Demolizione opere abusive: I sindaci si attiveranno per i finanziamenti?

In queste ore e nei giorni che verranno l'attenzione è tutta concentrata sulla terribile sequenza di terremoti che sta flagellando il centro Italia e il diba...

04/11/2016

In queste ore e nei giorni che verranno l'attenzione è tutta concentrata sulla terribile sequenza di terremoti che sta flagellando il centro Italia e il dibattito che ne seguirà ripercorrerà sicuramente le cose già dette dopo il 24 agosto, che poi sono le stesse di quelle del 2012 dopo il terremoto che colpì l'Emilia Romagna e di quelle dette nel 2009 dopo il terremoto abruzzese.

Ripeto spesso che giornali e televisioni potrebbero riprendere integralmente quelle interviste per trovarsi davanti alle stesse considerazioni, seppure con le voci di altri attori. Vorrei per questo introdurre un nuovo elemento di dibattito e, mi auguro, di successivo approfondimento, puntando l'attenzione su qualcosa che ad un'analisi superficiale non sembra collegarsi immediatamente al dibattito di questi giorni e specificamente alle considerazioni sul terremoto.

Prendo spunto da quanto ho letto ieri su un quotidiano locale, che in Italia si eseguono solo il 10% delle ordinanze passate in giudicato di demolizione di edifici abusivi, che Palermo è seconda solo a Napoli per numero di ordinanze, che in ciascuna delle due città ammontano ad alcune migliaia. Le motivazioni addotte dai Sindaci, ma non solo quelli di Palermo e Napoli, riguarda i costi troppo elevati delle demolizioni, che l'ANCI stima in circa 90 mila euro per ogni casa da demolire, compresi gli oneri di smaltimento in discarica.

Dunque una situazione che vede i comuni al palo perché non potrebbero sostenere spese così ingenti, soprattutto laddove le ordinanze di demolizione sono tante. Sarebbe semplice eccepire che a Licata la direzione intrapresa da quel Sindaco coraggioso dimostrerebbe che il problema dei costi è solo un alibi, ma è piuttosto il caso di evidenziare che sulla Gazzetta ufficiale n. 251 del 26 ottobre 2016 è stato pubblicato il Decreto 22 luglio 2016 del Ministero dell’Ambiente recante “Modelli e linee guida relativi alla procedura per la presentazione della domanda di concessione per l’accesso ai finanziamenti per gli interventi di rimozione o di demolizione delle opere o degli immobili realizzati in aree soggette a rischio idrogeologico elevato o molto elevato ovvero dei quali viene comprovata l’esposizione a rischio idrogeologico in assenza o in totale difformità dal permesso di costruire”.

Si tratta di un decreto che consente ai comuni di accedere al finanziamento di interventi di rimozione o di demolizione di opere abusive ricadenti nelle aree di criticità idrogeologica, per le quali sia presente un provvedimento definitivo di rimozione o di demolizione non eseguito nei tempi stabiliti. L'istanza per accedere ai fondi, complessivamente 10 milioni di euro, dovrà essere corredata da un progetto delle attività di rimozione o di demolizione, completo di relazioni, elaborati e computo dei costi. Il finanziamento servirà a coprire i costi degli interventi, comprensivi delle spese tecniche ed amministrative e delle costose voci riguardanti il conferimento in discarica dei rifiuti misti e non inquinanti, la raccolta, l’imballo, il trasporto e lo smaltimento di rifiuti speciali pericolosi, e finanche il ripristino naturalistico dell’area interessata.

Ero Presidente del Consiglio Nazionale dei Geologi quando plaudii all'allora Ministro dell'Ambiente Andrea Orlando per aver inserito per la prima volta un siffatto dispositivo all'articolo 29 del collegato Ambiente del DDL di Stabilità 2014, tentando di togliere finalmente ogni alibi residuo a quei Sindaci che si trinceravano dietro la mancanza di risorse. Sappiamo bene che un intervento di demolizione di un'opera abusiva lo si esegue in danno e quindi a pagare dovrebbe essere chi l'abuso lo ha commesso, ma sono anche dell'idea che costituisca un'anomalia tutta italiana il fatto che l'applicazione delle sentenze che decretano la demolizione degli edifici abusivi non sia affidata al giudice, ma sia invece di competenza dei sindaci, spesso legati da rapporti di conoscenza con i destinatari dell'esecuzione.

Una anomalia che non porta quasi mai all'effettiva demolizione e che annulla persino l'eventuale effetto deterrente della sanzione giuridica. Se le demolizioni effettivamente eseguite si contano sulle dita di una mano forse lo si deve anche al fatto che l'abusivismo non è mai stato e non è ancora percepito come un reato grave.

D'altronde, nonostante le migliaia di terremoti, i continui eventi alluvionali e le migliaia di frane che ogni anno interessano il nostro territorio fortemente vulnerabile, c'è ancora una parte della nostra classe politica, poco illuminata ma per fortuna numericamente sempre più esigua, che continua a pensare e a volte persino a proporre una ennesima legge di condono edilizio. Nel nostro Paese l'abusivismo edilizio ha assunto proporzioni di scarso paragone con altre realtà europee, giungendo ad assumere una rilevanza sociale, che in certe aree, ed è questa la cosa più grave, viene percepita al limite dell'ordinarietà. In queste stesse aree la percezione di illegalità del fenomeno è estremamente bassa, al punto che il reato commesso non comporta neanche una riprovazione sociale, lasciando infatti impunita una serie immensa di speculatori, che hanno usato violenza sul territorio in un contesto di riprovevole lasciar fare. E' stato per questo che sempre più case non rispondono ai requisiti minimi di sicurezza antisismica, che sempre più quartieri e sempre più centri abitati si siano venuti a trovarsi in aree potenzialmente pericolose idraulicamente e geomorfologicamente.

Per fortuna le istanze di tutela anche in Italia hanno cominciato ad affermarsi, le tematiche ambientali e paesaggistiche non sono più astrazioni, ma sono percepite come necessarie al miglioramento del proprio stato di vita.

La sicurezza dei nostri edifici è purtroppo cronaca di questi giorni e dovrebbe bastare da sola a far si che diventi istanza comune, in grado di metterci tutti quanti nella stessa prospettiva. Ecco perché saluto con favore il decreto del 22 luglio, perché fa venire meno gli alibi, se non le remore, rispetto all'azione di demolizione di opere non soltanto costruite in totale assenza o difformità dal permesso di costruire, ma pericolose per il contesto in cui esse ricadono. Ecco perché vorrei ora aspettarmi che i Sindaci ci raccontino di tragedie che sarebbero potute accadere ma non accadranno, che facciano istanza di finanziamento e redigano il progetto che dovrà accompagnarla, che non presuppone chissà quali professionalità e chissà quali approfondimenti.

Tutti i comuni d'Italia sono infatti dotati dei piani di assetto idrogeologico e di quelli dovranno avvalersi, considerato che si tratta di piani sovraordinati agli strumenti urbanistici locali. Li sono individuati tutti gli elementi a rischio, siano essi localizzati nell'entroterra o sulla costa. Sembra assurdo estendere questi concetti alla linea di costa, ma anche lì insistono purtroppo edifici e infrastrutture considerate a rischio per essi stessi e per l'equilibrio morfologico della costa, a testimonianza di quel riprovevole lasciar fare al quale accennavo. In alcune regioni come la mia Sicilia sono ben 234 i tratti di costa che presentano elementi a rischio molto elevato R4, ben il 12% dell'intero sviluppo della linea di costa.

Ecco perché vorrei che nel dibattito che seguirà questo ennesimo evento sismico, che vede tante case del nostro splendido patrimonio immobiliare demolite dai ripetuti colpi dell'ennesimo terremoto, entri con coraggio e senza ipocrisie anche questo scomodo argomento, che tratta di altre demolizioni, queste si auspicate, ma purtroppo non eseguite. Altrimenti rischiamo che anche questo decreto resti inapplicato e che queste risorse non siano spese e di dover aspettare il prossimo terremoto per provare a riparlarne.

A cura del dott. Gian Vito Graziano
Consulente esperto della Struttura di Missione Italiasicura
presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri

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