Terre e rocce da scavo: Circolare del Ministero dell’Ambiente

Il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare - Direzione Generale per i rifiuti e l’inquinamento - con la Circolare 10 novembre 2017, ...

20/11/2017

Il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare - Direzione Generale per i rifiuti e l’inquinamento - con la Circolare 10 novembre 2017, n. 0015786 (che fa seguito al DPR 13 giugno 2017, n. 120 relativo al “Regolamento recante la disciplina semplificata della gestione delle terre e rocce da scavo, ai sensi dell’articolo 8 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164”, entrato in vigore il 22 agosto 2017) ha chiarito alcuni aspetti di dubbia interpretazione in merito ai materiali di riporto.

Ricordiamo, preliminarmente, che il DPR n. 120/2017 aveva definito le condizioni in base alle quali i materiali di riporto possono essere trattati, qualora ricorrano le condizioni tecniche indicate nel citato DPR (articoli 2 e  4, allegato 10), come sottoprodotti adottando le procedure amministrative previste per le terre e rocce da scavo.

La nuova circolare ministeriale chiarisce che:

  • le terre e rocce da scavo contenenti matrici materiali di riporto nei limiti di cui all’articolo 4, comma 3, del DPR n. 120/2017, che risultino conformi al test di cessione e non risultino contaminate, possono essere gestite come sottoprodotti;
  • le terre e rocce da scavo contenenti matrici materiali di riporto non contaminate e conformi al test di cessione ai sensi dell’articolo 3, comma 2, del decreto-legge n. 2 del 2012 possono essere riutilizzate in sito in conformità a quanto previsto dall’articolo 24 del DPR n. 120/2017.
  • le terre e rocce da scavo contenenti matrici materiali di riporto contaminate e non conformi al test di cessione ai sensi del comma 3 dell’articolo 3 del decreto-legge n. 2 del 2012, in relazione ai successivi interventi normativi rappresentati dall’articolo 34, commi 9 e 10, del decreto-legge n. 133 del 2014 e dall’articolo 26 del DPR n. 120/2017 sono fonti di contaminazione e, pertanto, ai sensi dell’art. 3 commi 2 e 3 del DL 2/2012 rappresentando fonti di contaminazione devono essere alternativamente:
  1. rimosse (procedura di bonifica);  
  2. sottoposte a messa in sicurezza permanente utilizzando le migliori tecniche disponibili e a costi sostenibili che consentano di utilizzare l'area secondo la destinazione urbanistica senza rischi per la salute (tali attività vanno intraprese in tutte quelle ipotesi in cui la normativa sulle bonifiche prevede l’applicabilità della messa in sicurezza permanente);
  3. rese conformi ai limiti del test di cessione tramite operazioni di trattamento che rimuovano i contaminanti (in tali casi si prevede il “trattamento” di tali matrici, che ai sensi dell’articolo 183, comma 1, lettera s), del d.lgs. n. 152 del 2006 consiste in tutte quelle “operazioni di recupero o smaltimento, inclusa la preparazione prima del recupero o dello smaltimento”).

In estrema sintesi nel caso le matrici materiali di riporto rispettino la conformità alle concentrazioni soglia di contaminazione/valori di fondo, e pertanto non risultino essere contaminate, è sempre consentito il riutilizzo in situ.

Nel caso in cui nelle matrici materiali di riporto sia presente una fonte di contaminazione è necessario procedere alla eliminazione di tale fonte di contaminazione e non dell’intera matrice materiale di riporto prima di poter riutilizzare in situ il materiale di riporto stesso.

In allegato la Circolare Ministero ambiente n. 0015786 del 10 novembre 2017.

A cura di Redazione LavoriPubblici.it

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