Riforma del lavoro, Partite IVA e Architetti: I movimenti favorevoli alla regolarizzazione delle partite IVA

Diamo notizia di una nota inviata alla nostra redazione da www.amatelarchitettura.com e da www.ivaseipartita.it con cui vengono contestati il comunicato stam...

02/04/2012
Diamo notizia di una nota inviata alla nostra redazione da www.amatelarchitettura.com e da www.ivaseipartita.it con cui vengono contestati il comunicato stampa del Consiglio nazionale degli Architetti e la lettera inviata al Governo sul problema delle partite IVA e con cui viene espresso il disappunto per la non condivisione da parte del Consiglio nazionale degli Architetti della norma di regolarizzazione delle finte partite iva, inserita nello schema del disegno di legge sulla riforma del lavoro.
Ma andiamo con ordine:
  • nel documento predisposto dal Governo relativo alle linee di intervento sulla disciplina delle tipologie contrattuali e relativo alla Riforma del Lavoro, al punto 7. Partite IVA viene precisato che “Per contrastare l'abuso del ricorso a collaborazioni professionali con titolarità di partita IVA ………………………. sono introdotte norme rivolte a far presumere, salvo prova contraria, il carattere coordinato e continuativo della collaborazione tutte le volte che essa duri complessivamente più di sei mesi nell'arco di un anno e che da essa il collaboratore ricavi più del 75% dei corrispettivi e comporti la fruizione di una postazione di lavoro presso il committente”;
  • la posizione del Governo è stata contestata dal Consiglio nazionale degli architetti che con un comunicato stampa del 28 marzo scorso e con una lettera indirizzata al Governo stesso ha precisato che “L'obbligo di assunzione in strutture che hanno volumi d'affari assai ridotte - uno Studio di architettura con tre addetti ha un volume d'affari medio di 120 mila euro - avrebbe come conseguenza: la drastica riduzione dei collaboratori, per poter sostenere i nuovi oneri, con aggravio della disoccupazione soprattutto giovanile; la contrazione della dimensione delle strutture con ulteriore difficoltà delle stesse ad essere competitive sul mercato; la drastica riduzione dei contributi a Inarcassa, a cui proprio il vostro Governo ha da poco chiesto di dimostrare la sostenibilità delle pensioni a 50 anni, in quanto i dipendenti diverrebbero contributori INPS e lo snaturamento del rapporto interprofessionale, tra titolari degli Studi e collaboratori, con danni all'oggetto della prestazione ed alla qualità complessiva dei progetti sviluppati.”.

Non si è fatta attendere la risposta dei due movimenti “Amate l'architettura” ed “Ivaseipartita” che, in una nota inviata al Consiglio nazionale ed al Governo, contestano al Presidente Freyrie di non conoscere la realtà italiana in cui esistono migliaia di giovani professionisti che vengono sfruttati da studi medio grandi e da società di ingegneria che li obbligano a comportarsi da dipendenti, tenendoli però a partita iva con stipendi da fame.
E nella nota viene precisato che dai dati emersi da un campione di 917 questionari compilati da architetti e ingegneri emerge che il 71%, di chi ha compilato il questionario non si considera un lavoratore autonomo e l'81% ha aperto la partita iva perchè imposta da parte dal datore di lavoro, il 75% non ha nessuna forma di contrattazione scritta e il 71% non può concordare gli orari di lavoro mentre la Presidenza del CNAPPC sembra che esprima la sua contrarietà senza addurre nessun dato reale del fenomeno.

Non abbiamo i mezzi per esprimere un nostro giudizio basandoci sui dati evidenziati dai due movimenti e senza alcuna indicazione da parte del CNAPPC ma crediamo, comunque, che sia necessario che le rappresentanze istituzionali, se il problema esiste, facciano in modo di evidenziarlo e di non camuffarlo al fine di fermare l'ingiustificata precarietà e l'inammissibile sfruttamento di molti giovani e non più giovani.
Nella nota indirizzata a Freyrie, le due associazioni dichiarano di non capire il perché “si vuole confondere le idee facendo ipotesi che non hanno nulla a che vedere con la norma, come quella che il cliente dovrebbe essere obbligato ad assumere il suo architetto di fiducia” e non sono d’accordo sull’ipotesi “di risolvere gli abusi ricorrendo alla vigilanza sul rispetto delle norme deontologiche, non da parte degli attuali Ordini Professionali, ma dei futuri Ordini riformati nel senso della terzietà: in questo modo ammette candidamente l’effettiva incapacità di svolgere il proprio compito degli attuali Ordini per conflitto d’interesse, rimanda la soluzione del problema a future ed eventuali nuove Istituzioni, e ignora che questo fenomeno interessa anche professionisti che lavorano per srl e imprese non tenute a rispettare il codice etico dell’Ordine, ma la legge dello Stato.”.

A cura di Gabriele Bivona
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