ALLARME RIBASSI: LE RISPOSTE DI MASSIMO GALLIONE PRESIDENTE CONSIGLIO NAZIONALE ARCHITETTI PPC

Cinque domande per cinque presidenti. Ecco, qui di seguito le risposte di Massimo Gallione, Presidente del Consiglio Nazionale Architetti Pianificatori Paes...

27/11/2009
Cinque domande per cinque presidenti. Ecco, qui di seguito le risposte di Massimo Gallione, Presidente del Consiglio Nazionale Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori.

Sulle procedure di affidamento
Presidente, perché negli affidamenti degli incarichi il sistema più utilizzato è quello del prezzo più basso e non quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa?
Probabilmente dipende da più fattori: il primo è che in Italia non viene effettuata in modo esauriente la programmazione dei lavori pubblici, anche se è obbligatoria per legge in base all’art. 128 del Codice dei contratti. Gli enti pubblici locali che effettuano una corretta programmazione dei lavori pubblici, ovvero svolgono bene tutti gli studi di fattibilità per capire bene costi, sistemi e modalità di realizzazione dell’opera, sono pochissimi, mentre questa è una pratica utilizzata molto in Europa che fa costare le opere di meno e fa risparmiare tempo e denaro.
La programmazione dei lavori pubblici non viene svolta in modo corretto: le opere vengono inserite all’interno del piano triennale, ma la programmazione, che significa vedere se un’opera deve essere realizzata o meno e con che criteri deve essere realizzata, non viene svolta.
Nonostante il programma triennale debba essere integrato da uno studio di fattibilità delle singole opere, questo non viene mai allegato. Sono una decina gli studi di fattibilità che dovrebbero essere allegati, ma in realtà non ci sono mai. La programmazione verifica quali sono i migliori sistemi di affidamento, ovvero quelli che danno la maggiore qualità dell’intervento rispetto la tipologia dell’opera che volta per volta deve essere progettata e realizzata.
C’è poi un ulteriore elemento, ma sempre legato al primo, ovvero l’idea che con il criterio di aggiudicazione del prezzo più basso l’ente appaltante risparmi ed è quanto di più sbagliato si possa immaginare perché in realtà si ottengono forzatamente progetti quantomeno un pò più affrettati con la possibilità che poi insorgono dei costi successivi assolutamente più consistenti dell’originario ribasso ottenuto.
Mediamente i costi della progettazione in Europa sono il doppio/il triplo di quelli italiani ed erano più alti anche rispetto a quando in Italia non era in vigore il decreto “Bersani”. Questo perché in Europa viene richiesto un livello di progettazione giustamente molto elevato e per fare questo occorre pagare più decentemente chi svolge questo lavoro.
Andando in Europa, si può vedere come basandosi sulla stessa direttiva europea che ha dato origine anche al codice italiano, a quello tedesco, francese, inglese, ecc., successivamente ad una corretta programmazione dei lavori pubblici, l’aggiudicazione per le gare di progettazione non è effettuata con il sistema del prezzo più basso perché hanno capito che tale sistema di aggiudicazione è assolutamente inadeguato alle richieste che deve effettuare l’Ente pubblico nei confronti del progettista.
I progettisti, i consigli nazionali e provinciali si rendono conto che il sistema del prezzo più basso non funziona ed anche in riferimento a quello che si verifica in Europa abbiamo chiesto già da oltre un anno che nel codice dei contratti venga inserita una norma per vietare l’utilizzazione del criterio del prezzo più basso nelle gare di affidamento di servizi di progettazione di architettura e ingegneria.
Abbiamo chiesto, anche, di porre rimedio all’altro errore relativo alla base della tariffa: l codice prevede che le amministrazioni possono utilizzare il decreto ministeriale del 2001 come base di riferimento, ma anche in assenza dei minimi di tariffa, le amministrazioni dovrebbero essere obbligate ad utilizzare come riferimento i minimi di tariffa.
La ragione è di natura essenzialmente politica: quando, con il decreto “Bersani”, sono stati cancellati i minimi di tariffa, è stato possibile utilizzare come criterio di affidamento quello del prezzo più basso e togliendo la tariffa, tutti gli enti pubblici locali, nel giro di un anno, sono stati portati ad utilizzare questo pessimo sistema di affidamento.
Quello che come Consiglio nazionale stiamo facendo è da una parte chiedere che venga eliminata la procedura del prezzo più basso e dall’altra spingere per la riforma delle professioni che contiene all’interno di tutti i disegni di legge presentati il ritorno alle tariffe professionali.
Le istituzioni si stanno rendendo conto che l’attuale sistema previsto dal codice è assolutamente inefficace ed inefficiente. Anche l’Antitrust spinge molto su questa linea, perché ha capito come gli enormi ribassi che vengono effettuati in questo periodo stanno creando un monopolio. La presenza di costi di riferimento certi o quantomeno senza eccessive riduzioni da, invece, più possibilità ai vari offerenti di partecipare alle gare e quindi allarga estende molto la concorrenza. Aggiudicare gare con ribassi del 60/70/80 per cento è un modo per eliminare la stragrande maggioranza dei partecipanti che non sono in grado di reggere delle offerte così libere, perché è assolutamente impossibile pensare che si possa fare una progettazione con oltre il 50% del ribasso.

Sulla derogabilità dei minimi di tariffa e sugli attuali ribassi
Presidente, qual è l’idea del suo Consiglio in merito al problema relativo alla derogabilità dei minimi di tariffa e come pensa che sia possibile evitare i ribassi "selvaggi"?
Siamo assolutamente contrari al criterio di aggiudicazione con il prezzo più basso, però se tale criterio può essere inserito all’interno del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa mitigato, quindi, da altri elementi, quali la qualità, la relazione metodologica, la durata, allora va bene.
Se il ribasso è limitato al 20/30 per cento allora è un fatto compatibile con il mercato, quello che non va bene sono i ribassi “selvaggi” e la mancanza dell’obbligatorietà di una base di riferimento unica.
Abbiamo, inoltre, proposto che i concorsi di idee siano utilizzati solo in due casi o come aiuto alla programmazione dei lavori oppure in ambito urbanistico.
Sicuramente il concorso di idee, visto che poi l’idea viene mal pagata e poi utilizzata dall’Ente pubblico per procedere ad altri sistemi di affidamento, senza poter procedere all’affidamento dall’incarico al vincitore del concorso, riteniamo che sia, in molti casi, soltanto una presa in giro nei confronti del professionista.
Nel caso dei concorsi di progettazione, invece, si procede, anche, all’affidamento dell’incarico.

Sulla dignità della professione
Presidente, ritiene che un ribasso "selvaggio" tolga dignità alla professione ed in tal caso quali meccanismi crede che possano utilizzare i Consigli provinciali e nazionali degli Ordini per porre rimedio ad un problema definito da tutti veramente grave?
No, non è possibile perché ce lo impedisce l’Antitrust che ha fatto in modo che le nostre nuove norme deontologiche, e non sono quelle degli architetti ma quelle di tutte le professioni che le stanno adeguando, non hanno nessuna possibilità di influire sulle questioni del prezzo offerto, per una precisa e secca indicazione dell’Antitrust che ci impedisce di fare altrimenti. Diverso sarebbe se cambiasse la legge nell’ambito della riforma delle professioni o se cambiasse il codice. Va sempre ricordato un aspetto da questo punto di vista, la linea dell’Antitrust, così come il decreto “Bersani”, sbagliavano quando ritenevano che l’eliminazione delle tariffe fosse una richiesta europea, perché nella direttiva europea del 2004, che ha dato origine al recepimento in Italia del codice dei contratti, è previsto esplicitamente che i sistemi di affidamento non devono minimamente influire sugli onorari dei professionisti. L’Antitrust, invece, ha impedito di mettere nel codice deontologico qualsiasi unità di controllo delle tariffe, evidentemente perché all’Antitrust non importa nulla del decoro della dignità professionale.

Sulla riforma delle libere professioni
Presidente, sino a qualche tempo fa le libere professioni tecniche erano molto vicine al CUP che era anche riuscito a presentare una legge di iniziativa popolare. Oggi la posizione delle professioni tecniche sembra più debole. Quali strumenti ritiene, oggi, possano essere utilizzati affinché in questa legislatura veda la luce la riforma delle libere professioni?
Gli architetti non sono usciti dal CUP, sono uscite le altre professioni tecniche a cui abbiamo espresso parecchi dubbi e perplessità, ritenendo che non fosse una scelta politica adeguata al momento, perché riteniamo il CUP come momento unitario di riferimento di tutte le professioni di Italia, anche per dar seguito a quelle proposte di iniziativa popolare che nello scorso mandato del CUP erano state presentate.

Sulle procedure per superare l’attuale crisi
Presidente, quali possono essere, secondo Lei tre possibili risposte all’attuale crisi delle libere professioni?
Una delle necessità fondamentali è quella di adeguare o meglio rifare almeno due leggi: una è la riforma delle libere professioni che è da quattro legislature che gira sui tavoli del Parlamento e non viene mai alla luce (ci auguriamo che questa sia la volta buona), la seconda è la riforma del codice degli appalti che andrebbe riformulato con quei criteri di cui parlavo prima.
Un’altra risposta all’attuale crisi sulla quale vogliamo insistere sia nel presente che nel futuro, è quello della formazione permanente dei professionisti che devono adeguarsi a mercati in continua evoluzione, pur tenendo presente che c’è la crisi e pur tenendo presente che la crisi quando finirà avrà dei benefici molto più in ritardo sul comparto edilizio, perché il comparto edilizio è a traino degli altri settori e per cui noi riteniamo che la crisi continuerà per i professionisti ancora per parecchio tempo, non siamo particolarmente ottimisti da questo punto di vista.
Riteniamo che vi sia una profonda necessità di adeguamento delle conoscenze del settore professionale che non sempre l’università riesce ad affrontare in modo totalmente compiuto, per cui riteniamo che la formazione permanente post universitaria debba essere uno dei fattori principali di sviluppo della professione dei prossimi anni.
Per ultimo ritengo sia molto importante tenere presente che al di là della crisi, il mercato del settore privato risulta essere quello prevalente, per quantità di finanziamenti e di investimenti, e che molto si possa fare tramite piani casa più evoluti di quelli che sono stati presentati fino ad oggi che riguardano sostanzialmente solo le villette uni-bifamiliari.
In Italia vi è il problema sismico, il problema idrogeologico, il problema legato al contenimento dei consumi energetici, il problema di una pessima edificazione di tutti gli edifici costruiti nel dopo-guerra che hanno bisogno di una legge urbanistica, e anche questa giace in Parlamento da quattro legislature senza vedere luce.
Dobbiamo trovare strumenti adeguati ad una buona legge urbanistica che preveda il recupero delle periferie e che intervenga in tutte quelle situazioni non a norma né di rischio sismico, né di certificazione energetica, né a rischio idrogeologico, etc., dando avvio ad un potenziale mercato qualitativo.
L’attuale piano casa, così com’è congegnato, unito ad una certa litigiosità tra le Regioni e Governo centrale, non è idoneo e risulta essere incompiuto.
Riguardo alla formazione universitaria, venti giorni fa abbiamo incontrato il Ministro Gelmini e abbiamo parlato della proliferazione delle lauree più o meno inutili, sia dell’incapacità delle lauree triennali di affrontare in maniera efficace i problemi della professione e del mercato ed abbiamo parlato di esami di stato, perché tornino a diventare una cosa seria ed efficaci.
Per ultimo voglio ricordare che nei giorni scorsi abbiamo presentato sia al Governo che al Parlamento e diffuso a tutti i nostri iscritti un piano di misure anticrisi che tiene conto di tantissimi aspetti, cha vanno dalla formazione, ai lavori pubblici, ai lavori privati, all’urbanistica, alla professione, all’allargamento al settore delle professioni tecniche, alla possibilità di costituire società di soli professionisti ed alla possibilità di essere trattati come le società normali, con trattamenti fiscali uguali, con possibilità di acceder al credito del sistema finanziario bancario in modo un poco più concreto e stiamo lavorando su questi punti molto attivamente perché riteniamo siamo molto importanti per far uscire dalla crisi il nostro comparto.

Ringraziamo il Presidente Gallione per le sue interessanti risposte che metteremo a confronto con quelle degli altri presidenti già pubblicate e che pubblicheremo nei prossimi giorni.

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A cura di Paolo Oreto
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