DLGS n. 50/2016: Procedura d’infrazione sul “decreto correttivo”

Piove sul bagnato. Non bastavano un avviso di rettifica di ben 8 pagine in cui erano inserite circa 170 correzioni (su un testo composto da 220 articoli) che...

17/07/2017

Piove sul bagnato. Non bastavano un avviso di rettifica di ben 8 pagine in cui erano inserite circa 170 correzioni (su un testo composto da 220 articoli) che modificano circa 100 articoli pari al 44% dell'articolato ed un decreto correttivo composto da 131 articoli in cui sono riportate quasi 450 modifiche a circa 130 articoli del Codice. Arriva adesso una nuova procedura d'infrazione della Commissione europea relativa alla modifica del Codice dei contratti introdotta ad aprile, che porta a 45 giorni l'emissione dei certificati di pagamento, quando le norme Ue prevedono i pagamenti a 30 giorni o eccezionalmente a 60; si tratta del comma 1 del nuovo articolo 113-bis inserito dall’articolo 77 comma 1 del d.lgs. 19 aprile 2017, n. 56 (cosiddetto “decreto correttivo”) il cui testo è il seguente “Il termine per l’emissione dei certificati di pagamento relativi agli acconti del corrispettivo di appalto non può superare i quarantacinque giorni decorrenti dall’adozione di ogni stato di avanzamento dei lavori”.
La Commissione Ue, ha annunciato un suo portavoce, ha quindi deciso di inviare una lettera di messa in mora all'Italia riguardo  il nuovo articolo 113-bis del Codice. L'Italia ha ora due mesi per fornire chiarimenti, altrimenti la procedura proseguirà.

Secondo il commissario europeo al mercato interno, industria, imprenditoria e pmi, Elzbieta Bienkowska, la disposizione sembra “estendere sistematicamente a 45 giorni il termine per il pagamento delle fatture nei lavori pubblici” e appare contraria alla direttiva 2011/7/Ue sui ritardi dei pagamenti che richiede alle autorità pubbliche di pagare per i beni e servizi entro 30 giorni o, in casi eccezionali, entro 60 giorni.

Il nuovo caso si aggiunge all'infrazione sui ritardi dei pagamenti, aperta nel 2014, e che è stata riportata sotto la lente lo scorso febbraio scorso quando la Commissione ha contestato la prassi della pubblica amministrazione di pagare i propri fornitori privati con tempi di pagamenti medi ben superiori rispetto al limite di 30/60 giorni fissato dalla direttiva. La lettera inviata ieri, invece, apre un altro fronte di possibile contenzioso in quanto sembra che il termine di 45 giorni inserito dal correttivo al Codice appalti esteso in tutti i casi sembra incompatibile con il diritto comunitario; dalla lettura del citato comma 1 dell'art. 113-bis la nuova norma finisce per istituzionalizzare una sorta di periodo di stand by di 45 giorni prima che le fatture dei lavori pubblici possano essere inviate al pagamento. Tutto questo disattendendo la direttiva 2011/7/Ue secondo cui i 30 o 60 giorni decorrono dal momento in cui la pubblica amministrazione riceve le fatture o, laddove applicabile, dal completamento della procedura di verifica della corretta fornitura dei servizi.

Non comprendiamo come si sia potuto un errore così madornale quando già nel 2013 con la legge europea 2013-bis erano stati chiariti alcuni dubbi interpretativi per l’applicazione della direttiva di disciplina dei ritardi nei pagamenti tra privati e fra le pubbliche amministrazioni e i privati ed era stato precisato che per quanto concerne il ritardo dei pagamenti, con i commi 1 e 2 dell’articolo 24 della legge europea 2013-bis viene espressamente detto che anche nell’ambito delle transazioni commerciali relative ai lavori pubblici devono essere applicate le norme relative alle transazioni commerciali contenute nel decreto legislativo 231/2002, così come modificato dal decreto legislativo 192/2012 che ha recepito la direttiva 2011/7/UE.

A cura di arch. Paolo Oreto

 

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