Edilizia scolastica, 86,7% degli edifici in zona a rischio sismico 1 e 2 non adeguati alla normativa antisismica

Volendo cogliere l'aspetto positivo, potremmo dire che la ricetta per rimettere in moto la macchina economica del Paese dovrebbe avere come ingrediente princ...

19/10/2017

Volendo cogliere l'aspetto positivo, potremmo dire che la ricetta per rimettere in moto la macchina economica del Paese dovrebbe avere come ingrediente principale le scuole, ovvero i luoghi dove si formano le menti e i cittadini del futuro.

Il XVIII Rapporto di Legambiente "Ecosistema Scuola sulla qualità dell'edilizia scolastica, delle strutture e dei servizi", come anche i precedenti, non lascia scampo e mostra una situazione buia che dovrebbe allarmare e spingere le più brillanti menti del Paese a trovare soluzioni immediate, almeno per rispondere almeno alle esigenze più gravi, che consentirebbero di far ripartire davvero l'edilizia e adeguare le scuole italiane che, ad oggi, mostrano carenze troppo marcate per poterle trascurare.

L'indagine di Legambiente, realizzata incrociando i dati dell'anagrafe scolastica con quelli della nuova classificazione sismica presenti nella banca dati sul sito della Protezione Civile, evidenzia che:

  • oltre il 41% delle scuole (15.055) si trovano in zona sismica 1 e 2 (cioè dove possono verificarsi terremoti, rispettivamente fortissimi e forti);
  • il 43,4% di questi edifici risalgono a prima del 1976 e cioè a prima dell’entrata in vigore della normativa antisismica;
  • solo il 12,3% delle scuole presenti in queste aree risulta progettato o adeguato alla normativa tecnica di costruzione antisismica.

Una situazione allarmante cui bisognerebbe mettere mano immediatamente per cercare di rispondere almeno alle esigenze più gravi, e che non trova nell’anagrafe uno strumento utile e adeguato.

Legambiente

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Anagrafe scolastica

L'anagrafe scolastica, di cui si parla da diversi anni, avrebbe dovuto rispondere proprio a questi interrogativi: quanti edifici, in quali condizioni, con quali necessità urgenti.

In realtà, la stessa indagine conoscitiva approvata dalla VII Commissione della Camera dei Deputati a settembre 2013 ha evidenziato come la situazione dell'edilizia scolastica in Italia sia in "divenire" e le diverse complessità strutturali hanno reso impossibile il raggiungimento di risultati tangibili in termini di numeri e programmazione.

Purtroppo, quello che doveva essere uno strumento in grado di raggiungere numeri e programmazione, si è rivelato incompleto, impreciso e di difficile interpretazione. Per fare un esempio, gli edifici scolastici in Italia risultano essere 42.408, ma il Portale Unico dei Dati della Scuola del MIUR, aggiornato all'anno scolastico 2015/2016, ne conta 50.804 di cui ben 14.711 registrati nel sistema due volte, con gli stessi dati. I dati certi quindi si riferiscono solo a 36.093 edifici, trascurando completamente quel 15% di edifici che manca all’appello (6.315 strutture).

Oltre ai "numeri", la classificazione delle zone sismiche dell'anagrafe risponda a criteri ormai superati, facendo riferimento a una normativa in voga fino al 2003 (con territorio diviso nelle tre categorie sismiche S6, S9, S12), che non coincide con l'attuale sistema di classificazione (4 zone sismiche a pericolosità decrescente).

Interventi di manutenzione urgenti

I numeri del Rapporto mostrano come il 43,8% delle scuole che hanno risposto al questionario necessita di interventi di manutenzione urgenti che aumenta nei territori del Sud (56% degli edifici che necessitano di manutenzione urgente) e nelle Isole (49,9%).
E i tanti soldi messi a disposizione per il miglioramento dell'edilizia scolastica, ben 9,5 miliardi dal 2014 non hanno contribuito efficacemente al raggiungimento dell'obiettivo, anche perché solo 4 miliardi sono stati finanziati e solo 6.157 cantieri risultano conclusi.

Incapacità di investimento

Malgrado i comuni del Sud e delle Isole abbiano maggiormente beneficiato, anche grazie a misure dedicate solo a queste aree, di fondi nazionali per l'edilizia scolastica, rimane ancora un importante divario fra la capacità di investimento e di spesa proprio degli enti locali di queste aree del Paese rispetto al resto d’Italia. La media di investimento in manutenzione straordinaria annua per singolo edificio degli ultimi 5 anni, infatti, vede una media nazionale di 20.535 euro, con una forbice che va dai 28.536 euro degli edifici del Nord Italia ai 3.397 del Sud. Un divario in capacità di investimento e programmazione che porta al permanere di un patrimonio diffuso di minore qualità nell'Italia meridionale.

A cura di Redazione LavoriPubblici.it

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