Se mancano i presupposti della DIA, decorsi i 30 giorni il Comune dispone del potere di autotutela

Non è contestabile che l'amministrazione pubblica conservi poteri di controllo, di inibizione e sanzionatori, se difettano i presupposti per la D.I.A., tutta...

11/12/2012
Non è contestabile che l'amministrazione pubblica conservi poteri di controllo, di inibizione e sanzionatori, se difettano i presupposti per la D.I.A., tuttavia tali poteri vanno esercitati nelle forme dell'autotutela in virtù degli articoli 21 quinquies e 21 nonies della Legge n. 241/1990 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi).

Lo ha affermato il Consiglio di Stato con la sentenza n. 5751 del 14 novembre 2012, accogliendo il ricorso presentato per la riforma di una sentenza di primo grado, concernente demolizione opere abusive realizzate e ripristino stato dei luoghi. In particolare, era stata presentata una denuncia di inizio attività (DIA) relativa alla costruzione di un cancello carrabile e di uno pedonale sul muro di recinzione dell'area di parcheggio di proprietà comunale attiguo alla proprietà del ricorrente.

Decorso il termine di trenta giorni di cui all'art. 23 d.P.R. n. 380/2001 (t.u. dell'edilizia), l'attuale ricorrente ha quindi proceduto all'esecuzione dei lavori. Con provvedimento successivo ai 30 giorni, il Comune di Catanzaro ha comunicato alla ricorrente la "non procedibilità" della D.I.A. e l'ha diffidata dall'intraprendere i lavori previsti.

Con il ricorso di primo grado, la ricorrente ha lamentato il difetto dei presupposti per l'adozione dei provvedimenti inibitori, in quanto era decorso il termine di trenta giorni dal deposito della D.I.A. e si era dunque ingenerato un legittimo affidamento della parte privata. Semmai l'amministrazione avrebbe dovuto esercitare il proprio potere di autotutela nel rispetto delle garanzie partecipative, che sarebbero nella specie mancate del tutto. Nel corso del giudizio di primo grado è stata respinta la domanda cautelare, in prosieguo accolta con ordinanza del Consiglio di Stato, con la seguente motivazione:
"Ritenuto che le carenze documentali addotte a fondamento della declaratoria di "non procedibilità" della D.I.A., non afferendo a una radicale difformità dell'intervento dal paradigma delle opere assentibili con D.I.A., ove non rappresentate nel termine di cui all'art. 25 d.P.R. n. 380/2001, avrebbero potuto essere fatte valere dal Comune solo mediante attivazione di procedimento di autotutela, atteso il consolidarsi degli effetti della D.I.A. per decorso del termine di legge".

Il TAR adito ha respinto il ricorso con i seguenti argomenti:
  • le opere realizzate incidono sulla proprietà pubblica, per cui non erano realizzabili mediante D.I.A. e di esse deve essere ordinata la demolizione senza che ci sia possibilità di sanatoria dell'abuso (art. 35, t.u. edilizia);
  • pertanto non rileverebbe il decorso del termine di 30 giorni dalla presentazione della D.I.A., essendo la D.I.A. radicalmente difforme dal paradigma legale.

Con l'appello è stato contestato:
  • già il Consiglio di Stato in sede cautelare ha ritenuto che le opere rientrano, in astratto, tra quelle realizzabili mediante D.I.A.;
  • pertanto l'eventuale difetto di presupposti formali o sostanziali per la D.I.A. doveva essere fatto valere dal Comune entro trenta giorni dal deposito della denuncia;
  • decorsi tali trenta giorni l'amministrazione avrebbe dovuto ricorrere all'esercizio dei poteri di autotutela, cosa che non ha fatto, se non nel 2011, sicché tutti i provvedimenti, adottati anteriormente a tale epoca, sarebbero illegittimi;
  • il Tar non si è pronunciato sui motivi di ricorso proposti contro il provvedimento di revoca dell'autorizzazione alla realizzazione del passo carrabile, provvedimento illegittimo per difetto dei presupposti per l'esercizio del potere di autotutela.

In giudici di Palazzo Spada, accogliendo il ricorso, hanno ricordato che la DIA è stata introdotta dall'art. 19 della 7 agosto 1990, n. 241 e, con riferimento alla materia edilizia, dagli artt. 22 e 23 del dPR 6 giugno 2001, n. 380. L'art. 23, comma 1 del dPR n. 380/2011 afferma che "Il proprietario dell'immobile o chi abbia titolo per presentare la denuncia di inizio attività, almeno trenta giorni prima dell'effettivo inizio dei lavori, presenta allo sportello unico la denuncia, accompagnata da una dettagliata relazione a firma di un progettista abilitato e dagli opportuni elaborati progettuali, che asseveri la conformità delle opere da realizzare agli strumenti urbanistici approvati e non in contrasto con quelli adottati ed ai regolamenti edilizi vigenti, nonché il rispetto delle norme di sicurezza e di quelle igienico-sanitarie".

Il comma 6 del medesimo articolo aggiunge che "Il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale, ove entro il termine indicato al comma 1 sia riscontrata l'assenza di una o più delle condizioni stabilite, notifica all'interessato l'ordine motivato di non effettuare il previsto intervento e, in caso di falsa attestazione del professionista abilitato, informa l'autorità giudiziaria e il consiglio dell'ordine di appartenenza. È comunque salva la facoltà di ripresentare la denuncia di inizio attività, con le modifiche o le integrazioni necessarie per renderla conforme alla normativa urbanistica ed edilizia".

Il modello della DIA edilizia è "a legittimazione differita", dunque l'attività denunciata può essere intrapresa, con contestuale comunicazione, solo dopo il decorso del termine di trenta giorni dalla comunicazione. Ai sensi dell'art. 23, comma 6, d.P.R. n. 380/2001 l'amministrazione competente, in caso di dichiarazione presentata in assenza delle condizioni, modalità e fatti legittimanti, può esercitare il potere inibitorio nel termine di trenta giorni dalla presentazione della dichiarazione, che, a sua volta, deve precedere di almeno trenta giorni l'inizio concreto dell'attività edificatoria.

Decorso senza esito il termine per l'esercizio del potere inibitorio, la pubblica amministrazione dispone del potere di autotutela ai sensi degli articoli 21 quinquies e 21 nonies della legge 7 agosto 1990, n. 241. Tale potere, con cui l'amministrazione è chiamata a porre rimedio al mancato esercizio del doveroso potere inibitorio, condivide i principi regolatori sanciti, in materia di autotutela, dalle norme citate, con particolare riguardo alla necessità dell'avvio di un apposito procedimento in contraddittorio, al rispetto del limite del termine ragionevole, e soprattutto, alla necessità di una valutazione comparativa, di natura discrezionale, degli interessi in rilievo, idonea a giustificare la frustrazione dell'affidamento incolpevole maturato in capo al denunciante a seguito del decorso del tempo e della conseguente consumazione del potere inibitorio.

In sintesi, a tutela dell'affidamento dell'autore della DIA, decorso il termine di trenta giorni dalla sua presentazione, l'amministrazione che intenda esercitare i poteri di inibizione e controllo non esercitati tempestivamente entro trenta giorni, può farlo a condizione del rispetto del modello paradigmatico del procedimento e dell'atto di autotutela. Dunque non è contestabile che l'amministrazione conservi poteri di controllo, di inibizione e sanzionatori, se difettano i presupposti per la D.I.A., tuttavia tali poteri vanno esercitati nelle forme dell'autotutela.

Nel caso di specie, l'amministrazione non ha esercitato alcun potere inibitorio entro il termine legale di trenta giorni dal deposito della D.I.A.

A cura di Gabriele Bivona
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