare possibili esclusioni dalle
gare.
2) Questioni attinenti le associazioni temporanee di
imprese
A) Un primo ordine di problemi riguarda l’ipotesi di una
associazione di imprese di tipo misto, nella quale, cioé, le
imprese si associano in forma orizzontale sia per i lavori della
categoria prevalente sia per quelli della categoria scorporata.
Detta fattispecie è espressamente consentita dall’art. 37, comma 6
del D.Lgs. n. 163/06 che riprende, del resto, un’analoga
disposizione della legge quadro introdotta con la Legge n.
166/2002.
Un problema potrebbe sorgere, però, quando si dà luogo ad una sorta
di associazione mista “a partecipazioni incrociate”, nel senso che
le stesse imprese cumulano i propri requisiti in relazione sia alla
parte di lavoro principale, sia alla parte di lavoro
scorporata.
Il dubbio sorge per effetto della introduzione di una nuova
disposizione, ad opera dell’art. 37, comma 1, seconda parte del
D.Lgs. n. 163/06, secondo cui, per raggruppamento di tipo
orizzontale si intende una riunione fmalizzata a realizzare lavori
della stessa categoria.
Ora, rapportando quest’ultima disposizione all’istituto delle
associazioni miste, potrebbe pervenirsi alla conclusione che
l’associazione mista sia consentita soltanto ove alcune imprese si
riuniscano orizzontalmente per l’esecuzione della categoria
prevalente, ed altre imprese, diverse dalle prime, si riuniscano
anch’esse orizzontalmente, per l’assunzione della categoria
scorporata.
Se così fosse, il combinato disposto tra le due norme escluderebbe
la possibilità di costituzione di quelle che sopra abbiamo definito
associazioni miste con partecipazioni incrociate.
Tuttavia, l’assoluta novità della questione e l’assenza di
qualsivoglia riferimento giurisprudenziale nonché le non
particolarmente felici e precise formulazioni normative lasciano
oggettivi, sensibili margini di dubbio, nel senso che nulla esclude
che in futuro possa affermarsi la tesi dell’ammissibilità delle
associazioni miste incrociate; tra l’altro, tale linea risulterebbe
avallata dal non secondario argomento che le associazioni miste
incrociate comunque, nel loro complesso considerate, assicurano
l’idoneità degli esecutori in rapporto all’opera e perciò sul piano
sostanziale, non determinano particolari controindicazioni.
In tale situazione di dubbio, nel primo commento al Codice
trasmesso con la circolare n. 62 del 6 luglio 2006, questa
Associazione ha inteso assumere la posizione più prudenziale, onde
non esporre le sue associate a possibili esclusioni dagli appalti,
in attesa di pronunce giurisprudenziali o di chiarimenti ufficiali,
idonei a dirimere la delicata questione.
Sui presupposti sopra doverosamente evidenziati che, si ripete,
rivelano l’incertezza interpretativa, non si può oggi escludere
che, nel caso di specie, ove l’amministrazione appaltante intenda
assumere un’interpretazione restrittiva e rigidamente formalista
delle norme, possa pervenire a decidere l’esclusione dell’ATI in
argomento.
Una possibile soluzione, sul piano pragmatico, al problema potrebbe
essere quella di avvalersi della disposizione di cui all’art. 71,
comma 2, del Codice, ed in base alla stessa, richiedere all’ente
appaltante il suo avviso circa la legittimità della forma di
associazione ipotizzata in relazione alle prescrizioni del bando,
da fornire con congruo anticipo rispetto al termine di scadenza per
la presentazione delle offerte.
B) Infine, sempre in relazione alle Ati, si ritiene utile
segnalare un’importante evoluzione giurisprudenziale circa il
rapporto che deve sussistere tra qualificazione delle imprese
raggruppate, quote di partecipazione al raggruppamento e
percentuale dei lavori che ciascuna impresa è tenuta ad
eseguire.
La materia è regolata da due disposizioni del Codice che
riproducono analoghe norme della Legge Merloni e del D.P.R. n.
554/99:
1) l’art. 37, comma 3 (già art. 13, comma 1, Legge n. 109/94)
stabilisce che ai fini della partecipazione alle gare le imprese
facenti parte del raggruppamento devono possedere i requisiti nella
misura prevista del regolamento. Quest’ultimo (art. 95, comma 2,
D.P.R. n. 554/99 ancora vigente) individua il livello minimo dei
requisti nella misura del 40% per la mandataria e del 10% per le
mandanti;
2) l`art. 37, comma 13 del Codice (già art. 93, comma 4 del D.P.R.
n. 554/99) prevede che le imprese riunite devono eseguire le
prestazioni nella percentuale corrispondente alla quota di
partecipazione al raggruppamento; in altri termini stabilisce una
corrispondenza necessaria tra la ripartizione dei lavori e quella
delle quote dell’associazione.
Le disposizioni sub 1) disciplinano la fase di qualificazione della
Ati, mentre la norma sub 2) si riferisce esclusivamente alla fase
di esecuzione dei lavori.
Nessuna disposizione espressa prevede un collegamento tra le due
fasi, nel senso di richiedere una corrispondenza tra il livello di
qualificazione dell’impresa raggruppata ed i lavori che la stessa
andrà ad eseguire.
Proprio dall’assenza di una disposizione di tal genere la
giurisprudenza più antica riteneva che, una volta che fosse
accertata in sede di gara la qualificazione della Ati secondo le
percentuali indicate nel regolamento, la suddivisione delle quote
di partecipazione e la conseguente ripartizione dei lavori fosse
attinente all’organizzazione interna del raggruppamento e,
riguardando la fase esecutiva, fosse sufficiente che l’indicazione
delle quote venisse effettuata in sede di stipula del
contratto.
La giurisprudenza più recente, invece, attraverso
un’interpretazione di carattere logico-sistematico del quadro
normativo, è pervenuta ad affermare un principio di corrispondenza
sostanziale tra quote di qualificazione e quote di partecipazione
all’Ati e tra quote di partecipazione e quote di esecuzione.
In altri termini, il principio generale dell’ordinamento dei lavori
pubblici, secondo cui chi esegue i lavori deve essere in possesso
della necessaria qualificazione, imporrebbe all’amministrazione
appaltante di verificare, fin dal momento della gara, che ogni
partecipante all’Ati costituita o costituenda abbia i necessari
requisiti in relazione alla quota di lavori che andrà ad eseguire e
che corrisponde alla quota di partecipazione al raggruppamento.
Il corollario di tutto ciò è l’esigenza della indicazione, in sede
di gara, da parte delle imprese delle rispettive quote di
partecipazione. E ciò indipendentemente da una previsione espressa
nel bando.
Secondo questa giurisprudenza, l’omessa dichiarazione dell’importo
dei lavori di competenza di ciascuna delle imprese del costituendo
raggruppamento preclude alla stazione appaltante di verificarne il
possesso delle qualificazioni correlate alla relativa quota dei
lavori e ne rende, perciò, illegittima la partecipazione alla gara
(cfr. nel senso sopra detto: Cons. Stato, sez. V 12 ottobre 2004,
n. 6586; Tar Sicilia, Palermo, 14 dicembre 2004, n. 2726; C.g.a.
Sicilia 8 marzo 2005, n. 97; idem 13 giugno 2005, n. 358; Tar
Sicilia, Palermo, 19 luglio 2005, n. 1250, Tar Sardegna 16 gennaio
2006, n. 12; Tar Sicilia, Catania 12 aprile 2006, n. 562) .
Si richiama, pertanto, l’attenzione delle imprese che intendano
partecipare a gare in associazione temporanea sulla necessità di
indicare, nella domanda (per le procedure ristrette) ovvero
nell’offerta (per le procedure aperte), le singole quote di
partecipazione all’associazione stessa, che dovranno essere
compatibili con i requisiti di qualificazione posseduti.
Naturalmente non si mancherà di verificare eventuali diverse
evoluzioni giurisprudenziali di cui si darà comunicazione.
Fonte: ANCE
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