OLTRE 150 morti, 1.500 FERITI, 70.000 SENZA TETTO

“È la peggiore tragedia di questo inizio di millennio”. Così il Capo della Protezione Civile Guido Bertolaso ha definito il terremoto di magnitudo 5,8 gradi ...

07/04/2009
“È la peggiore tragedia di questo inizio di millennio”. Così il Capo della Protezione Civile Guido Bertolaso ha definito il terremoto di magnitudo 5,8 gradi della scala Richter (pari all'ottavo-nono grado della scala Mercalli) che ha colpito l'Abruzzo; l’epicentro del sisma è stato è stato registrato nella provincia dell'Aquila, vicino al capoluogo, tra Paganica e Fossa a 8,8 chilometri di profondità.
Secondo le ultime notizie l’ultimo bilancio è di 108 vittime accertate, di 150 morti presunti a causa di un numero imprecisato numero di dispersi, di 1.500 feriti, di oltre 100mila sfollati e di 50mila case lesionate o distrutte nei 26 comuni interessati nella provincia de L’Aquila.

Il Consiglio dei Ministri, riunito in seduta straordinaria ieri sera alle ore 19,35, ha deliberato lo stato di emergenza al fine di consentire il pieno ed ottimale coordinamento degli interventi di protezione civile e di supporto economico, sanitario ed emergenziale alle popolazioni dei territori della Regione Abruzzo colpiti dal sisma.
Il Consiglio dei Ministri ha, anche, conferito tutti “i poteri di attuazione degli interventi d'emergenza al Commissario delegato, dottor Guido Bertolaso”, ed ha, altresì, deciso di proclamare, con modalità che verranno definite in seguito, il lutto nazionale nel giorno in cui avranno luogo le esequie delle vittime del terremoto.
“Per i primi giorni sono stati stanziati 30 milioni di euro di fondi immediati in attesa di quantificare giovedì le risorse strutturali” ha annunciato Silvio Berlusconi. I danni dovrebbero ammontare a diversi miliardi di euro ed il presidente del Consiglio ha sottolineato che verrà effettuata una richiesta per i fondi europei che potranno arrivare ad “alcune centinaia di milioni di euro” dal fondo della Ue riservato ad hoc.

Relativamente alle polemiche sorte in merito alla possibile prevedibilità del sisma, il sottosegretario alla Protezione Civile, Guido Bertolaso, ha tenuto a precisare che “Non era assolutamente prevedibile una scossa più violenta di quelle registrate nei giorni scorsi e non si era in possesso di alcun elemento tecnico scientifico in grado di dare indicazione su un nuovo terremoto” ed ha continuato aggiungendo che “L’unica cosa che potevamo fare era preparare il sistema e la cosa è stata fatta. Tutta la macchina si è mossa tre minuti dopo il sisma. E abbiamo gestito prima da Roma poi da qui a L’Aquila l’emergenza. Lo continueremo a fare per i prossimi mesi” ed ha, anche precisato che “non si possono fare previsioni per ulteriori scosse sismiche. Questo è un dato di fatto, così come dicono i massimi esperti scientifici mondiali, ed è questo il criterio a cui ci siamo attenuti”
Stando a quanto indicato anche da alcuni esperti sismologi l'evento non era assolutamente prevedibile, in quanto non è mai stata scientificamente e statisticamente accertata una connessione fra lo sciame sismico ed il verificarsi di eventi di tale portata.
Ma le polemiche continuano anche in riferimento alle dichiarazioni di Giampaolo Giuliani ricercatore dell’Istituto nazionale di fisica nucleare dei laboratori nazionali del Gran Sasso che aveva previsto, già una settimana fa, un terremoto basandosi sull’analisi di un gas (il Radon) sprigionato dalla crosta terrestre; il tecnico ha impiegato due anni per costruire uno strumento in grado di rilevare, osservare e studiare il Randon con l’aiuto di un sismografo che, a causa dell’intenso sciame sismico che ha interessato la zona negli ultimi mesi, ha insospettito lo studioso.
Giuliani ha dichiarato: “È stato tutto proditoriamente architettato perché io potessi essere messo a tacere, addirittura con un avviso di garanzia. E ho le prove che è falso” ed ha, anche, aggiunto: “Dal presidente dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia Enzo Boschi e da Guido Bertolaso vorrò le scuse per tutti i morti che ci sono stati oggi a l’Aquila: hanno dichiarato il falso domenica scorsa e ho i testimoni. Le loro dichiarazioni sono false. La mia previsione purtroppo era giusta. Figuriamoci se questi (Boschi e Bertolaso, ndr) ascoltano qualcuno. Figuriamoci. Non mi faccia dire di più, già ho un avviso di garanzia in corso”.
Non si è fatta attendere la replica di Boschi che ha precisato come non sia possibile “fare previsioni precise su dove avverranno i terremoti perché c'é una continua variabilità dei parametri. Per il futuro - ha aggiunto - in linea di principio non dovrebbero esserci scosse della portata di quella di stanotte che ha raggiunto una magnitudo 5.8, ma sicuramente osserveremo molte scosse di assestamento, ne sono già state registrate un centinaio”.

Ma la realtà è che in Italia soltanto un terzo delle abitazioni ubicate nel territorio italiano sono realizzate con criteri antisismici.
Considerando che la prima norma in cui si parla si zone sismiche è la legge 2 febbraio 1974, n. 64 recante “Provvedimenti per le costruzioni con particolari prescrizioni per le zone sismiche” e che secondo dati Istat elaborati dall'Associazione nazionale costruttori edili (Ance), il patrimonio immobiliare ad uso abitativo costruito prima del 1971 è pari a 7,2 milioni edifici, il 63,8% del totale; in questi edifici - precisa l’ANCE - si trovano circa 16.700.000 abitazioni, realizzate fino al 1971, che rappresentano il 61% dello stock abitativo esistente. Tale percentuale deve essere, poi, incrementata di almeno qualche punto considerando le case costruite dal 1972 fino al 1974, portando la percentuale degli immobili costruiti prima della linea di demarcazione del 1974, a oltre il 65%.
Il problema serio non è, quindi legato alle nuove costruzioni che se correttamente realizzate con le norme sismiche susseguitesi dal 1974 ad oggi sarebbero, certamente, in grado di resistere a terremoti come quello dell’Aquila senza provocare morti, ma per il vasto e diffuso patrimonio edilizio realizzato antecedentemente all’applicazione di norme sismiche che non è in condizione, anche per carenze di natura tecnologica (materiali scadenti, cattivi ammorsamenti tra le pareti) di resistere a scosse sismiche.
Dovrebbe, quindi, essere affrontato il problema di una catalogazione di tutto il patrimonio edilizio antecedentemente alle prime norme sismiche del 1974 e della messa in sicurezza di tutto il patrimonio edilizio stesso ricadente nelle zone sismiche già identificate in occasione del terremoto di San Giuliano di Puglia.

A cura di Paolo Oreto
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