Gare di progettazione: è caos sui requisiti di partecipazione

L'Italia è un Paese molto strano! Un Paese dove è sufficiente una dichiarazione di un personaggio in vista per far decadere (o almeno pensare di farlo) un in...

23/05/2014
L'Italia è un Paese molto strano! Un Paese dove è sufficiente una dichiarazione di un personaggio in vista per far decadere (o almeno pensare di farlo) un intero apparato normativo. Sembra un gioco di prestigio, ma è tutto vero. Ieri parecchi portali hanno lanciato la notizia che il Presidente dell'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture Sergio Santoro avrebbe confermato il no a requisiti di gara troppo restrittivi per i progettisti.

In verità il Presidente Santoro in una nota di risposta al Presidente dell'VIII Commissione Ambiente, Territorio e Lavori Pubblici della Camera dei deputati On. Ermete Realacci (vedi nota) ha precisato (cito testualmente): "(...) le stazioni appaltanti dovranno applicare l'art. 41, comma 2, del Codice, secondo cui sono illegittimi i criteri che fissano, senza congrua motivazione, limiti di accesso connessi al fatturato aziendale".

In pratica non ha detto nulla di nuovo e non ha risposto alla sollecitazione dell'On. Ermete Realacci che, in una nota del 19 maggio scorso (vedi nota) che faceva seguito alla sua partecipazione al Convegno organizzato dai Consigli Nazionali delle Professioni Tecniche sul tema "Aprire il mercato dei lavori Pubblici", aveva chiesto all'Autorità di chiarire alle stazioni appaltanti che nella definizione dei requisiti economico-finanziari e tecnico-organizzativi di partecipazione alle gare trova applicazione la disposizione di cui all'articolo 41, comma 2, del Codice dei contratti, a norma del quale: "(...) Sono illegittimi i criteri che fissano, senza congrua motivazione, limiti di accesso connessi al fatturato aziendale (...)".

Ma chi ha mai detto che l'articolo 41, comma 2 del Codice dei contratti non trova applicazione?
In pratica l'Autorità, nella nota di risposta all'On. Realacci ha confermato che la fonte primaria (art. 41, comma 2 del Codice) e la fonte secondaria (art. 263 del Regolamento) non sono confliggenti sempre che l'amministrazione utilizzi i criteri dettati dall'art. 263 del Regolamento con congrue giustificazioni.

Continua a sembrare un gioco di prestigio in cui ognuno dei soggetti che partecipa al gioco sembra voglia dire qualcosa ma, in definitiva, non dice nulla perché l'unica cosa che avrebbero dovuto dire, per rendere confliggenti la fonte primaria e la fonte secondaria sarebbe stata quella di togliere dall'art. 41, comma 2 del Codice dei contratti l'inciso "senza congrua motivazione" e il comma sarebbe diventato "(...) Sono illegittimi i criteri che fissano limiti di accesso connessi al fatturato aziendale (...)", i due articoli della fonte primaria e della fonte secondaria sarebbero diventati confliggenti, l'avrebbe spuntata la norma primaria e l'articolo 263 del Regolamento n. 207/2010 sarebbe diventato inapplicabile.

In questa situazione le Stazioni appaltanti possono sempre fissare i criteri previsti dall'articolo 263 del Regolamento con congrue giustificazioni (con ampia libertà poiché non si sa come le giustificazioni possono essere definite congrue).

E' semplice, dunque, concludere che, nel caso dell'articolo 263, differentemente da quanto affermato nel corso del Convegno organizzato dalla Rete delle professioni tecniche il giorno 8 maggio scorso, la norma secondaria non è in conflitto con la norma primaria ma potrebbe diventare illegittima soltanto se venisse utilizzata senza alcuna motivazione ed, in questi casi, l'unica soluzione, in atto, possibile è quella di impugnare l'eventuale bando che non espliciti le motivazioni per cui vengono utilizzati determinati limiti connessi al fatturato aziendale previsti dall'articolo 263 del regolamento n. 207/2010 e di proporre all'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici una "Istanza di parere per la soluzione delle controversie ex articolo 6, comma 7, lettera n) del D.Lgs. n. 163 del 2006".

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