Tutela immobili interesse storico: Applicazione delle norme sull'abbattimento delle barriere architettoniche

Negli edifici privati le barriere architettoniche siano eliminate indipendentemente dalla effettiva utilizzazione degli edifici stessi da parte di disabili

22/01/2020

Il Consiglio di Stato, con la sentenza 14 gennaio 2019, n. 355, conferma la sentenza 18 ottobre 2017, n. 4824 ricordando che la speciale disciplina di favore contenuta nella Legge 9 gennaio 1989, n. 13 si applica anche a beneficio di persone anziane le quali, pur non essendo portatrici di disabilità vere e proprie, soffrano comunque di disagi fisici e di difficoltà motorie (Cass. civ., sez. II, 28 marzo 2017, n. 7938).

La legge n. 13/1989, infatti, in base ad un’interpretazione costituzionalmente orientata, esprime il principio secondo il quale i problemi delle persone affette da una qualche specie invalidità devono essere assunti dall’intera collettività, e in tal senso ha imposto in via generale che nella costruzione di edifici privati e nella ristrutturazione di quelli preesistenti, le barriere architettoniche siano eliminate indipendentemente dalla effettiva utilizzazione degli edifici stessi da parte di persone disabili, trattandosi comunque di garantire diritti fondamentali e non già di accordare diritti personali ed intrasmissibili a titolo di concessione alla persona disabile in quanto tale.

In conseguenza di ciò, per le disposizioni contenute nella citata Legge n. 13/1989 si impone “un’interpretazione estensiva, nel senso appena visto” (Consiglio di Stato, sez. VI, 18 ottobre 2017, n. 4824).

Nella sentenza, poi, è precisato che secondo l’art. 4 della legge n. 13/1989, gli interventi volti ad eliminare le barriere architettoniche, ovvero quelli volti a migliorare le condizioni di vita delle persone svantaggiate nel senso descritto, si possono effettuare anche su beni sottoposti a vincolo come beni culturali, e la relativa autorizzazione, come previsto dal comma 4 di tale articolo, “può essere negata solo ove non sia possibile realizzare le opere senza serio pregiudizio del bene tutelato”, precisandosi quindi al comma 5 che “il diniego deve essere motivato con la specificazione della natura e della serietà del pregiudizio, della sua rilevanza in rapporto al complesso in cui l’opera si colloca e con riferimento a tutte le alternative eventualmente prospettate dall'interessato” ed al comma 2 che la mancata pronuncia nel i 90 giorni equivale ad assenso.

A cura di Redazione LavoriPubblici.it

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