Nel Decreto Sviluppo un Piano Nazionale per le città poco professionale

La storia insegna e rappresenta la pietra miliare su cui fondare le strategie per un futuro migliore. Questo è quello che dovrebbero pensare tutti e a maggio...

26/06/2012
La storia insegna e rappresenta la pietra miliare su cui fondare le strategie per un futuro migliore. Questo è quello che dovrebbero pensare tutti e a maggior ragione chi del nostro Paese dovrebbe tracciare le linee guida per la crescita e rinascita. Il 15 giugno scorso il Governo ha approvato l'ennesimo decreto legge, già firmato dal Capo dello Stato (Decreto-legge 22 giugno 2012) che sarà pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale di oggi, e che, tra le altre cose, contiene all'interno un "Piano nazionale per le città" (art. 12) che avrebbe l'obiettivo di riqualificare le aree urbane degradate e sviluppare le città per rilanciare il settore dell'edilizia.

In particolare, il piano nazionale per le città messo a punto nel "Decreto Sviluppo-Infrastrutture" dovrebbe coordinare una serie di interventi proposti direttamente dai Comuni per la riqualificazione delle aree degradate e per le quali il Governo ha già stanziato un budget di 224 milioni di euro (10 milioni per il 2012, 24 milioni per il 2013, 40 milioni il 2014 e 50 milioni per ciascuno degli anni 2015, 2016 e 2017).

Per la predisposizione del piano, i Comuni interessati dovranno inviare ad una Cabina di Regia le loro proposte di Contratti di valorizzazione urbana che dovranno indicare:
  • a) la descrizione, le caratteristiche e l'ambito urbano oggetto di trasformazione e valorizzazione;
  • b)gli investimenti ed i finanziamenti necessari, sia pubblici che privati, comprensivi dell'eventuale cofinanziamento del comune proponente;
  • c) i soggetti interessati;
  • d) le eventuali premialità;
  • e) il programma temporale degli interventi da attivare;
  • f) la fattibilità tecnico-amministrativa.

La Cabina di regia seleziona le proposte sulla base dei seguenti criteri:
  • a) immediata cantierabilità degli interventi;
  • b) capacità e modalità di coinvolgimento di soggetti e finanziamenti pubblici e privati e di attivazione di un effetto moltiplicatore del finanziamento pubblico nei confronti degli investimenti privati;
  • c) riduzione di fenomeni di tensione abitativa, di marginalizzazione e degrado sociale;
  • d) miglioramento della dotazione infrastrutturale anche con riferimento all'efficientamento dei sistemi del trasporto urbano;
  • e) miglioramento della qualità urbana, del tessuto sociale ed ambientale.

Arriviamo adesso al punto cruciale: la Cabina di Regia.

La Cabina di regia sarà composta da:
  • 2 rappresentanti del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di cui uno con funzioni di presidente;
  • 2 rappresentanti della Conferenza delle Regioni e delle province autonome;
  • 1 rappresentante del Ministero dell'economia e delle finanze, 1 del Ministero dello sviluppo economico, 1 del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, 1 del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, 1 del Ministero per i beni e le attività culturali, 1 del Ministero dell'interno, 1 dei Dipartimenti della Presidenza del Consiglio dei Ministri per lo sviluppo e la coesione economica, per la cooperazione internazionale e l'integrazione e per la coesione territoriale, 1 dell'Agenzia del demanio, 1 della Cassa depositi e prestiti, 1 dell'Associazione nazionale comuni italiani;
  • 1 rappresentante del Fondo Investimenti per l'Abitare (FIA) di CDP Investimenti SGR e 1 rappresentante dei Fondi di investimento istituiti dalla società di gestione del risparmio del Ministero dell'economia e delle finanze (in veste di osservatori)

La domanda nasce spontanea: che fine hanno fatto i professionisti italiani?
Lo scorso novembre, il Parlamento ha chiesto l'aiuto di un Governo tecnico per risollevare le sorti di un Paese in discesa libera.
Per quale motivo il Governo non affida una materia così delicata ai professionisti italiani?

Pochi mesi fa, il Consiglio Nazionale degli Architetti P.P.C. ha lanciato, insieme ad ANCE e Legambiente, il programma RI.U.SO per la riqualificazione del patrimonio immobiliare del Paese e aperto alla collaborazione di tutta la filiera delle costruzioni, del mondo della ricerca, di Comuni e Regioni, della Cassa Depositi e Prestiti, dell'Agenzia del Demanio, delle Fondazioni Bancarie, della Banca Europea di Investimenti. Il Presidente degli Architetti Italiani Leopoldo Freyrie aveva rilevato la necessità di "Attivare politiche ambientali, strumenti urbanistici e finanziari per realizzare un Piano Nazionale per la Rigenerazione Urbana Sostenibile - sul modello del Piano Energetico Nazionale - che abbia come obiettivi la messa in sicurezza, manutenzione e rigenerazione del patrimonio edilizio pubblico e privato; la drastica riduzione dei consumi energetici ed idrici degli edifici; la valorizzazione degli spazi pubblici, la salvaguardia dei centri storici, la tutela del verde urbano; la razionalizzazione della mobilità urbana e del ciclo dei rifiuti e l'implementazione delle infrastrutture digitali innovative con la messa in rete delle città italiane".

Ma il Presidente Freyrie era andato oltre anticipando le risorse che il Governo avrebbe potuto attingere "dalla messa a sistema dei finanziamenti dei programmi comunitari; dal riequilibrio degli investimenti pubblici tra grandi infrastrutture e città; dal risparmio derivante dalla messa in sicurezza di edifici e abitati rispetto ai danni causati da terremoti ed eventi calamitosi derivanti dalla condizione idrogeologica; dalla razionalizzazione dei contributi e delle incentivazioni pubbliche sull'energia; dalla messa a sistema degli investimenti privati pubblici per le manutenzioni ordinarie e straordinarie; dalla valorizzazione delle dismissioni del patrimonio pubblico e dalla creazione di strumenti finanziari ad hoc che mettano a reddito il risparmio energetico, idrico, e la manutenzione, erogando adeguati bonus volumetrici a fronte di un impatto ambientale vicino allo zero e alla adozione di innovazioni tecnologiche utili all'efficienza tecnologica e infrastrutturale delle città".

Per quale motivo, dunque, il Governo non ha previsto all'interno della Cabina di regia un rappresentante del CNAPPC se non addirittura il suo Presidente?
Le professioni italiane, ed in particolare l'architettura, potrebbero certamente contribuire per il miglioramento urbanistico del Paese che sia da traino per il settore dell'edilizia e dell'economia nazionale in generale. L'idea di un Piano Nazionale per le città avrebbe potuto sposarsi egregiamente con il Programma Ri.U.SO. del CNAPPC, ci auguriamo, dunque, che il Governo dia più spazio a chi di queste materie dovrebbe saperne di più.

Lasciamo come sempre a voi ogni commento.

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