La dichiarazione di subappalto in sede di gara e la suggestiva tesi della sezione VI del Consiglio di Stato

1. Si riporta, anzitutto, la norma oggetto di analisi. «L'affidamento in subappalto o in cottimo è sottoposto alle seguenti condizioni: 1) che i concorr...

31/05/2012
1. Si riporta, anzitutto, la norma oggetto di analisi. «L'affidamento in subappalto o in cottimo è sottoposto alle seguenti condizioni:
1) che i concorrenti all'atto dell'offerta o l'affidatario, nel caso di varianti in corso di esecuzione, all'atto dell'affidamento, abbiano indicato i lavori o le parti di opere ovvero i servizi e le forniture o parti di servizi e forniture che intendono subappaltare o concedere in cottimo;
2) che l'affidatario provveda al deposito del contratto di subappalto presso la stazione appaltante almeno venti giorni prima della data di effettivo inizio dell'esecuzione delle relative prestazioni;
3) che al momento del deposito del contratto di subappalto presso la stazione appaltante l'affidatario trasmetta altresì la certificazione attestante il possesso da parte del subappaltatore dei requisiti di qualificazione prescritti dal presente codice in relazione alla prestazione subappaltata e la dichiarazione del subappaltatore attestante il possesso dei requisiti generali di cui all'articolo 38;
4) che non sussista, nei confronti dell'affidatario del subappalto o del cottimo, alcuno dei divieti previsti dall'articolo 10 della legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni», ora da intendersi come divieti previsti dall'art. 67 del D.Lgs. 159/2011 (D.Lgs. 163/2006, art. 118, comma 2, quinto periodo).

2. Del tutto nuova, in secondo grado (visto che c'era già stato qualche T.AR.), la tesi di Cons. Stato, VI, 2 maggio 2012, n. 2508.
La previsione di cui al comma 2, quinto periodo, dell'articolo 118 del codice deve essere intesa nel senso che:
- la dichiarazione in questione possa essere limitata alla mera indicazione della volontà di concludere un subappalto nelle sole ipotesi in cui il concorrente sia a propria volta in possesso delle qualificazioni necessarie per l'esecuzione in via autonoma delle lavorazioni oggetto del subappalto (ossia, nelle sole ipotesi in cui il ricorso al subappalto rappresenti per lui una facoltà, ma non anche una via necessitata per la partecipazione alla gara);
- al contrario, la dichiarazione in questione deve contenere anche l'indicazione dell'impresa subappaltatrice (nonché la dimostrazione del possesso in capo a quest'ultima dei requisiti di qualificazione) nelle ipotesi in cui il ricorso al subappalto si renda necessario a cagione del mancato, autonomo possesso, da parte del singolo concorrente, dei necessari requisiti di qualificazione.

3. La tesi, pur ragionevole e suggestiva, non può essere accolta per almeno quattro motivi.

3.1. Il primo è che nessuna previsione, né del codice, né del regolamento attuativo, prevede i due ulteriori adempimenti in sede di offerta richiesti dalla pronuncia in questione, consistenti nell'indicazione del nomen del subappaltatore e nella dimostrazione della sua qualificazione già in sede di gara.

Proprio la ricostruzione storica, di come si è sviluppato ed assestato l'ordinamento sul punto, conferma che non è possibile aderire alla prospettazione del Consiglio di Stato, più nomo-genetica che interpretativa.
L'oggi abrogata L. 109/1994, art. 34, comma 1 (in regime di allora c.d. "Merloni-bis") disciplinava così il comma 3 dell'art. 18 della legge 19 marzo 1990, n. 55:
«L'affidamento in subappalto o in cottimo è sottoposto alle seguenti condizioni:
1) che i concorrenti abbiano indicato all'atto dell'offerta i lavori o le parti di opere che intendono subappaltare o concedere in cottimo e abbiano indicato da uno a sei subappaltatori candidati ad eseguire detti lavori; nel caso di indicazione di un solo soggetto, all'atto dell'offerta deve essere depositata la certificazione attestante il possesso da parte del medesimo dei requisiti di cui al n. 4) del presente comma; - omissis - ».
Allora era quindi previsto l'obbligo di indicare i nominativi dei subappaltatori fino ad un massimo di sei e, solo qualora se ne indicasse uno solo, di questo doveva essere data già in sede di offerta la comprova della qualificazione economico-tecnica.

Successivamente, il legislatore, per venire incontro al principio di proporzionalità, abrogò per i concorrenti l'obbligo di indicazione sia dei nominativi dei subappaltatori, sia di qualificazione per l'ipotesi dell'unico soggetto individuato.
Così era venuta infatti a prevedere la L. 415/1998 (c.d. "Merloni-ter), art. 9, comma 65:
«All'art. 18, comma 3, della legge 19 marzo 1990, n. 55, (...), il n. 1) è sostituito dal seguente:
"1) che i concorrenti all'atto dell'offerta o l'affidatario, nel caso di varianti in corso d'opera, all'atto dell'affidamento, abbiano indicato i lavori o le parti di opere che intendono subappaltare o concedere in cottimo;"».

Tale ultima previsione è stata ripresa dal codice dei contratti all'art. 118, comma 2, n. 1), con contenuto identico.
Pertanto, dalla "Merloni-ter" a oggi, non solo non va indicato il nomen del subappaltatore, ma la sua qualificazione va accertata solo al momento del deposito del contratto di subappalto.
Sotto questo profilo, non sussiste nessuna differenza di regime fra subappalto meramente esecutivo e subappalto surrogatorio di non posseduta qualificazione.

3.2. Il secondo motivo - strettamente derivato dal primo - è che la tesi del Consiglio di Stato, di fronte a una norma che non prevede nessun ulteriore adempimento a carico degli operatori economici, se pur astrattamente non illogica, contrasta comunque con i principi di favor e di proporzionalità.

3.3. Il terzo motivo è che la tesi del Consiglio di Stato contrasta (oggi) con il principio di tassatività delle cause di esclusione di cui all'art. 46, comma 1-bis, del codice dei contratti, sotto il duplice profilo che non potrebbe invocarsi né il «caso di mancato adempimento alle prescrizioni previste dal (...) codice e dal regolamento e da altre disposizioni di legge vigenti», né quello di «difetto (...) di altri elementi essenziali» dell'offerta.
D'altra parte, il (pur pessimo) principio introdotto dal "decreto sviluppo" (del contenzioso), se blocca la discrezionalità del redattore della disciplina di gara, blocca anche gli eccessi di pretorietà del giudice amministrativo.

3.4. La tesi del Consiglio di Stato, se accolta, comporterebbe - come corollario - la disapplicazione del principio di cui al d.P.R. 207/2010, art. 92:
- comma 1, secondo periodo: «I requisiti relativi alle categorie scorporabili non posseduti dall'impresa devono da questa essere posseduti con riferimento alla categoria prevalente»;
- comma 3, ultimo periodo: «I requisiti relativi alle lavorazioni scorporabili non assunte dalle mandanti sono posseduti dalla mandataria con riferimento alla categoria prevalente»;
- comma 7, primo periodo: «In riferimento all'articolo 37, comma 11, del codice, ai fini della partecipazione alla gara, il concorrente, singolo o riunito in raggruppamento, che non possiede la qualificazione in ciascuna delle categorie di cui all'articolo 107, comma 2, per l'intero importo richiesto dal bando di gara o dalla lettera di invito, deve possedere i requisiti mancanti relativi a ciascuna delle predette categorie di cui all'articolo 107, comma 2, e oggetto di subappalto, con riferimento alla categoria prevalente».
Peraltro, si tratta di un principio non innovativo, in quanto è stato semplicemente trasposto dall'oggi abrogato d.P.R. 554/1999.
Guarda caso, su questo profilo, la pronuncia è del tutto silente.

4. La pronuncia, in definitiva, non può essere accolta nei disciplinari di gara. A tutto concedere, non ancora.

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