Concessioni autostradali: la CGUE su rinnovo e project financing

I giudici della Corte UE sono chiari: la direttiva 2014/23 non può privare gli stati membri della libertà di privilegiare un modo di gestione a scapito di altri

di Redazione tecnica - 31/12/2020

Concessioni autostradali scadute o in scadenza, loro rinnovo e project financing. La Corte di giustizia europea fuga tutti i dubbi sulla disciplina europea e nazionale italiana per l'affidamento delle concessioni autostradali. Lo fa con l'ordinanza 26 novembre 2020, C-835/19.

Il fatto

A proporre ricorso al Consiglio di Stato una società concessionaria di un tratto di autostrada in Piemonte, poi scaduta. Tre mesi prima della naturale scadenza, la società ha inviato al ministero dei Trasporti, in forza del vecchio Codice dei contratti (Decreto Legislativo n. 163/2006), una proposta di project financing per una concessione più ampia, oltre a dei lavori di manutenzione su alcuni tratti autostradali. Il Ministero dei Trasporti, però, ha respinto la proposta sostenendo che il project financing non era applicabile alla concessione di gestione di un'autostrada e che non era conforme alla normativa italiana. È stato presentato ricorso al Tar.

Project financing e concessioni

La società ha proposto una nuova richiesta di concessione al Ministero dei Trasporti. Anche qui, però, ha ricevuto un "no". Secondo il Mit, infatti, che si è basato sempre sul nuovo codice dei contratti pubblici (l Decreto Legislativo n. 50/2016), la amministrazioni non potrebbero aggiudicare le concessioni autostradali scadute o in scadenza con la procedura della finanza di progetto. E di nuovo la società si è rivolta al Tar. Che ha respinto entrambi i ricorsi.

Le decisioni del Tar

Nella prima sentenza, il Tar ha ritenuto che il mancato rispetto da parte del Mit del termine di tre mesi di tempo per dare una risposta alla società, non poteva inficiare la legittimità del primo provvedimento di rigetto. I giudici, poi, hanno inoltre respinto la questione della violazione di tale disposizione, asserendo che quest’ultima prevedeva che la proposta di finanza di progetto dovesse consistere in un progetto preliminare, sulla base del quale si sarebbe svolta la selezione del concessionario. Il Tar, dunque, ha specificato che una proposta la quale, al pari di quella della società che ha fatto ricorso, contenga un progetto definitivo è inammissibile, poiché un tale progetto è richiesto solo in un momento successivo del procedimento. Irrilevante, per i giudici del Tar, anche il fatto che il Mit non poteva fondare la propria decisione sull’articolo 183 del nuovo codice dei contratti pubblici. Infatti, tale disposizione, sebbene adottata successivamente alla presentazione della prima proposta, sarebbe stata vigente al momento dell’adozione del primo provvedimento di rigetto. Nella seconda sentenza, i giudici del Tar hanno respinto il ricorso per motivazioni analoghe. La società ha proposto ricorso al Consiglio di Stato.

Questione di tempistiche

Secondo la società che ha proposto ricorso, il Mit ha deciso sulla base delle normative previste dal nuovo codice dei contratti pubblici, introdotto dopo che la società stessa aveva presentato le due proposte della finanza di progetto e quindi queste dovrebbero essere disciplinate dalla normativa precedente. Il Mit, invece, ritiene che il nuovo codice dei contratti sia tranquillamente applicabile visto che riguarda le concessioni scadute o in scadenza. Inoltre, spiegano dagli uffici del ministero, nella prima fase non bisogna scegliere la migliore offerta, ma valutare la fattibilità di questa e quindi approvare un progetto da porre a base di gara. Quindi l'autore della proposta diventerebbe "promotore" e sarebbe invitato a partecipare alla gara solo in caso di approvazione del progetto e di indizione della gara stessa. Dopo l'approvazione, quindi, l'aggiudicazione che avverrebbe solo al termine delle procedure di gara e sulla base dell'offerta più vantaggiosa.

Project financing e libertà di procedura

Il consiglio di Stato, al pari del Mit, ritiene che l'amministrazione si conformi alla legge vigente al momento in cui si decida di organizzare una procedura per la scelta del concessionario. Quindi, dicono i giudici, "se una proposta di concessione presentata sulla base delle disposizioni della legge previgente non è ancora stata approvata al momento dell’entrata in vigore della nuova legge, l’amministrazione potrebbe approvare tale progetto e organizzare la gara solo basandosi sulla nuova disciplina". Per il consiglio di Stato, dunque, il Tar ha agito bene. Ma la questione si sposta su un quesito posto dalla società: è vero che impedendo la finanza di progetto, il nuovo codice dei contratti violerebbe il principio di libertà di procedura? Il consiglio di Stato, dunque ha chiesto aiuto alla corte di giustizia europea che si è espressa sulla questione, cioè se il diritto europeo osta alla normativa nazionale che impedisce di procedere agli affidamenti delle concessioni autostradali scadute o in scadenza con la finanza di progetto.

La normativa nazionale ed europea

I giudici della corte europea sono chiari: la direttiva 2014/23 non può privare gli stati membri della libertà di privilegiare un modo di gestione a scapito degli altri. Questa libertà, infatti, implica una scelta che viene effettuata prima della procedura di aggiudicazione e che quindi non rientra nella direttiva presa in esame. Sebbene spetti al giudice assicurarsi che il divieto per le amministrazioni aggiudicatrici e per gli enti aggiudicatori di ricorrere alla procedura della finanza di progetto, come previsto dal nuovo codice dei contratti pubblici, non abbia oltrepassato i limiti del trattato sul funzionamento dell'Unione europea, per garantire la massima apertura possibile alla concorrenza delle concessioni autostradali. Poiché il settore delle concessioni autostradali è stato aperto alla concorrenza solo recentemente, il legislatore italiano avrebbe optato per un sistema di gara pubblico, vietando l’alternativa costituita dall’aggiudicazione di tali concessioni mediante finanza di progetto. Così facendo, l’articolo 178, comma 8 bis, del nuovo codice dei contratti pubblici intenderebbe evitare di riconoscere un qualunque vantaggio, anche solo di fatto, ai concessionari uscenti. Per questo, dice la corte di giustizia europea, la direttiva europea 2014/23 non osta alla normativa nazionale che vieta alle amministrazioni di affidare concessioni autostradali scadute o in scadenza con la finanza di progetto.

A cura di Redazione LavoriPubblici.it

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