Annullamento del titolo edilizio: ordine di demolizione o fiscalizzazione dell'abuso?

Secondo il Consiglio di Stato "sempre più spesso si assiste a decisioni di fiscalizzazione degli abusi, ossia una sanzione piuttosto che una demolizione"

di Redazione tecnica - 22/12/2020

Torniamo ad occuparci di abusi edilizi, questa volta analizzando un caso molto particolare ma anche parecchio frequente, affrontato dal Consiglio di Stato con la sentenza n. 8032 del 15 dicembre 2020 che ci consente di approfondire le tematiche relative all'annullamento in autotutela o in sede giurisdizionale del titolo edilizio e la sanatoria.

Annullamento del titolo edilizio, cosa dice il Testo Unico Edilizia

Dobbiamo analizzare, così come hanno fatto i giudici, l'articolo 38 del DPR n. 380/2001 (c.d. Testo Unico Edilizia), in cui si legge che l'annullamento, in via di autotutela o giurisdizionale, del titolo edilizio, diventa "sanatoria" solo nel caso in cui non sia stato possibile convalidarlo e non si possa effettuare la demolizione dell’opera. Quindi, dicono i giudici, "l’illiceità sopravviene non tanto all’avvenuta realizzazione dell’intervento, come nell’abuso edilizio "tradizionale", ma alla caducazione del titolo che lo ha consentito". Ma, badate bene, dicono i giudici, tutto questo non può trovare applicazione "in caso di utilizzo improprio della Dia (oggi Scia) in luogo del permesso di costruire, laddove la tipologia dell’intervento imponeva l’ottenimento di un provvedimento espresso". Diversamente, infatti, "la sanatoria conseguirebbe non alla valutata impossibilità della convalida del titolo viziato, ma alla “conversione” di quello originariamente utilizzato nell’altro effettivamente necessario, sostituendosi l’Amministrazione al privato nella ricostruzione della sussistenza dei requisiti di assentibilità dell’opera".

Ordine di demolizione e "motivata valutazione"

Un ordine di demolizione è un documento molto preciso e rischioso. Vale lo stesso pensiero anche al contrario, ossia quando un'amministrazione comunale decide di non demolire un manufatto rimasto abusivo perché non è stata possibile la convalida del titolo edilizio preesistente. Una scelta che deve essere supportata in ogni passaggio logico da “motivata valutazione”, non essendo sufficiente fare riferimento alla impossibilità di provvedere senza pregiudizio per la parte conforme della stessa. Aggiungono i giudici: "Convalida, demolizione o “fiscalizzazione” costituiscono i tre possibili sbocchi del climax ascendente valutativo rimesso all’Amministrazione procedente, purché a monte il titolo edilizio annullato o annullabile sia affetto da un mero vizio “delle procedure amministrative”; ciò implica un’analisi comparativa degli interessi in gioco che di regola assorbe tale valutata impossibilità, ma non si esaurisce necessariamente nella stessa; essa, infatti, si pone a monte della decisione di “sanare” l’abuso, e non nella mera fase esecutiva dell’ingiunzione a demolire già disposta". Una cosa prevista dal DPR n. 380/2001 (c.d. Testo Unico Edilizia) tra le ipotesi di interventi eseguiti in parziale difformità dal titolo edilizio.

La fiscalizzazione degli abusi

Pochi dubbi per i giudici: "La natura sostanzialmente abusiva "ab origine" dell’intervento effettuato, fa recedere le esigenze di tutela della buona fede del privato che ha confidato sulla presunzione di legittimità di quanto in precedenza assentito, peraltro sulla base di una sua dichiarazione". Questo perché sempre più spesso si assiste a decisioni di "fiscalizzazione" degli abusi, ossia una sanzione piuttosto che una demolizione. Per i giudici un uso distorto della semplificazione del giudicare, che vedono troppo spesso un improprio percorso interlocutorio con gli uffici, per superare, piuttosto che vere o presunte incompletezze, la paura delle responsabilità, nonché, nella stessa logica, l’utilizzo non pieno o non pienamente efficace di quegli importanti momenti di convergenza costituiti dalle Conferenze dei servizi, ne fanno, almeno in linea teorica, terreno fertile per i ripensamenti costruttivi delle Amministrazioni procedenti". Ma, spiega la sentenza, "ciò tuttavia non può valere nell’ipotesi in cui siano stati travalicati i limiti della Dia medesima, in quanto riferita ad interventi per i quali è inderogabilmente richiesto il premesso di costruire".

La sanatoria cartolare

Per convalidare un titolo edilizio annullato, serve comunque e sempre una "motivata valutazione, che connota il meccanismo della "sanatoria cartolare". Questo vuol dire che se non è possibile una monetizzazione dell'abuso, è opportuna una demolizione. "Quello della potenziale identità delle motivazioni, o meglio del possibile assorbimento della prima in un quadro più generale di comparazione degli interessi in gioco - dicono i giudici - costituisce tuttavia l’unico elemento di contatto tra la disciplina di cui all’articolo 38 e quella di cui all’articolo 34 del Testo unico per l'edilizia. Nel primo caso, infatti, è l’Amministrazione che valuta a monte, e motiva, anche attingendo alla rilevata impossibilità di intervenire senza pregiudicare la parte “sana” del manufatto, la scelta demolitoria o manutentiva, che costituisce l’essenza del provvedimento di sanatoria (articolo 38); nel secondo, invece, l’abuso c’è e resta tale, la sanzione demolitoria è già stata ingiunta, ma la tipologia del primo e le difficoltà esecutive della seconda portano gli uffici a convertirne l’effettuazione in una sanzione pecuniaria (articolo 34)". Il ricorso è stato respinto.

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A cura di Redazione LavoriPubblici.it

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