Codice dei contratti e Decreto Semplificazioni: la deroga alle procedure non può essere obbligatoria

Il punto di vista di Luigi Oliveri sull'obbligatorietà delle deroghe al Codice dei contratti previste dal Decreto Semplificazioni

di Luigi Oliveri - 09/11/2020

Dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76 (c.d. Decreto Semplificazioni), convertito poi dalla legge 11 settembre 2020, n. 120, incessante è stato il dibattito tra gli operatori del settore circa l'obbligatorietà delle deroghe che la nuova norma prevede per le procedure di aggiudicazione previste dal D.Lgs. n. 50/2016 (c.d. Codice dei contratti).

Codice dei contratti e Decreto Semplificazioni: deroghe obbligatorie o no?

L'argomento è stato anche trattato direttamente dal supporto giuridico del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti con diverse risposte tra le quali una che riguardava proprio l'obbligatorietà delle deroghe alle procedure di aggiudicazione.

Il tema è anche stato trattato da Luigi Oliveri all'interno del suo Blog luigioliveri.blogspot.com, in cui fornisce alcuni chiarimenti utili a far luce sull'argomento e che riportiamo integralmente di seguito.

Codice dei contratti e deroghe: il punto di vista di Luigi Oliveri

Le argomentazioni esposte da Roberto Mangani nell’articolo pubblicato su NT plus del 29.10.2020 Dl Semplificazioni, deroghe obbligatorie per accelerare le gare in merito ai temi se le deroghe siano obbligatorie, se sia la determinazione a contrattare il dies a quo per i termini di conclusione e sulla durata temporale delle deroghe sono ampie ed approfondite.

Tuttavia, quelle concernenti la questione della “obbligatorietà” delle deroghe non sono convincenti, anche perché affette da un evidente vizio di sistematicità della lettura.

Un primo elemento non persuade, laddove l’Autore conferma, come inevitabile, che la deroga non abroga la norma derogata, ma ne “sospende” l’efficacia per la durata di validità della deroga.

Questo effetto è impossibile. E lo è proprio perché la norma che deroga non abroga quella derogata. La quale, quindi, resta vigente ed efficace. Per privare di efficacia una norma, non si può che abrogarla. L’articolo 15, comma 1, delle preleggi è chiarissimo: “Le leggi non sono abrogate che da leggi posteriori per dichiarazione espressa del legislatore, o per incompatibilità tra le nuove disposizioni e le precedenti o perché la nuova legge regola l'intera materia già regolata dalla legge anteriore”.

La norma derogante ha l’effetto di ridurre il campo di applicazione della norma derogata, non di sospenderne l’efficacia.

Ed è esattamente quel che accade col decreto semplificazioni. Riscontrato che una procedura ordinaria o una procedura definita dall’articolo 36, comma 2, del D.Lgs. n. 50/2016 non è adeguata al fine enunciato dal d.l. 76/2020, convertito in legge 120/2020, cioè “incentivare gli investimenti pubblici nel settore delle infrastrutture e dei servizi pubblici, nonché al fine di far fronte alle ricadute economiche negative a seguito delle misure di contenimento e dell'emergenza sanitaria globale del COVID-19", la norma in deroga permette di utilizzare le procedure da essa previste, al posto di quelle disciplinate dal codice dei contratti. Gli operatori sono autorizzati dalla norma ad agire in deroga, ma non hanno alcun obbligo.

Le procedure disciplinate dal codice dei contratti, sia sotto soglia, sia sopra soglia, restano efficaci e vigenti e perfettamente utilizzabili, laddove si dimostri che non impediscano il conseguimento dell’obiettivo posto dal decreto “semplificazioni”.

L’argomentazione più forte proposta dall’Autore sta nell’evidenziare che la deroga all’articolo 36, comma 2, del D.lgs. n. 50/2016 coinvolge la previsione in esso contenuta che fa salva la possibilità di ricorrere alle procedure ordinarie: poiché questa salvezza nella norma in deroga non c’è, allora da qui si dovrebbe desumere l’obbligatorietà della deroga.

Come visto prima, però, poiché la norma in deroga non abroga quella derogata, la previsione dell’articolo 36, comma 2, del codice resta perfettamente vigente ed operante.

In ogni caso, non viene derogato l’articolo 36, comma 1, del codice, ai sensi del quale “L'affidamento e l'esecuzione di lavori, servizi e forniture di importo inferiore alle soglie di cui all'articolo 35 avvengono nel rispetto dei principi di cui agli articoli 30, comma 1...”. Quei principi, coerenti con la Costituzione e le Direttive Ue, rendono sempre e comunque perfettamente applicabili tutte le procedure che favoriscono la concorrenza e ci mancherebbe altro.

In quanto alla determinazione a contrattare, si concorda in pieno con quanto afferma il Mangani: essa non ha mai avuto e continua a non avere alcuna funzione di attivazione delle procedure, come specifica in maniera chiarissima l’articolo 32, comma 2, del D.Lgs. n. 50/2016.

La procedura di gara si attiva con il bando o l’avviso o la lettera di invito, se si parte senza avvisi pubblici. Il computo dei termini non può che partire dalla materiale conoscibilità della selezione e dell’esplicitazione al mercato dell’invito a offrire.

In quanto agli affidamenti diretti, il Mangani sostiene che non parrebbe porsi un problema di avvio della procedura, poiché tale modalità “si concretizza infatti nel conferimento di un incarico, che non è preceduto da alcuna attività procedimentale, per cui anche la fissazione di un termine di ultimazione appare in realtà priva di significato concreto”.

Tale visione è, però, smentita dalle Linee Guida n. 4 e dalla logica procedurale. Il conferimento dell’incarico non può che essere a valle di un’istruttoria che comunque non può mancare, finalizzata a spiegare il perché ci si affida a quel particolare operatore economico: istruttoria che può consistere nell’esame di listini pubblici, nell’utilizzo di precedenti affidamenti di altre PA aventi medesimo oggetto o nell’esame di preventivi. In questo caso, allora, il termine di 2 mesi per l’affidamento diretto non può che decorrere dall’avvio - da formalizzare – dell'istruttoria. Altrimenti, non si capirebbe nemmeno perché si parla di un termine di 2 mesi.

Infine, sicuramente il regime temporale di applicazione della deroga si computa in relazione alla data di adozione della determinazione a contrattare. Quindi, laddove un ente adotti detta determinazione entro il 31.12.2021, potrà continuare a gestire l’appalto con la normativa in deroga, se ritiene di applicarla.

Il mangani sostiene che sia inapplicabile la previsione normativa che si riferisce, oltre che alla determinazione a contrattare, all’altro atto ad essa equivalente.

Nella realtà, atti equivalenti sono adottati, talvolta sul piano meramente nominale, talaltra su quello funzionale.

E’ atto equivalente alla determinazione a contrattare, ad esempio, la determinazione “semplificata” che consente di impegnare la spesa ed affidare contestualmente. Si tratta di un obbrobrio giuridico, in contrasto clamoroso con i principi di contabilità pubblica, che impongono all’ente di compulsare i privati, ai fini della costituzione di obbligazioni giuridiche, solo se dispongano preventivamente delle risorse spendibili in bilancio. Tuttavia, il legislatore ha ammesso questa follia giuscontabile e molti enti, sciaguratamente, se ne avvalgono (il che per altro conferma che la determinazione a contrattare, che in questo caso chiude il procedimento, non può esserne l’avvio).

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