Classamento catastale diverso dalla indicazioni del DOCFA solo se adeguatamente motivato

Il classamento catastale di un immobile diverso dalle indicazioni fornite dal contribuente deve contenere una adeguata, ancorché sommaria, motivazione che de...

13/02/2014
Il classamento catastale di un immobile diverso dalle indicazioni fornite dal contribuente deve contenere una adeguata, ancorché sommaria, motivazione che delimiti l'oggetto della successiva ed eventuale controversia giudiziaria.

Questo, in sintesi, il contenuto dell'Ordinanza n. 2709 con la quale la Suprema Corte di Cassazione ha accolto il ricorso presentato dall'Agenzia del Territorio contro una sentenza della Commissione Tributaria Regionale che aveva rigettato l'appello dell'Ufficio affermando l'illegittimità dell'atto con cui il bene di proprietà dei contribuenti era stato (disattendendo le indicazioni contenute nella DOFCA presentata a seguito di lavori di ristrutturazione) qualificato come "Villa" (A8) anziché come "Villino" (A7).

Gli ermellini hanno rilevato che le incertezze proprie del sistema catastale italiano hanno necessariamente riflessi sull'atto di classamento con cui l'amministrazione colloca ogni singola unità immobiliare in una determinata categoria, in una determinata classe di merito e le attribuisce una "rendita". La classificazione catastale delle unità immobiliari non è disciplinata da precisi riferimenti normativi: la legge si limita a prevedere l'elaborazione di un reticolo di categorie e classi catastali e demanda la elaborazione di tali gruppi, categorie e classi all'Ufficio tecnico erariale.
L'ufficio tecnico erariale procede sulla base di istruzioni ministeriali anche piuttosto risalenti nel tempo (è tuttora utile in proposito la circolare del Ministero delle Finanze 6 luglio 1941, n. 134, integrata dalla istruzione II del 24 maggio 1942).

Mentre il classamento immobiliare è uniforme su tutto il territorio nazionale con la suddivisione in 5 gruppi (A, B, C, D, E), articolati in numerose categorie (A1, A2, A3,....), sono assai incerti i criteri in forza dei quali un immobile rientri nelle diverse categorie: vada ad esempio classificato come A2 (abitazione di tipo civile) piuttosto che come A3 (abitazione di tipo economico). La circolare n. 134/1941 avvertiva in riferimento alle prime otto classi della categoria A, che "trattandosi di qualificazione relativa e variabile da luogo a luogo, deve corrispondere al significato che ha localmente"; qualche maggiore precisazione è oggi contenuta nella C.M. 14 marzo 1992, n. 5/3/1100, ma siamo sempre a livello di mere istruzioni amministrative, di cui si tiene conto in quanto possibile espressione di un "comune sentire".

In considerazione di queste difficoltà, ai fini della applicazione delle agevolazioni fiscali "prima casa", il legislatore ha creato un'apposita categoria di "abitazioni di lusso" che non ha preciso riscontro nelle classi catastali (tanto che si nega che essa coincida con la categoria catastale A1). Queste difficoltà si riflettono sulla distinzione fra "A/7 - abitazioni in villini" e "A/8 - abitazioni in ville".

La circolare ministeriale n. 5/1992 ha affermato, in proposito, come per "ville debbano intendersi quegli immobili caratterizzati essenzialmente dalla presenza di parco e/o giardino, edificate in zone urbanistiche destinate a tali costruzioni o in zone di pregio con caratteristiche costruttive e di rifiniture, di livello superiore all'ordinario. Consistenza e dotazione di impianti corrispondenti a quanto indicato dall'Ufficio in sede di classamento automatico per l'attribuzione della categoria (punti 1, 3, 6, 8, 9, 10, 11, 12 e 14 dei prospetti 9)". Mentre "per villino deve intendersi un fabbricato, anche se suddiviso in unità immobiliari, avente caratteristiche costruttive, tecnologiche e di rifiniture proprie di un fabbricato di tipo civile o economico ed essere dotato, per tutte o parte delle unità immobiliari, di aree coltivate o no a giardino. Le unità immobiliari dovranno avere consistenza e dotazioni corrispondenti a quanto indicato dall'Ufficio in sede di classamento automatico per l'attribuzione della categoria (punti 1, 2, 3, 4, 6, 8, 12, 13, 14 e 15 dei prospetti 9)".

Ciò premesso, la Suprema Corte ha rilevato come il giudice di merito non abbia fornito una indicazione precisa circa la inadeguatezza (o meno) della motivazione dell'atto di classamento, contraddicendosi affermando che la motivazione dell'atto è "assente" e manca "assolutamente" e poi aggiungendo che essa è "espressa in maniera oggettivamente succinta".

In definitiva, è evidente come per un classamento diverso dalle indicazioni fornite dal contribuente una motivazione succinta non vizia di per sé l'atto, mentre lo vizia una motivazione "assente".

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