Deroghe agli standard urbanistici: Incostituzionalità della legge n. 4 della regione Veneto

Come avevamo anticipato in una notizia di qualche giorno addietro (leggi news) il Governo nella seduta del 18/5/2015 aveva impugnato l’articolo 8, comma 1 le...

03/03/2017

Come avevamo anticipato in una notizia di qualche giorno addietro (leggi news) il Governo nella seduta del 18/5/2015 aveva impugnato l’articolo 8, comma 1 lettera a) della legge regionale del Veneto 16 marzo 2015, n. 4 recante “Modifiche di leggi regionali e disposizioni in materia di governo del territorio e di aree naturali protette regionali”; il citato articolo 8 rubricato “Disposizioni attuative dell'articolo 2 bis del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 "Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia" demandava allo strumento urbanistico generale la fissazione dei limiti di densità, altezza e distanza tra fabbricati, in deroga a quelli stabiliti dall’ordinamento statale nei casi di cui all'articolo 17, comma 3, lettere a) e b), della legge regionale 23 aprile 2004, n. 11 "Norme per il governo del territorio e in materia di paesaggio", con riferimento ai limiti di distanza da rispettarsi all'interno degli ambiti dei piani urbanistici attuativi (PUA) e degli ambiti degli interventi disciplinati puntualmente.

La Corte Costituzionale con la Sentenza n. 41 del 24 febbraio 2017 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del citato art. 8, comma 1, lettera a), limitatamente al riferimento alla lettera «b)» dell’art. 17, comma 3, della legge regionale n. 11 del 2004 e alle parole “e degli ambiti degli interventi disciplinati puntualmente”.

Nell’ambito del procedimento per la Regione Veneto la questione avrebbe dovuto essere dichiarata infondata in quanto la disposizione regionale impugnata avrebbe garantito garantito un ordinato assetto del territorio e non avrebbe regolamento puntuali ipotesi di distanze tra edifici isolati.

Nella sentenza la Corte precisa che alle Regioni è consentito fissare limiti in deroga alle distanze minime stabilite nelle normative statali, solo a condizione che la deroga sia giustificata dall’esigenza di soddisfare interessi pubblici legati al governo del territorio. Da un lato, dunque, non può essere del tutto esclusa una competenza legislativa regionale relativa alle distanze tra gli edifici, dall’altro essa, interferendo con l’ordinamento civile, è rigorosamente circoscritta dal suo scopo.

La deroga alla disciplina delle distanze realizzata dagli strumenti urbanistici deve, in conclusione, ritenersi legittima sempre che faccia riferimento ad una pluralità di fabbricati (“gruppi di edifici”) e sia fondata su previsioni planovolumetriche che evidenzino, cioè, una capacità progettuale tale da definire i rapporti spazio-dimensionali e architettonici delle varie costruzioni considerate come fossero un edificio unitario.

Una tale conclusione non può essere estesa al riferimento che la norma censurata fa agli “interventi disciplinati puntualmente”, corrispondente alla lettera b) del comma 3, dell’art. 17, della legge regionale n. 11 del 2004. L’espressione utilizzata, infatti, appare in contrasto con lo stringente contenuto che dovrebbe assumere una previsione siffatta, destinata a legittimare deroghe al di fuori di una adeguata pianificazione urbanistica.

Limitatamente ai suddetti interventi, la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della norma censurata, perché legittima deroghe alla disciplina delle distanze tra fabbricati al di fuori dell’ambito della competenza regionale concorrente in materia di governo del territorio, in violazione del limite dell’ordinamento civile assegnato alla competenza legislativa esclusiva dello Stato.

A cura di Redazione LavoriPubblici.it

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