DL Pubblica Amministrazione alla firma del Capo dello Stato: Soppressione immediata dell'AVCP

Quando avevamo perso ogni speranza di veder pubblicato il DL Pubblica Amministrazione ecco che vediamo accendersi un barlume di luce nelle camere del Quirina...

24/06/2014
Quando avevamo perso ogni speranza di veder pubblicato il DL Pubblica Amministrazione ecco che vediamo accendersi un barlume di luce nelle camere del Quirinale. Nonostante, infatti, il rimprovero di fine 2013 del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che contestava ai Presidente di Camera e Senato l'eccessiva eterogeneità dei decreti legge approvati, e a distanza di quasi 2 settimane dalla conferenza stampa post Consiglio dei Ministri che ne da il via libera, sembrerebbe che il tanto sospirato da tutti i media decreto legge sulla pubblica amministrazione sia alla bollinatura della ragioneria generale dello Stato.

Sembrerebbe, infatti, che la Ragioneria generale dello Stato stia procedendo alla verifica della relazione illustrativa del provvedimento e che, in caso di corretta quantificazione degli oneri generati e dell'idonea copertura finanziaria, apporrà quella che viene definita bollinatura che rappresenta un vero e proprio visto di conformità cui segue la firma del capo dello Stato.

Voci di corridoio lasciavano intendere che il provvedimento era stato smontato dai tecnici del Quirinale che ne aveva contestata l'eccessiva eterogeneità. Se così fosse, verrebbe da pensare che l'Italia si stia lentamente trasformando in una Repubblica Presidenziale in cui al Presidente della Repubblica sono concentrati sia la figura di capo dello Stato che quella di capo del Governo. Ricordiamo che il compito del Quirinale è, infatti, quello di firmare i DL e non di modificarli in corsa, ma, in realtà, soprattutto negli ultimi anni, il Presidente della Repubblica ci aveva già abituati a "particolari attenzioni" sui decreti legge approvati.

Nel caso di specie, l'eterogeneità del DL aveva già spinto il Quirinale a richiedere di spacchettare il provvedimento in più parti, con la conseguenza che, almeno teoricamente, si dovrà tornare all'approvazione del Consiglio dei Ministri. Ricordiamo che il testo del provvedimento circolato prima del Consiglio dei Ministri del 13 giugno e datato 12 giugno era composto da oltre 120 articoli, suddivisi nei seguenti 6 Titoli:
  • Titolo I - Misure urgenti per l'efficientamento della p.a. e per il sostegno dell'occupazione
  • Titolo II - interventi urgenti di semplificazione
  • Titolo III - Misure urgenti per l'incentivazione della prevenzione e repressione della corruzione
  • Titolo IV - Misure urgenti per l'efficienza del processo e per dare esecuzione alla sentenza della corte europea dei diritti dell'uomo 8 gennaio
  • Titolo V - Misure per la crescita economica
  • Titolo VI - Misure urgenti per l'efficientamento energetico e la tutela dell'ambiente e del territorio
La lettura dei titoli non lascia dubbi sull'eterogeneità del provvedimento, in totale contrasto con quanto affermato dalla Corte costituzionale nelle citata sentenza n. 22/2012.

Per quanto riguarda gli appalti pubblici, sembrerebbe ci sia stato un vero e proprio braccio di ferro sulla questione Autorità di vigilanza sui contratti pubblici che ha coinvolto il neo commissario Raffaele Cantone che avrebbe preteso non il commissariamento dell'AVCP, quanto la sua immediata soppressione con trasferimento di poteri, competenze e risorse direttamente all'ANAC (Autorità Nazionale Anti Corruzione).

Sembrerebbe sia saltata anche la norma voluta dal Ministro Maurizio Lupi che, in nome della tanto agognata semplificazione e velocizzazione degli appalti, avrebbe consentito la partecipazione alle gare d'appalto anche alle imprese non qualificate. La norma originaria prevedeva, infatti, la verifica dei requisiti delle imprese partecipanti solo sull'impresa vincitrice. La conseguenza sarebbe stata disastrosa, in quanto avrebbe portato alla partecipazione anche di imprese non qualificate che avrebbero necessariamente falsato l'esito della gara.

E', comunque, ancora lecito domandarsi quale sia la reale versione definitiva del provvedimento e sapere chi ha deciso cosa c'è scritto nel DL. La risposta sarebbe ovvia e cioè "Il Consiglio dei Ministri" ma nell'epoca di Matteo Renzi non si può più pensare a risposte banali. Basti pensare che per la creazione del DL ogni ministero ha inviato parti di provvedimenti all'ufficio legislativo di Palazzo Chigi che li ha poi assemblate e riformulate in piena autonomia.

C'è da considerare, infine, che nonostante le passate intromissioni del Presidente della Repubblica, mai si erano verificati fatti di questa natura. Molto spesso i testi si approvavano "salvo intese", cioè con l'impegno di negoziare in un secondo momento i dettagli più tecnici, ma qualcosa c'era.

Siamo a questo punto in attesa della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale per conoscere la versione definitiva di un provvedimento nato male, cresciuto peggio e di cui in questo momento si sa veramente poco a parte qualche dichiarazione di facciata.

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