Nuovo Codice dei contratti: Il pensiero di tre architetti

Il 19 aprile 2016 è entrato in vigore il d.lgs. n. 50/2016 (cosiddetto “nuovo codice dei contratti”) mai entrato compiutamente in vigore dovendo ancora esser...

09/11/2016

Il 19 aprile 2016 è entrato in vigore il d.lgs. n. 50/2016 (cosiddetto “nuovo codice dei contratti”) mai entrato compiutamente in vigore dovendo ancora esser completato con oltre 60 provvedimenti attuativi, dei quali soltanto 3 pubblicati a fronte dei circa 30 di cui era prevista l’emissione entro la prima scadenza del 19 ottobre scorso.

Quello che avrebbe dovuto essere per la riforma degli appalti il testo della semplificazione si sta rivelando un testo incompleto e contraddittorio che sconta il fatto di essere stato predisposto in meno di 3 mesi a fronte di ben 21 mesi utilizzati per la formulazione della legge delega. Lo si può rilevare dai tanti errori (oltre 180) contenuti nel testo, poi corretti con un avviso di rettifica pubblicato a distanza di più di  tre mesi dall’entrata in vigore, senza che del nuovo codice sia mai stato pubblicato un testo emendato e coordinato. Agli errori formali, poi corretti con l’avviso di rettifica, se ne aggiungono tanti altri, formali e sostanziali, rilevabili da un’attenta lettura del testo (vedi ad esempio l’art. 106 sulle modifiche al contratto e l’art. 95 comma 10 e l’art. 105 comma 14, relativi ai costi della manodopera, in reciproco e irrisolto contrasto) e dalla lettura dei pareri del Consiglio di Stato su alcuni provvedimenti attuativi. Valgano come esempio i recenti pareri nn. 2282-2285-2286 del 3 novembre scorso relativi, rispettivamente, al decreto del MIT sul direttore dei lavori e sul direttore dell’esecuzione, al decreto del MIT sui requisiti che devono possedere gli operatori economici per l’affidamento dei servizi di architettura e ingegneria, alle linee guida ANAC sulla indicazione dei mezzi di prova adeguati e delle carenze nell'esecuzione di un precedente contratto di appalto che possano considerarsi significative per la dimostrazione delle circostanze di esclusione, nei quali (pareri) il consiglio di stato ha segnalato al presidente del consiglio dei ministri l’opportunità di procedere a correzioni della normativa primaria così come previsto dall’art. 58 del regio decreto n. 444/1942 che così recita “quando dall'esame degli affari discussi dal consiglio risulti che la legislazione vigente è in qualche parte oscura, imperfetta od incompleta, il consiglio ne fa rapporto al capo del governo”.

Era stato da diverse parti auspicato che l’unico regolamento di attuazione (dpr n. 207/2010) del previgente codice degli appalti (d.lgs. n. 163/2006) fosse sostituito da provvedimenti di soft law chiari, trasparenti e di immediata applicazione ma è sotto gli occhi di tutti che la soluzione adottata si scontra con il rispetto della forma giuridica e che, come è possibile evincere dai vari pareri emessi recentemente dal Consiglio di Stato, alla norma primaria saranno affiancati una serie di provvedimenti (alcuni vincolanti ed altri non vincolanti) che genereranno - come già hanno generato - molta confusione seppure ancora non compiutamente manifestatasi dato che per le opere in corso viene ancora applicato il previgente regolamento (dpr n. 207/2010). L’evidenza di tale problema ha spinto anche coloro che hanno partecipato in prima persona alla stesura del nuovo testo (vedi le recenti dichiarazioni di Antonella Manzione - capo del DAGL e della Cabina di regia) a dichiarare la necessità di un testo che coordini tutti i provvedimenti attuativi.

A tali rilevanti aspetti problematici si aggiungono quelli di fondo dovuti al mancato rispetto di vari principi della legge delega n. 11/2016 ed in primis di quello della lettera e) in cui viene espressamente previsto il principio della “semplificazione e riordino del quadro normativo vigente allo scopo di predisporre procedure non derogabili riguardanti gli appalti pubblici e i contratti di concessione e di conseguire una significativa riduzione e certezza dei tempi relativi alle procedure di gara e alla realizzazione delle opere pubbliche”. Principio fondamentale che mal si concilia con il complesso ondivago dei vari provvedimenti, in parte vincolanti ed in parte non vincolanti (come peraltro evidenziato nel parere n. 855 del 01.04.2016 del consiglio di stato sul codice). Ma tra i problemi di fondo ce ne sono anche tanti altri e tra questi ricordiamo, a titolo d’esempio non esaustivo, quello della mancanza di norme che concretizzino la centralità del progetto, proclamata dalla legge delega, che diano vero spazio ai concorsi di architettura, che evitino la perdita dei finanziamenti della programmazione comunitaria, che tolgano alle mille stazioni appaltanti il potere discrezionale di cui spesso abusano e che non garantisce la trasparenza dei loro atti.

In che modo si può uscire dalla difficile situazione che si è creata e di cui qui sopra abbiamo cercato di fornire un primo (parziale) quadro? Occorre anzitutto la volontà di ascoltare per conoscere e capire i problemi al fine di risolverli con misure e provvedimenti che non perpetuino gli errori commessi e che portino alla emissione di un decreto legislativo correttivo approvato dal governo ma preventivamente esaminato e approvato nella sostanza da tutti gli operatori del settore, evitando audizioni soltanto formali come quelle che il DAGL ha avuto prima dell’approvazione definitiva del d.lgs. n. 50/2016. E’ auspicabile, al fine di non bloccare, come è avvenuto, i progetti già approvati ante d.lgs. n.50/2016, che il decreto correttivo preveda norme e fasi transitorie.

A cura degli architetti Iano Monaco, Elio Caprì, Paolo Oreto

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