Formazione e Professione, il CNI chiede una riforma

In un contesto universitario carente, in cui si è preferito il proliferare di cattedre al miglioramento della qualità della formazione e alla sua fruizione c...

06/09/2017

In un contesto universitario carente, in cui si è preferito il proliferare di cattedre al miglioramento della qualità della formazione e alla sua fruizione concreta nel mondo del lavoro, è necessario agire con una riforma che potenzi il rapporto con il mondo professionale.

Questo, in estrema sintesi, il contenuto della lettera inviata dal Consiglio Nazionale degli Ingegneri al Ministro dell'Istruzione Valeria Fedeli, in cui dopo aver dipinto uno scoraggiante scenario per ciò che attiene l'Università che avrebbe esteso oltre misura l'offerta di corsi e specializzazioni, a scapito dell'affermazione di quella "cultura del progetto" che, per definizione, richiede conoscenze generali, attitudine a sviluppare creatività e intuizione, capacità di sintesi, collegamento e individuazione di un chiaro ordine di priorità tra le numerose variabili e i diversi interessi che un progetto è tenuto a contemperare.

Per tale motivo il CNI ha richiesto un potenziamento del rapporto tra università e professioni, con la realizzazione di profonde innovazioni e il perseguimento di nuovi obiettivi condivisi, affinché, nell'ambito dell'attività di formazione, sia universitaria, sia professionale siano pienamente soddisfatte le esigenze di trasmissione del sapere e del saper fare e di adeguata rappresentanza nelle sedi nazionali e internazionali (specificamente in quelle dove sono elaborate le norme tecniche).

A tal scopo, il CNI, già chiamato ad assumere un ruolo centrale in tema di formazione continua, intende accreditarsi definitivamente come centro di diffusione del sapere professionale e di elaborazione di proposte didattiche innovative, sviluppando programmi formativi sempre più rispondenti alle esigenze e alle aspettative della categoria professionale rappresentata.

Si aprirebbe quindi un nuovo scenario per la formazione post lauream, gestita in primis dal mondo ordinistico, che ha il duplice scopo di formare professionisti da immettere nel mondo del lavoro e offrire una più puntuale conoscenza, da parte dei committenti, delle reali competenze, con riguardo alla loro esperienza, alla formazione universitaria e post-universitaria, alla certificazione delle competenze, ecc.

Di seguito alcuni spunti di riflessione formulati dal CNI per una riforma organica della formazione:

  • eliminare l'opzione del cd. "tempo definito", ovvero prevedere un lasso temporale minimo (ad es., 5 anni) di durata del regime prescelto prima dell'eventuale cambiamento da parte dei docenti;
  • ricondurre gli spin-off universitari nell'ambito delle loro originarie funzioni, ridefinendone per legge compiti e limiti, senza che sia possibile proporre alcuna offerta di servizi professionali che risulti in concorrenza con quelli che la legge già attribuisce ai professionisti ed alle loro associazioni/società;
  • distinguere in modo chiaro e definitivo le nozioni di "ricerca" e di "atto professionale", orientando così le convenzioni universitarie su linee di indirizzo precise che non violino alcuna forma di concorrenza;
  • attribuire ai professionisti operanti nei ruoli universitari (docenti e ricercatori) mediante le stesse Università, una riserva di progetti (ad es. per opere pubbliche statali o regionali) in ambiti specifici di innovazione, da definire in un apposito tavolo di lavoro tra MIUR, MIT, CRUI e Ordini professionali, nei quali la ricerca applicata di carattere sperimentale risulti determinante, fissando al contempo una remunerazione per i docenti impegnati in tali attività entro limiti che saranno preventivamente stabiliti, allo scopo di impedire che le medesime attività professionali siano esercitate dai docenti in proprio o con società ad essi collegate;
  • coinvolgere in via formale gli studenti più meritevoli e i dottorandi di ricerca nelle predette attività di progettazione come esperienza professionale forte e significativa;
  • consentire ai professionisti operanti nei ruoli universitari sotto qualsiasi regime, nel rispetto dei loro doveri accademici relativi allo svolgimento di una qualificata attività didattica e agli ulteriori adempimenti derivanti dal contratto di lavoro, nonché del mantenimento di una corretta proporzione tra lo stipendio erogato dall'ateneo di appartenenza e il reddito professionale, di svolgere - sempre per opere di portata innovativa in ambito tecnico-scientifico - di attività di consulenza nei casi in cui questa sia giustificata da solide motivazioni, autorizzandola nei confronti di professionisti incaricati dell'esecuzione di progetti particolarmente complessi, in cui l'accesso ai laboratori universitari costituisca un'utilità per il conseguimento di un miglior risultato finale;
  • incrementare e qualificare gli incarichi di docenza a contratto di professionisti ingegneri, come strumento di contaminazione tra sapere teorico, attività didattica ed esperienza professionale;
  • precludere ai docenti universitari l'esercizio dell'attività di consulenza giudiziaria in campo civile, non essendo tale attività necessaria né utile ai fini della ricerca e della sperimentazione.

Infine, il CNI ha proposto l'istituzione di un tavolo permanente di confronto tra le università e il CNI, per affrontare il tema del rapporto tra "docenza e professione" e individuare le misure più appropriate per superare definitivamente la rigida separazione tra il mondo accademico e quello professionale, tradizionalmente composta solo attraverso l'applicazione del regime giuridico delle incompatibilità, e spesso caratterizzata, per taluni profili, anche da forme di impropria concorrenza.

A cura di Redazione LavoriPubblici.it

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