Soccorso istruttorio, dalla Corte di giustizia UE i limiti di ammissibilità

Il soccorso istruttorio non può essere utilizzato per sanare una mancanza che porterebbe all'esclusione dalla gara, né apportare modifiche all'offerta che fi...

09/03/2018

Il soccorso istruttorio non può essere utilizzato per sanare una mancanza che porterebbe all'esclusione dalla gara, né apportare modifiche all'offerta che finirebbe per equivalere alla presentazione di una nuova.

I principi delle direttive comunitarie sugli appalti, infatti, non ostano agli Stati membri di prevedere un meccanismo di soccorso istruttorio grazie al quale l’amministrazione aggiudicatrice può invitare l’offerente la cui offerta sia viziata da irregolarità essenziali, a regolarizzare la propria offerta previo pagamento di una sanzione pecuniaria, purché l’importo di tale sanzione rimanga conforme al principio di proporzionalità, circostanza questa che spetta al giudice del rinvio verificare. Di contro, però, il soccorso istruttorio non può essere utilizzato per porre rimedio ad una mancanza che deve portare alla esclusione dalla gara o per eliminare le irregolarità che inficiano la sua offerta in modo che le correzioni o modifiche apportate finirebbero con l’equivalere alla presentazione di una nuova offerta.

Lo ha affermato la Corte di Giustizia Europea con la sentenza 28 febbraio 2018 che ha risposto ad due cause riunite (C 523/16 e C 536/16) in merito ai limiti di ammissibilità del soccorso istruttorio che nel nostro ordinamento è stato previsto prima dal D.Lgs. n. 163/2006 (art. 38, comma 2-bis) e adesso dal D.Lgs. n. 50/2016 (art. 83). Con il vecchio codice degli appalti era previsto un "soccorso a pagamento", non più contemplato dal Codice dei contratti pubblici di cui al D.lgs. n. 50/2016.

La Corte Europea, dopo un incipit sul diritto comunitario, è entrata nel merito del recepimento dello Stato italiano rilevando prima quanto previsto dall'art. 38, comma 2 bis e dall'art. 46 del D.Lgs. n. 163/2006 nei limiti previsti dagli articoli da 38 a 45, le stazioni appaltanti invitano, se necessario, i concorrenti a completare o a fornire chiarimenti in ordine al contenuto dei certificati, documenti e dichiarazioni presentati.

In riferimento alle due cause oggetto della sentenza, la Corte UE ha ammesso che l’amministrazione aggiudicatrice può invitare un offerente a chiarire un’offerta o a rettificare un errore materiale manifesto contenuto in quest’ultima, a patto di rispettare determinati requisiti e, in particolare, che un tale invito sia rivolto a qualsiasi offerente che si trovi nella stessa situazione, che tutti gli offerenti siano trattati in modo uguale e leale e che tale chiarimento o tale rettifica non possa essere assimilato alla presentazione di una nuova offerta.

Sulle questioni pregiudiziali delle due cause, il giudice del rinvio ha chiesto se il diritto dell’Unione debba essere interpretato nel senso che osta a una normativa nazionale che istituisce un meccanismo di soccorso istruttorio a norma del quale l’amministrazione aggiudicatrice può, nel contesto di una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico, invitare l’offerente la cui offerta sia viziata da irregolarità essenziali ai sensi di detta normativa a regolarizzare la propria offerta, previo pagamento una sanzione pecuniaria il cui elevato importo, predeterminato dall’amministrazione aggiudicatrice e garantito dalla cauzione provvisoria, non può essere graduato a seconda della gravità dell’irregolarità cui si pone rimedio.

La Corte ha affermato che una richiesta di chiarimenti non può ovviare alla mancanza di un documento o di un’informazione la cui comunicazione fosse richiesta dai documenti dell’appalto, dovendo l’amministrazione aggiudicatrice osservare rigorosamente i criteri da essa stessa fissati. Una siffatta richiesta non può infatti condurre alla presentazione, da parte dell’offerente interessato, di quella che in realtà sarebbe una nuova offerta.

Conformemente al principio di proporzionalità, che costituisce un principio generale del diritto dell’Unione, le misure adottate dagli Stati membri non devono andare al di là di quanto è necessario per raggiungere tale obiettivo. Spetta al giudice del rinvio, il solo competente ad accertare e valutare i fatti delle controversie principali, esaminare se, tenuto conto delle circostanze, le regolarizzazioni richieste dalle amministrazioni aggiudicatrici riguardassero la comunicazione di documenti la cui mancanza doveva comportare l’esclusione degli offerenti o se, al contrario, costituissero con tutta evidenza semplici richieste di chiarimenti in merito a offerte che dovevano essere corrette o completate su singoli punti o essere oggetto di una correzione di errori materiali manifesti.

Ciò premesso, secondo la Corte UE il meccanismo del soccorso istruttorio previsto all’articolo 38, comma 2 bis, del codice dei contratti pubblici non può trovare applicazione nell’ipotesi in cui l’offerta presentata non possa essere regolarizzata o chiarita e che pertanto nessuna sanzione può essere inflitta all’offerente in un caso del genere.

In riferimento al "soccorso a pagamento", secondo i giudici europei l’applicazione di una sanzione pecuniaria costituisce certamente un mezzo appropriato per conseguire gli obiettivi legittimi perseguiti dallo Stato membro, consistenti, da un lato, nel responsabilizzare gli offerenti in sede di predisposizione delle loro offerte e, dall’altro, nel compensare l’onere finanziario che qualsiasi regolarizzazione può rappresentare per l’amministrazione aggiudicatrice. Tuttavia importi di sanzioni eccessivamente elevati (come nelle due cause) appaiono di per sé manifestamente esorbitanti, tenuto conto dei limiti entro i quali devono mantenersi sia la regolarizzazione di un’offerta sia il chiarimento di un’offerta. È quanto avviene, in particolare, nel caso di una sanzione, come quella inflitta dall’amministrazione aggiudicatrice nella causa C-523/16, che appare manifestamente eccessiva rispetto ai fatti censurati, vale a dire l’omessa firma di una dichiarazione di impegno recante la designazione della società capogruppo del raggruppamento offerente.

Alla luce delle suesposte considerazioni, ne segue:

  • il diritto dell’Unione, in particolare l’articolo 51 della direttiva 2004/18, i principi relativi all’aggiudicazione degli appalti pubblici, tra i quali figurano i principi di parità di trattamento e di trasparenza di cui all’articolo 10 della direttiva 2004/17 e all’articolo 2 della direttiva 2004/18, nonché il principio di proporzionalità devono essere interpretati nel senso che non ostano, in linea di principio, a una normativa nazionale che istituisce un meccanismo di soccorso istruttorio in forza del quale l’amministrazione aggiudicatrice può, nel contesto di una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico, invitare l’offerente la cui offerta sia viziata da irregolarità essenziali ai sensi di detta normativa a regolarizzare la propria offerta previo pagamento di una sanzione pecuniaria, purché l’importo di tale sanzione rimanga conforme al principio di proporzionalità, circostanza questa che spetta al giudice del rinvio verificare;
  • queste stesse disposizioni e questi stessi principi devono essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale che istituisce un meccanismo di soccorso istruttorio in forza del quale l’amministrazione aggiudicatrice può imporre all’offerente, dietro pagamento da parte di quest’ultimo di una sanzione pecuniaria, di porre rimedio alla mancanza di un documento che, secondo le espresse disposizioni dei documenti dell’appalto, deve portare alla sua esclusione, o di eliminare le irregolarità che inficiano la sua offerta in modo tale che le correzioni o modifiche apportate finirebbero con l’equivalere alla presentazione di una nuova offerta.

A cura di Redazione LavoriPubblici.it

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