Cantone (ANAC): No ai paladini dell’antimafia per fini personali

Mentre in Senato si è discusso il nuovo codice Antimafia, nel testo proposto dalla Commissione Giustizia (mentre scriviamo l'articolo sono in atto le dichiar...

06/07/2017

Mentre in Senato si è discusso il nuovo codice Antimafia, nel testo proposto dalla Commissione Giustizia (mentre scriviamo l'articolo sono in atto le dichiarazioni di voto sul ddl), a Palermo durante la lectio sulle “misure di commissariamento anticorruzione nei confronti delle imprese”, rivolta agli amministratori giudiziari iscritti al Corso di Formazione curato da Giovanni Fiandaca e Costantino Visconti, il Presidente dell'Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) Raffaele Cantone ha "sollecitato" apertamente il Parlamento affinché si possa fare un passo indietro e approfondire alcuni temi trascurati.

"Io pongo dei problemi da risolvere e ho grande rispetto per il Parlamento - ha affermato il Presidente Cantone - non voglio interferire, né rivendico di dire verità assolute" e riferendosi alla relazione annuale dell'Anac ha anticipato "ci sono piccoli segnali positivi, ma le difficoltà sono tante e i tempi lunghi".

E’ quanto detto da Raffaele Cantone, presente a Palermo, in cattedra, nell'Aula Falcone del Dipartimento di scienze politiche dell'Università di Palermo. Dove ha tenuto una lectio sulle “misure di commissariamento anticorruzione nei confronti delle imprese”, rivolta agli amministratori giudiziari iscritti al Corso di Formazione curato da Giovanni Fiandaca e Costantino Visconti.

In mattinata, alla facoltà di scienze politiche della Università di Palermo, sul Codice Antimafia Cantone ha precisato che "Rivedere il codice antimafia è stato necessario, per rafforzare i criteri per il sequestro dei beni, soprattutto per una gestione più efficiente dello Stato, abbattendo quei “totem” che ne impediscono le vendite, nel timore che i boss possano riacquistarli".

Oltre che verso i responsabili del destino dei beni sequestrati, Cantone ha anche bacchettato i cosiddetti “paladini dell'Antimafia”. "Paladini - ha detto - che usano il brand dell’antimafia per fini personali". Riferendosi probabilmente ai numerosi casi di corruzione e di inchieste della magistratura che riguardano “il caso Sicilia” con alla sbarra magistrati, rappresentanti politici e associazioni contro Cosanostra. Per Cantone si tratta di "Paladini che fanno gravi danni alla vera Antimafia, quella sociale".

A lezione, Cantone, ha anche contestato duramente l'estensione della normativa antimafia anche alla corruzione, specie per quanto riguarda le fasi di sequestro preventivo dei beni. Perplessità, per una riforma vista "dannosa" dai magistrati e penalisti, che il 18 di luglio saranno in sciopero, e da giuristi come Fiandaca e Cassese, a sostegno che "Il legislatore abbia scelto di normalizzare l'emergenza, ma con certi automatismi che producono assurdità".

"Ci sono sempre state - ha affermato Cantone - perplessità sull'impianto delle norme antimafia, superate valutando gravità ed eccezionalità. Ma le misure di prevenzione, invece, servono a combatterlo, anche per la particolare tipologia dell'accumulo dei patrimoni da parte dei boss; strumenti che, però, non possono essere esportati tout court nel terreno della corruzione, che per sua natura ha caratteristiche preventive e anche sociologi-camente criminose diverse".

"È pure vero - afferma il Presidente Anac - che le mafie spesso utilizzano la corruzione per infiltrarsi negli apparati pubblici e per questi casi non c'è bisogno di nuove norme, perché basta non eludere le misure di prevenzione in atto. L’applicazione del sequestro preventivo ai casi di corruzione non di stampo mafioso, invece - secondo Cantone - può provocare un vulnus legisativo nei principi costituzionali, che espone a censure".

"E poi – continua Cantone - è già possibile intervenire con la confisca preventiva dei beni per corruzione, nei casi in cui è riscontrato che si tratta di una condotta abituale, come quella del processo della "Cricca degli appalti”, dove nel 2014 furono sequestrati beni per 13 milioni di euro, prima della condanna definitiva dell'anno scorso, e poi con la confisca definitiva delle proprietà per 9 milioni di euro".

Mentre Franco Roberti, Procuratore nazionale Antimafia, parla di un "testo equilibrato se viene riscontrata una effettiva e conclamata partecipazione a una associazione a delinquere", Cantone dice no: "Questa di Roberti è una “prova provata”, cioè basata su dubbi, e per portare l’estensione della norma anche ai reati contro la Pa; la proposta di Roberti ha un senso, ma non è sufficiente, parliamo di indizi, di sospetti, e non di prove sulla consumazione del delitto. Paradossalmente l’essere sospetti di corruzione ci impedirebbe l'azione delle misure preventive verso chi invece è abitualmente corrotto pur non facendo parte di una associazione mafiosa".

In ultima analisi queste le tre tesi che stanno animando il dibattito sul Nuovo Codice Anticorruzione:

  • PREVENZIONE ECCESSIVA: Il nuovo Codice antimafia prevede misure preventive patrimoniali anche verso i semplici indiziati di avere contatti con mafiosi
  • SEQUESTRI AI CORROTTI: Le misure di sequestro di beni e confisca vengono estesi ai condannati, ma solo nei casi di reati di corruzione e non per mafia
  • MISURE VERSO GLI INDIZIATI: Le misure preventive sarebbero estese anche agli indiziati per truffa aggravata contro la Pubblica Amministrazione

Secondo il presidente Anac, Raffaele Cantone, quindi, "C’è molta perplessità riguardo l'estensione della normativa “antimafia” anche alla “corruzione”; perché si tratta di due istituti diversi, col rischio di snaturare un Istituto come l’Anac, volto alla prevenzione della corruzione nelle PA, e che ha per suo oggetto principale impedire l’infiltrazione mafiosa negli appalti pubblici; e credo inopportuno estendere ai sospettati di corruzione lo stesso trattamento riservato agli appartenenti alle organizzazioni mafiose: ma ovviamente toccherà al parlamento, quando il testo tornerà alla Camera, fare le sue valutazioni".

A cura di Salvo Sbacchis

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