Lavori Pubblici, quale futuro per i liberi professionisti?

Quale futuro ci attende nel campo delle norme sui Lavori pubblici? Un futuro con reali cambiamenti o un futuro identico al presente con promesse non mantenut...

09/05/2014
Quale futuro ci attende nel campo delle norme sui Lavori pubblici? Un futuro con reali cambiamenti o un futuro identico al presente con promesse non mantenute e chiacchiere trite e ritrite?Consentitemi di essere pessimista e adesso cercherò di spiegarvi il perché.

Unitamente ad un'ampia platea di Architetti, Ingegneri, Geologi, ... insomma di professionisti dell'area tecnica ho partecipato, collegato in streaming da una delle tante sale collegate in Italia, al convegno "Aprire il Mercato dei Lavori Pubblici: le proposte della Rete delle Professioni Tecniche" tenutosi ieri a Roma al teatro Quirino e, purtroppo, mi sono accorto che si continua, più o meno velatamente, a chiacchierare senza avere, forse, una reale coscienza dello stato di fatto, continuando a prendere in giro migliaia di professionisti che sono costretti a partecipare a questi incontri pur di raggranellare qualche credito formativo professionale (CFP) necessario per ottemperare all'obbligo di legge.

Le richieste della Rete delle Professioni Tecniche alla base del Convegno sono identiche a quelle già inviate esattamente un anno fa allo stesso Ministro delle infrastrutture Maurizio Lupi, non dalla rete delle Professioni tecniche ma dai Consigli Nazionali delle professioni tecniche (Architetti, Dottori Agronomi e Forestali, Geologi, Geometri, Ingegneri, Periti Agrari, Periti Industriali).
Nella nota, in cui venivano allegati i richiesti correttivi al Codice dei Contratti ed al regolamento (che, poi, sono essenzialmente identici a quelli odierni della RPT) veniva chiesto al Ministro Lupi un incontro.
Soltanto oggi a distanza di un anno sembra che il Ministro Lupi abbia letto le proposte e le uniche assicurazioni scaturite dal suo intervento al convegno sono state quelle di trovare una corsia preferenziale per i grandi lavori e di esternalizzare l'attività di progettazione dagli uffici delle pubbliche amministrazioni.

Nel corso del convegno, poi, è stato possibile assistere ad un siparietto che potrebbe essere giustificato se posto in atto da soggetti senza alcuna competenza. Mi riferisco al problema scaturente dall'applicazione dell'articolo 263 del Regolamento n. 270/2010 e, quindi ai requisiti indicati nello stesso articolo per partecipare alle gare. Sull'argomento nel corso del Convegno abbiamo registrato la richiesta di cancellazione, messa in atto dall'Arch. Rino La Mendola Vicepresidente del CNAPPC, di tale articolo 263 con l'affermazione che si tratta di una fonte secondaria e che l'Autorità di Vigilanza avrebbe dovuto esprimersi sul contrasto di tale articolo 263 (fonte secondaria) con l'articolo 41 del Codice dei contratti (norma primaria) entrambi relativi alla "Capacità tecnica e professionale dei fornitori e dei prestatori di servizi".

In verità nel documento presentato dalla Rete delle professioni tecniche si parla, invece, di modifiche all'articolo 263 la cui richiesta è, invece, possibile.

Il Vicepresidente del CNAPPC, con un gioco di prestigio, ha chiesto al Presidente dell'Autorità Sergio Santoro un provvedimento che certificasse l'inapplicabilità dell'articolo 263 del Regolamento in quanto, a suo dire, il testo dello stesso configgerebbe con il comma 2 dell'articolo 41 del codice, così come modificato dal decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 convertito dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, che ha inserito alla fine del citato comma la frase "Sono illegittimi i criteri che fissano, senza congrua motivazione, limiti di accesso connessi al fatturato aziendale".

Il Presidente Santoro, probabilmente preso alla sprovvista, ha confermato che se una norma secondaria risulta confliggente con la norma primaria, la stessa norma secondaria diventa inapplicabile ed ha detto che avrebbe provveduto non ricordando che sull'argomento era già intervenuto con la determinazione n. 4 del 10 ottobre 2012 in cui al punto 2.2.1 relativo ai "Servizi e forniture" precisava che "Per quanto riguarda i requisiti di capacità economica e finanziaria dei fornitori e dei prestatori di servizi, ai sensi dell'articolo 41 del Codice, le amministrazioni precisano nel bando di gara i requisiti ed i valori minimi degli stessi che devono essere posseduti dai concorrenti; in ragione della novella introdotta dall'art. 1, comma 2-bis, lett. b) del d.l. 6 luglio 2012, n. 95 (nel testo integrato dalla legge di conversione 7 agosto 2012, n. 135) sono illegittimi i criteri che fissano, senza congrua motivazione, limiti di accesso connessi al fatturato aziendale. Di conseguenza, la clausola del bando che introduce il fatturato aziendale/globale come requisito di partecipazione deve essere motivata in relazione, ad esempio, alla entità, alla complessità oppure alla specificità dell'appalto, rispettando il principio di proporzionalità".

Ma ho, anche, ritrovato qualcosa sempre sull'argomento nel parere n. 106 del 19/06/2013 dell'Autorità stessa che afferma testualmente "Gli artt. 41 e 42 del Codice dei contratti pubblici, infatti, lasciano ampia discrezionalità alle stazioni appaltanti circa la possibilità di prevedere requisiti di qualificazione più restrittivi di quelli minimi stabiliti dalla legge, purché tali prescrizioni rispettino i principi di proporzionalità e ragionevolezza, in modo tale da non restringere oltre lo stretto indispensabile la platea dei potenziali concorrenti e da non precostituire situazioni di assoluto privilegio (cfr. A.V.C.P., parere 29 aprile 2010 n. 83; in giurisprudenza, tra molte, cfr. Cons. Stato, sez. V, 29 dicembre 2009 n. 8914; Id., sez. VI, 3 aprile 2007 n. 2304).
Da ultimo, con l'art. 1, comma 2-bis, del d.l. n. 95 del 2012, è stata aggiunta al secondo comma dell'art. 41 del Codice la previsione esplicita secondo la quale sono illegittimi i criteri di qualificazione che fissano, senza congrua motivazione, limiti di accesso connessi al fatturato aziendale"
.

E' semplice, dunque, concludere che, nel caso dell'articolo 263, differentemente da quanto affermato dal Vicepresidente La Mendola, la norma secondaria non è in conflitto con la norma primaria ma potrebbe diventare illegittima soltanto quando viene inserita senza alcuna motivazione ed, in questi casi, l'unica soluzione, in atto, possibile è quella di impugnare l'eventuale bando che non spieghi le motivazioni per cui vengono utilizzati determinati limiti connessi al fatturato aziendale e di proporre all'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici una "Istanza di parere per la soluzione delle controversie ex articolo 6, comma 7, lettera n) del D.Lgs. n. 163 del 2006".

© Riproduzione riservata