Tassi d’interesse: Gli indici di riferimento restano ancora ai minimi

Dai massimi di luglio 2011 (1,60%), il tasso Euribor (3 mesi) ha iniziato una parabola discendente che lo ha portato a quota 0,19% a dicembre 2012, per attes...

11/02/2019

Dai massimi di luglio 2011 (1,60%), il tasso Euribor (3 mesi) ha iniziato una parabola discendente che lo ha portato a quota 0,19% a dicembre 2012, per attestarsi poco sopra 0,20% per tutto il 2013 e il 2014, salvo andare sottozero da maggio 2015. La prima quotazione media mensile dell’anno (gennaio 2019) -0,31%, è in linea con quanto rilevato per tutto il 2017 e inizio 2018, inferiore di soli 2 centesimi. Dopo aver mantenuto una media intorno al 3,4% nel 2011, l’Eurirs (25 anni) è sceso a giugno 2012 a quota 2,13% ed è tornato a crescere fino a 2,75% a settembre 2013. Da allora ha iniziato la fase discendente che lo ha portato a 0,82% ad aprile 2015 per poi riprendere quota a 1,12% a febbraio e marzo 2016, toccare il nuovo minimo ad agosto 2016 con 0,76% e risalire a 1,64% a febbraio 2018.

Dalla prima rilevazione del 2019 e da come si stanno comportando gli indici di riferimento in questi primi giorni di Febbraio sembrano dunque per il momento congelate le variabili “spread BTPvsBUND” e “termine del QE” annunciato dalla BCE negli scorsi mesi.

Istat

Stando alle dinamiche dei tassi di gennaio 2019, si è calcolato l’importo della rata mensile di un mutuo ipotecario del valore di 110.000 euro per una durata di 25 anni, ipotizzando che l’immobile valga 160.000 € e che lo spread medio di mercato si attesti a 1,30% sia per il tasso fisso che per il tasso variabile. Con un mutuo a tasso fisso sosterremmo una rata di 502 euro, circa 88 euro in più rispetto a quanto dovremmo sostenere se scegliessimo un mutuo a tasso variabile, in quanto la sua rata ammonta a 414 euro.

Optando per un mutuo a tasso fisso, alle attuali condizioni di mercato, se si considera un finanziamento con un orizzonte temporale di 20 anni, ogni 100.000 euro finanziati si ha un maggior esborso economico di circa 82 euro: ciò significa che se oggi decidessimo di sottoscrivere un mutuo di 100.000 euro a tasso fisso per una durata di 20 anni, andremmo a spendere 984 euro in più all’anno per eliminare il rischio “rialzo dei tassi” ai quali è invece soggetto un mutuo a tasso variabile.

Questo chiaramente se i tassi rimanessero sempre agli attuali livelli, cosa che è difficilmente verificabile in un orizzonte temporale così lungo. Volendo optare per la situazione di maggior risparmio, ovvero quella del mutuo variabile, è fondamentale capire quanto il reddito del nucleo familiare sia in grado di sopportare eventuali aumenti di rata, sia in termini di capacità di rimborso sia in termini di sostenibilità del tenore di vita che si è abituati ad avere.

Istat

A cura dell’Ufficio Studi Gruppo Tecnocasa

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