Abusi edilizi e demanio: a chi compete la vigilanza?

La sentenza del Consiglio di Stato conferma l'ordine di demolizione emesso dal Comune per un abuso edilizio in area demaniale

di Redazione tecnica - 23/01/2021

A chi compete la vigilanza e l'eventuale sanzione edilizia relativa agli abusi perpetuati in area demaniale?

Abusi edilizi e demanio: la sentenza del Consiglio di Stato

Se ne parla nella sentenza n. 342 dell'11 gennaio 2021 con la quale in Consiglio di Stato ha fornito utili chiarimenti in merito alla competenza della vigilanza edilizia nel caso di abuso realizzato su demanio marittimo.

In questo caso, la sentenza si esprime in merito al ricorso presentato per la riforma di una precedente decisione di primo grado concernente la demolizione di opere abusive e il ripristino dello stato dei luoghi. Secondo il ricorrente, l'ordinanza di demolizione avrebbe dovuto essere annullata perché emessa dal Comune ovvero un soggetto privo di competenza trattandosi di costruzione su demanio marittimo. Oltre a questo, viene censurata anche:

  • la mancata comunicazione dell'avvio procedimentale;
  • la mancata risposta ad una domanda di sanatoria edilizia presentata 34 anni prima.

Censure a cui il tribunale di primo grado aveva risposto negativamente. Si arriva, quindi, al Consiglio di Stato.

A chi spetta il perseguimento degli abusi edilizi

Tra i motivi dell'appello, secondo la società, il fatto che non spettasse all'organismo dirigenziale del comune, trattandosi di demanio marittimo, emettere l'ordinanza di demolizione. Invece, dicono i giudici, spetta al comune il perseguimento degli abusi edilizi anche se commesso in demanio marittimo. Lo dice il DPR n. 380/2001 (c.d. Testo Unico Edilizia) che, all'articolo n. 35 spiega che "qualora sia accertata la realizzazione di interventi in assenza di permesso di costruire, ovvero in totale o parziale difformità dal medesimo, su suoli del demanio o del patrimonio dello Stato o di enti pubblici, il dirigente o il responsabile dell’ufficio, previa diffida non rinnovabile, ordina al responsabile dell'abuso la demolizione ed il ripristino dello stato dei luoghi, dandone comunicazione all'ente proprietario del suolo".

È stato lo stesso Consiglio di Stato a spiegare la linea di demarcazione tra le diverse competenze che si sovrappongono nel caso di abusi edilizi commessi su aree demaniali marittime, ritenendo che "la necessità dell’apposito titolo edilizio per le opere da eseguirsi dai privati su aree demaniali era ed è espressamente prevista dal testo unico edilizia (in particolare all'articolo 8). Per la realizzazione di opere sul demanio marittimo "occorre l’autorizzazione prevista dall’art. 54 codice navigazione, anche dopo la delega alle Regioni in materia di demanio marittimo ed il trasferimento ai comuni delle competenze per il rilascio di concessioni demaniali, atteso che tale trasferimento di competenze non ha fatto venir meno la necessità di apposita e specifica autorizzazione, che concorre con la concessione edilizia, sussistendo due diverse finalità di tutela: la riserva all’ente locale del governo e dello sviluppo del territorio in materia di edilizia relativamente alla concessione ad edificare, la salvaguardia degli interessi pubblici connessi al demanio marittimo per quanto attiene all'autorizzazione demaniale". E da questo ne consegue, spiegano i giudici, che per la verifica di eventuali opere abusive non serve il parere della Capitaneria di Porto. Lo spiega lo stesso Testo Unico Edilizia, all'articolo 27: "Il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale esercita la vigilanza sull’attività urbanistico-edilizia nel territorio comunale per assicurarne la rispondenza alle norme di legge e di regolamento, alle prescrizioni degli strumenti urbanistici ed alle modalità esecutive fissate nei titoli abilitativi".

Autorizzazioni e utilizzo dell'area

Per la società che ha proposto ricorso, c'è una contraddittorietà del comportamento del comune. Ma per i giudici, invece, le autorizzazioni demaniali e comunali attengono al mero utilizzo dell'area e delle opere e non alla loro realizzazione. Inoltre, la mera presentazione dell'istanza di condono "non rende invalida l’ordinanza demolitoria la quale, fino al momento dell’eventuale accoglimento della domanda di condono, deve far ritenere comunque abusive le opere edilizie, nel caso di specie, eseguite su porzioni di terreno demaniale". Il Tar, per questo, "ha posto a fondamento della sua decisione le specifiche risultanze della verificazione disposta in corso di giudizio e non vi è ragione di ritenere che queste non rispecchino l’effettivo stato dei luoghi". Il ricorso, dunque, è stato respinto dal consiglio di Stato e le opere abusive verranno demolite.

A cura di Redazione LavoriPubblici.it

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