Codice dei contratti: Assistal, Cna Impianti, Finco ed Unicmi contro alcune modifiche introdotte dal correttivo

Mentre è iniziata la consultazione sul provvedimento correttivo al codice dei contratti pubblici che si concluderà alla mezzanotte del 22 febbraio prossimo r...

20/02/2017

Mentre è iniziata la consultazione sul provvedimento correttivo al codice dei contratti pubblici che si concluderà alla mezzanotte del 22 febbraio prossimo riteniamo opportuno segnalare le opinioni di alcuni operatori del settore sul correttivo datato 9 febbraio, che non si discosta molto da quello posto in consultazione. Molte le prese di posizione delle imprese che si occupano di impiantistica e di serramenti che avevano salutato positivamente il testo del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 e che, criticano, oggi, il testo del correttivo.

Assistal - Il presidente dell’associazione nazionale costruttori di impianti  Angelo Carlini, in riferimento alle modifiche all’articolo 105 del nuovo Codice dei contratti contenute nel correttivo ha, recentemente dichiarato che “Il testo in bozza del cosiddetto correttivo al nuovo Codice dei contratti, che sta circolando in questi giorni, stravolge in maniera inaspettata il nuovo approccio alla regolazione del mercato che il Dlgs n. 50 del 2016 ha introdotto” ed ha aggiunto, anche, che “Il mancato richiamo alla categoria scorporabile ed alla categoria prevalente e la forte limitazione introdotta all'istituto del subappalto sono infatti stati accolti dal settore impiantistico, ma più probabilmente da tutte le imprese operanti nei settori specialistici, come un grande passo verso il superamento del binomio impresa prevalente-subappaltatori, riconoscendo finalmente l'importante ruolo che l'impiantistica gioca nell'ambito della filiera delle costruzioni in qualità di partner e non più di sottoposti” concludendo che “Purtroppo, la bozza di correttivo stravolge tutto ciò, ripristinando perfettamente la situazione cristallizzata nel vecchio Codice”.

CNA Impianti - La confederazione nazionale dell’artigianato e della piccola e media impresa interviene sull’argomento con Guido Pesaro, Responsabile Nazionale di CNA Installazione Impianti che ha affermato “Se siamo d’accordo nel rivedere i meccanismi della qualificazione SOA attualmente troppo penalizzanti per le imprese appaiono assolutamente non condivisibili le modifiche proposte all’istituto del subappalto con l’eliminazione del tetto del 30% e la reintroduzione della categoria prevalente”. “Ma quello che più preoccupa e che riteniamo incomprensibile - sottolinea il responsabile degli impiantisti CNA - è la brusca ed immotivata marcia indietro innestata dal Governo; lo stesso Governo, o quasi, e lo stesso Ministro che  avevano licenziato non più tardi di un anno fa un testo nel quale era chiaramente specificato, all’art. 105, che il subappalto non avrebbe potuto superare il 30% dell’importo complessivo dell’appalto. Come giustificare un simile dietro-front?”.

Finco - La Federazione industrie prodotti impianti servizi ed opere specialistiche per le costruzioni è intervenuta sulla norma del correttivo che modifica il subappalto nella categoria prevalente precisando che “È grave il restringimento della base su cui calcolare la percentuale massima del subappalto alla sola categoria prevalente ed è grave che nelle lavorazioni superspecialistiche le peculiarità che devono dimostrare le imprese vengano spostate dalla esecuzione alla qualificazione. Con riferimento a quest'ultimo punto, è ben evidente che le caratteristiche di particolare specialità debbano essere dimostrate sia nel momento della qualificazione che in quello dell'esecuzione, ma la modifica proposta fa intravedere il pericolo, non irreale, che si voglia conservare la forma della qualificazione senza dare sostanza alla esecuzione consentendo a chiunque di eseguire le opere”.

Unicmi - L’unione nazionale delle industrie delle costruzioni metalliche dell’involucro e dei serramenti ha untato il dito contro le modifiche introdotte dal correttivo all’articolo 177 del nuovo Codice dei contratti ovvero sulla questione dell’esclusione delle manutenzioni ordinarie dal limite del 20% massimo di lavori da tenere in house nel perimetro delle concessioni. In una lettera inviata al MIT sono state evidenziate le ambiguità che risiedono nella posizione sindacale di esclusiva difesa degli interessi dei lavoratori dipendenti dei concessionari ignorando le conseguenze che l’in house produrrebbe non tanto ai bilanci delle imprese specialistiche di settore (argomento che spesso il sindacato tende a non ritenere rilevante) quanto ai livelli occupazionali delle imprese stesse. Ma soprattutto è stata occasione per ribadire la convinzione di UNICMI che, dal momento che i soggetti concessionari menzionati all’art. 177 comma 1, hanno ottenuto la concessione senza aver vinto una gara, gli stessi, al fine di evitare una elusione delle norme europee in materia di procedura di affidamento dei contratti e delle concessioni pubbliche, dovrebbero avere l’obbligo di affidare all’esterno, attraverso una procedura di gara ad evidenza pubblica, non già solo l’80%, bensì il 100% dei contratti di lavori, servizi e forniture, senza neanche il limite dei 150.000 euro. Inoltre Unicmi ritiene necessario fare chiarezza sulla definizione di manutenzioni ordinarie e reputa che il testo di legge avrebbe dovuto e debba farsi carico di definire in maniera insindacabile il campo entro il quale si individuano gli interventi ammissibili in questa categoria, restringendo l’elenco ai soli interventi che non necessitano di investimenti da parte dei concessionari (compresi quelli determinati dalla concessione stessa), bensì rientrino in una programmata attività manutentiva gestibile da magazzino. Tutto ciò, sia per ovvie ragioni di tutela del comparto industriale rappresentato da Unicmi, ma anche per l’affermazione di gestioni trasparenti e tracciabili dei lavori assegnati ed eseguiti, a beneficio del paese, della qualità dei processi edilizi e degli utenti che utilizzano le infrastrutture date in concessione.

A cura di Redazione LavoriPubblici.it

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