Partite IVA e Jobs Act: solo Il 6% è interessato dalle nuove tutele

Sono poco meno di 220.500 le partite Iva che saranno interessate dal nuovo statuto dei lavoratori autonomi e 740.000 i professionisti che saranno riguardati ...

03/02/2016

Sono poco meno di 220.500 le partite Iva che saranno interessate dal nuovo statuto dei lavoratori autonomi e 740.000 i professionisti che saranno riguardati dall'abolizione degli studi di settore.

Lo ha evidenziato l’Ufficio studi della CGIA di Mestre nell'ultima analisi dedicata a quello che in molti hanno troppo velocemente definito "Jobs Act dei lavoratori autonomi", rilevando come le misure contenute nel provvedimento approvato dal Consiglio dei Ministri riguarderanno solo i liberi professionisti che non dispongono di una cassa previdenziale privata e sono iscritti alla gestione separata Inps.

Come evidenziato da Valentina Restaino (Mobilitazione Generale Avvocati) durante la trasmissione Ballarò andata in onda ieri sera (leggi articolo), le nuove tutele riguarderanno circa 220.000 autonomi contro una platea di possibili interessati che ammonta a quasi 3.900.000 (poco meno del 6 per cento).

L’istituzione di un pacchetto di misure a sostegno dei redditi degli autonomi va salutata positivamente – ha affermato il Coordinatore dell’Ufficio studi della CGIA di Mestre Paolo Zabeopeccato che coinvolga un numero di lavoratori molto contenuto. Ricordo che in questi ultimi anni di crisi economica la povertà ha colpito soprattutto il popolo delle partite Iva. Gli ultimi dati riferiti al 2014 ci dicono che il 24,9 per cento delle famiglie con reddito principale da lavoro autonomo  ha vissuto con una disponibilità economica inferiore alla soglia di povertà totale calcolata dall’Istat in 9.455 euro. Praticamente una su quattro si è trovata in una condizione di vita non accettabile. Per quelle con reddito da pensioni/trasferimenti sociali e da lavoro dipendente, invece, la percentuale al di sotto della soglia di povertà è stata inferiore. Per le prime, infatti, l’incidenza si è attestata al 20,9 per cento, per le seconde al 14,6 per cento. Insomma, le famiglie con reddito principale da lavoro autonomo sono quelle che più delle altre hanno rischiato  di scivolare nella povertà”.

Il forte calo della domanda interna – ha segnalato il Segretario della CGIA Renato Masonha contribuito in maniera determinante a peggiorare le condizioni economiche dei lavoratori autonomi che, nella stragrande maggioranza dei casi, vivono dei consumi delle famiglie. Il crollo di quest’ultimi ha causato una caduta verticale del fatturato di moltissime piccole attività e spinto alla chiusura tantissime partite Iva che, a differenza dei lavoratori dipendenti, fino ad ora non hanno beneficiato di alcuna misura di sostegno al reddito”.

L'abolizione degli Studi di settore

Diversamente dal "Jobs Act dei lavoratori autonomi", la CGIA di Mestre ha evidenziato un altro possibile provvedimento che riguarderebbe una platea più importante di partite IVA: la possibile abolizione degli studi di settore (leggi articolo), ipotesi annunciata dal Viceministro alle Finanze, Luigi Casero, che coinvolgerebbe quasi 739mila professionisti. "I titolari di partita Iva a cui sono applicati gli studi di settore - ricorda la CGIA - sono quasi 3.644.000. Di questi, poco più di 802mila sono liberi professionisti. Sottraendo a questi ultimi le oltre 63mila società costituite da professionisti, i soggetti che saranno interessati dall’abolizione degli studi di settore sfioreranno le 739.000 unità".

A cura di Redazione LavoriPubblici.it

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