Blocco Bando Periferie: Per il CNAPPC sconcertante con superficialità ed improvvisazione

Il Senato, in sede di conversione del decreto cosiddetto “decreto milleproroghe”,  ha approvato lunedì 6 agosto un emendamento 13.2 con cui all’aticolo 13 vi...

20/08/2018

Il Senato, in sede di conversione del decreto cosiddetto “decreto milleproroghe”,  ha approvato lunedì 6 agosto un emendamento 13.2 con cui all’aticolo 13 viene inserito il comma 01-bis il cui testo è il seguente: “L'efficacia delle convenzioni concluse sulla base di quanto disposto ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017, nonché delle delibere del CIPE n. 2 del 3 marzo 2017 e n. 72 del 7 agosto 2017, adottate ai sensi dell'articolo 1, comma 141, della legge n. 232 del 2016, è differita all'anno 2020. Conseguentemente, le amministrazioni competenti provvedono, ferma rimanendo la dotazione complessiva loro assegnata, a rimodulare i relativi impegni di spesa e i connessi pagamenti a valere sul Fondo sviluppo e coesione”, con cui, in pratica, è disposto che l'efficacia delle 96 convenzioni firmate nella seconda tranche  sia “differita all'anno 2020”. I progetti della prima tranche erano già stati presentati a Palazzo Chigi, e gli altri 96 avevano la scadenza dell'8 giugno per la presentazione (quasi tutti sono stati presentati, alcuni hanno chiesto e ottenuto proroghe). La norma approvata dispone che i Comuni debbano “rimodulare gli impegni di spesa e i connessi pagamenti”. Se tale emendamento dovesse essere approvato anche dalla Camera dei Deputati Tutto slitterebbe, di due anni perché con il citato emendamento al decreto “Milleproroghe” il Senato ha, infatti, bloccato 3,8 miliardi di euro attivati dal “Piano periferie”.

Sul problema è, recentemente intervenuto il Consiglio Nazionale degli Architetti PPC che ha diffuso un comunicato stampa in cui si definisce l’iniziativa “sconcertante” aggiungendo, anche, come “testimonia e conferma la superficialità e l’improvvisazione con cui vengono affrontati dai decisori politici, a 360 gradi, temi di rilevanza strategica per il futuro del Paese”.

L’approvazione dell’emendamento 13.2 al ddl n. 717, che comporta il congelamento dei fondi del bando per le periferie fino al 2020 per 96 tra città e aree metropolitane, testimonia e conferma la superficialità e improvvisazione con cui vengono affrontati dai decisori politici, a 360 gradi, temi di rilevanza strategica per il futuro del Paese.

Anche se più volte abbiamo criticato il piano periferie, in quanto privo di organicità rispetto ad un programma di interventi strutturali indispensabili per competere a livello internazionale con le città in grado di offrire qualità della vita e lavoro e quindi di attrarre investitori, l’emendamento votato nel decreto Milleproroghe è a dir poco sconcertante, in quanto azzera a posteriori, con effetti devastanti risorse anche di cofinanziamento ed impegni già assunti”.

Così Giuseppe Cappochin, Presidente del Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori

 “Letteralmente ridicole appaiono - continua - le giustificazioni delle opposizioni tutte, che dopo aver contribuito con il loro voto favorevole all’unanime approvazione dell’emendamento ( 270 su 270) lo criticano a posteriori, ammettendo candidamente di essersi sbagliati, in quanto tratti in inganno da un testo “involuto”e “truffaldino”, oppure “per non aver capito cosa stavano votando”. Al contrario la sua formulazione è chiarissima e non lascia alcun dubbio interpretativo dove afferma “l’efficacia delle convenzioni concluse sulla base di quanto disposto ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017 adottate ai sensi dell’art. 1, comma 141 della legge n. 232 del 2016, è differita al 2020”.

 “E’ grave poi, che nel contratto di Governo neanche un paragrafo sia dedicato al tema vitale del futuro delle città, in generale, e delle periferie, in particolare, come pure la mancanza di una organica agenda urbana nazionale incentrata su principi chiari, unitari, olistici in grado di indirizzare e promuovere modalità di intervento strutturale non straordinarie.

Al contrario le politiche di rigenerazione urbana in Italia continuano ad essere gravate da eccessivi pesi di natura procedurale, da conflitti di competenze e di attribuzioni tra diversi livelli di amministrazione e da diversi comparti dello Stato, da disposizioni che rendono gli interventi sulla città tendenzialmente episodici, non inseriti in una cornice normativa e di principi omogenea e di facile utilizzo e, soprattutto, nella gran parte dei casi, senza un impianto di visione strategica su tutto l’organismo urbano”.

 “In Italia, come testimoniato anche dal piano periferie, si prediligono programmi isolati, non coordinati e soprattutto caratterizzati da finanziamenti straordinari, saltuari ed episodici elargiti a pioggia in mille rivoli, anziché strutturali e ancorati a precisi obiettivi di rigenerazione. Questa condizione pesa assai negativamente sulla competitività internazionale delle nostre città e territori, motori della crescita e dello sviluppo economico e, spesso porta, come in questo caso, a una dispersione delle poche risorse impegnate, a causa di lungaggini burocratiche, caos normativi, contraddittorietà dei riferimenti legislativi”.

 “In coerenza con le linee di intervento dell’Agenda Urbana Europea - sottolinea ancora Cappochin - la rigenerazione urbana deve, al contrario, essere assunta come parte integrante di una politica ordinaria per la città e quindi come un capitolo significativo dell’Agenda Urbana Nazionale. Al nostro recente Congresso Nazionale i 3000 delegati hanno sottolineato con forza l’esigenza strategica di “ costruire sul costruito” e di trasformare le periferie degradate in porzioni di città policentrica mediante l’elaborazione di un “Piano d’Azione Nazionale per le città sostenibili” accompagnato a un programma decennale di finanziamento strutturale per la progettazione ed attuazione di interventi che, in forma coerente ed integrata, siano finalizzati ad accrescere la resilienza urbana e territoriale, a tutelare l’ambiente e il paesaggio, a favorire la coesione sociale e a migliorare la qualità abitativa. Un programma che anziché disperdere risorse in mille rivoli, le concentri in progetti urbani integrati, esemplari in termini di eccellenza ambientale, riproducibili in diversi contesti. Un messaggio forte quello lanciato dal Congresso che testimonia l’importanza della funzione che gli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori italiani possono assumere in momenti di significativa svolta per il Paese”.

 “Dopo aver trascurato per anni la dimensione umana adesso - conclude - all’inizio del XXI secolo cresce l’urgenza di riportare al centro del progetto di rigenerazione urbana, le persone, per le quali il desiderio generale primario è rappresentato dall’obiettivo di vivere in città sicure, sostenibili e sane”.

A cura di Redazione LavoriPubblici.it

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