NIENTE PARCELLA AL PROFESSIONISTA CONDANNATO

Con sentenza n. 22660/2007 la Cassazione ha respinto il ricorso presentato da un ingegnere che si è visto revocare un incarico a causa di una condanna penale...

15/11/2007
Con sentenza n. 22660/2007 la Cassazione ha respinto il ricorso presentato da un ingegnere che si è visto revocare un incarico a causa di una condanna penale per corruzione.
Il professionista ha, infatti, ricevuto da una società committente una serie di incarichi per la realizzazione di un centro residenziale che gli sono stati successivamente revocati dalla società stessa in quanto è venuta a conoscenza della condanna penale e, soprattutto, delle motivazioni di quella condanna.

L’ingegnere ha, quindi, contestato la revoca e chiesto il risarcimento per mancato guadagno (o, nel caso di esito negativo, del compenso per l’attività svolta fino al momento della revoca), in quanto la società era perfettamente conscia, prima di affidargli i lavori, che su di lui pendevano specifiche accuse e che erano accuse estranee al presente incarico.
La Cassazione, invece, ha respinto il ricorso poiché con la condanna si è incrinato il rapporto di fiducia che deve sussistere necessariamente in un rapporto di lavoro autonomo, soprattutto se di elevato livello professionale e se, come in questo caso, non viene fornita “una sufficiente garanzia di affidabilità nello svolgimento di un’attività professionale che aveva contenuto anche gestionale e di rapporti qualificati con terzi”.

In relazione, poi, alla conoscenza da parte della società delle accuse, la Cassazione specifica che, il fatto che la notizia sia stata pubblicata sui giornali, non dà la certezza dei fatti contestati in quanto sono semplici ipotesi che assumono validità solo dopo la lettura delle motivazioni della condanna.
Questo comportamento di attesa da parte della società nei confronti del professionista non è stato considerato, quindi, da condannare e non si può ritorcere “a danno della società committente che lo abbia adottato”.
In conclusione, quindi, reputando il recesso giustificato, la Cassazione ha respinto pure la richiesta del pagamento del compenso minimo garantito decretando che un’impresa, nel caso di condanne penali, può revocare l’incarico conferito al professionista senza dover corrispondere la parcella.

A cura di Paolo Oreto
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