Ance: Una nota sulla Circolare del Ministero relativa a chiarimenti sul Codice e del Regolamento

20/11/2012

Sulla Gazzetta Ufficiale n. 265 del 13.11.2012 è stata pubblicata la circolare del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti 30 ottobre 2012, n. 4536 (in allegato), contenente "Primi chiarimenti in ordine all'applicazione delle disposizioni di cui al D.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207 in particolare alla luce delle recenti modifiche e integrazioni intervenute in materia di contratti pubblici di lavori, servizi e forniture".
La circolare fornisce l'interpretazione del Ministero in ordine ad alcuni profili dubbi della normativa in tema sia di affidamento di servizi e forniture, ed in particolare di servizi di progettazione, sia di affidamento di lavori, dubbi nascenti prevalentemente dal difettoso coordinamento tra la disciplina del codice dei contratti pubblici, oggetto di recenti interventi normativi, e la disciplina regolamentare.
La circolare chiarisce i seguenti punti

1. Per l'affidamento in economia dei servizi di architettura ed ingegneria, la soglia per la modalità di affidamento c.d. "diretto", ossia senza consultare una pluralità di operatori, è pari a 40.000 euro e non più a 20.000 euro.
Il dubbio sorge a causa dell'incongruenza tra l'art. 125, comma 11 del codice, che prevede appunto la soglia di 40.000 euro per gli affidamenti diretti di servizi e forniture, soglia innalzata dal D.L. n. 70/2011, convertito con legge n. 106/2011, e l'art. 267 del regolamento di cui al D.P.R. n. 207/2010 che, per gli affidamenti di incarichi di progettazione, prevede ancora la soglia precedente, pari a 20.000 euro.
A parere del Ministero, occorre dare prevalenza alla norma del codice, trattandosi di norma primaria e quindi gerarchicamente superiore rispetto a quella regolamentare. Pertanto, la soglia per l'affidamento diretto dei servizi di architettura ed ingegneria deve intendersi pari a 40.000 euro.
Si ritiene che l'interpretazione del Ministero sia condivisibile, anche alla luce della volontà del legislatore di ampliare la soglia per l’affidamento diretto, che non avrebbe alcun senso mantenere nel ristretto limite dei 20.000 euro soltanto per i servizi di progettazione.

2. Con riferimento ai criteri di selezione dell'offerta negli affidamenti dei servizi di architettura ed ingegneria, la circolare chiarisce che l'obbligo di utilizzo del criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa sussiste soltanto per gli affidamenti di importo pari o superiore a 100.000 euro, mentre al di sotto di tale soglia l'amministrazione può utilizzare anche il criterio del prezzo più basso.
Tale soluzione deriva dal coordinamento tra la disposizione del regolamento che prevede per gli incarichi di progettazione di importo pari o superiore a 100.000 euro l'applicazione del titolo II della Parte III del regolamento stesso (artt. 261 e ss.), ad esclusione dell'art. 267, nel cui ambito è compresa la norma che prevede il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa quale unico criterio utilizzabile (art. 266, comma 4), e l'art. 267 che invece disciplina gli affidamenti di importo inferiore a 100.000 euro, che non contempla tale restrizione. Se ne deduce, pertanto, l'applicabilità di entrambi i criteri di aggiudicazione per tale seconda categoria di affidamenti.
La lettura del Ministero appare coerente con il dettato normativo e sostanzialmente ragionevole, considerato che restringe l'obbligo di ricorso all'offerta economicamente più vantaggiosa soltanto per gli affidamenti di importo più significativo, per i quali si giustifica il ricorso ad un criterio di aggiudicazione maggiormente complesso.

3. Sempre con riferimento ai servizi attinenti all'architettura ed all'ingegneria, si chiarisce che le stazioni appaltanti che intendano introdurre nelle procedure ristrette la c.d. "forcella" per individuare i soggetti da invitare a presentare offerta, oltre a poter utilizzare i criteri indicati dall'art. 265 del regolamento (per il 50% dei soggetti, i criteri di cui all'allegato L - fatturato, servizi svolti, organico medio annuo - e per il restante 50%, il sorteggio pubblico), possono utilizzare anche i criteri definiti dall'amministrazione stessa, in base a quanto previsto dall'art. 62 del codice dei contratti. Quest'ultima disposizione, infatti, prevede che la forcella possa essere delineata attraverso il ricorso a criteri oggettivi, non discriminatori e rispettosi del principio di proporzionalità.
Anche questa problematica nasce da un difettoso coordinamento tra la norma codicistica, come modificata dal D.L. n. 70/2011, che ha inserito il riferimento alle procedure ristrette tra quelle per le quali può utilizzarsi l'istituto della "forcella", e la norma regolamentare in materia di affidamento di incarichi di progettazione (art. 265), che invece fa riferimento alle sole procedure negoziate con pubblicazione del bando e al dialogo competitivo e che contempla i criteri specifici, sopra indicati, per la selezione dei soggetti da invitare.
La posizione del Ministero conduce ad un corretto coordinamento delle disposizioni, che tiene conto della prevalenza della norma primaria su quella secondaria.

4. In tema di avvalimento per i servizi e le forniture, si pone invece il problema relativo all'applicabilità dell'art. 88 del regolamento, che disciplina il contratto di avvalimento ma per i soli lavori, essendo inserito nel capo III, titolo III della parte II, relativa appunto ai "contratti pubblici relativi ai lavori nei settori ordinari".
La circolare chiarisce che la norma non è applicabile ai servizi e alle forniture, nel senso dunque che soltanto per i lavori il contratto di avvalimento deve determinare in modo specifico le risorse e i mezzi prestati, secondo il disposto dell'art. 88. Ciò, tuttavia, non toglie che anche per i servizi e le forniture il contratto di avvalimento debba sussistere al momento della gara, secondo quanto prevede in linea generale l'art. 49, comma 2, lettera f). La mancanza del contratto di avvalimento determinerebbe, infatti, l'esclusione del soggetto concorrente. Alla mancanza materiale del contratto va poi equiparata la presentazione di un contratto nullo. Tuttavia, mentre nel caso dei lavori il contratto di avvalimento deve avere un oggetto determinato, e ciò in base alla citata disposizione regolamentare, nel caso dei servizi e delle forniture il contratto potrebbe avere anche un oggetto determinabile.
L'interpretazione fornita dal Ministero appare senz'altro in linea con il dettato normativo, che riferisce l'art. 88 esclusivamente ai lavori. Tuttavia, permane la perplessità circa la scelta operata dal legislatore regolamentare, secondo cui l'esigenza di identificare specificamente le risorse e i mezzi da mettere a disposizione sussisterebbe soltanto nel settore dei lavori. Se la ratio della disposizione è quella di consentire alla stazione appaltante di verificare concretamente che siano messe a disposizione le risorse necessarie ad eseguire la prestazione prevista dal contratto, tale esigenza dovrebbe sussistere anche per i settori dei servizi e delle forniture.

5. La circolare analizza anche il rapporto tra l'istituto dell'avvalimento e quello del subappalto, fornendo importanti indicazioni in merito.
Si ricorda, infatti, che l'art. 49, comma 10 del codice prevede che il contratto sia in ogni caso eseguito dall'impresa che partecipa alla gara, alla quale è rilasciato il certificato di esecuzione, e che l'impresa ausiliaria può assumere il ruolo di subappaltatore nei limiti dei requisiti prestati.
La disposizione ha sempre posto il problema di chiarire se il richiamo ivi contenuto al subappalto implichi anche l'applicazione di tutta la disciplina vincolistica prevista per tale istituto, ovvero se si tratti di una ipotesi particolare di subappalto, non assoggettabile ai limiti previsti dall'art. 118.
Il Ministero opta chiaramente per la prima soluzione, partendo dal principio che l'art. 118 è norma di ordine pubblico e che pertanto non può intendersi implicitamente derogata dall’art. 49, comma 10. Quest'ultima disposizione deve dunque essere coordinata con la disciplina generale del subappalto, di cui all'art. 118 del codice. Ciò, pertanto, per il settore dei lavori comporta che: 1) l'esecuzione in subappalto da parte dell'ausiliaria dei lavori relativi alla categoria prevalente può avvenire solo nel limite del 30% della stessa; 2) deve trovare applicazione la disciplina prevista per le c.d. categorie superspecializzate, di cui all'art. 37, comma 11; 3) il subappalto deve comunque essere assoggettato ad autorizzazione della stazione appaltante; 4) il prezzo praticato all'ausiliaria subappaltatrice non può avere un ribasso superiore al 20% del prezzo di appalto.
Naturalmente, a questi limiti desumibili dalla disposizione generale che regola il subappalto, si aggiunge il limite desumibile dallo stesso art. 49, comma 10, secondo il quale l'impresa ausiliaria può assumere la veste di subappaltatrice nei limiti dei requisiti prestati.
La posizione espressa dal Ministero, in linea anche con la recente determinazione dell'Autorità di vigilanza n. 2/2012, ha il pregio di fornire un importante chiarimento per gli operatori del settore. Si è infatti più volte sollevato il dubbio se il riferimento al subappalto, operato dall'art. 49, comma 10, dovesse intendersi in toto alla disciplina prevista per tale istituto ovvero svincolato dalla stessa. L'interpretazione fornita dalla circolare, come sopra visto, fa propria la posizione più rigida emersa nel corso del dibattito sorto sul punto.
In effetti, per quanto la lettura dell'art. 49, comma 10 nel senso che lo stesso farebbe riferimento ad un'autonoma ipotesi di subappalto, e perciò svincolata dai limiti di cui all'art. 118, apparisse fortemente suggestiva e per certi versi auspicabile, la soluzione del Ministero, oltre ad essere estremamente chiara, risulta maggiormente in linea con un approccio interpretativo di tipo sistematico: una scelta così netta, quale quella di derogare all'art. 118, norma di ordine pubblico, avrebbe dovuto essere espressa in forma diretta, e non desumibile implicitamente dalla formulazione dell'art. 49, comma 10. In altri termini, l'eventuale scelta del legislatore di rendere autonomo il subappalto all’impresa ausiliaria rispetto all’ipotesi generale di subappalto avrebbe richiesto una norma specifica in tal senso.


6. In materia di affidamenti di servizi e forniture, la circolare chiarisce che la norma prevista per il settore dei lavori (art. 137 del regolamento), secondo cui tra la documentazione contrattuale devono essere materialmente allegati al contratto soltanto il capitolato speciale e l'elenco dei prezzi, trova applicazione analogica anche per gli altri settori dei contratti pubblici.
L'applicazione analogica della norma in esame appare sostanzialmente coerente con la ratio di semplificazione propria della stessa.

7. In materia di documento unico di regolarità contributiva per gli affidamenti di servizi e forniture, il Ministero chiarisce la portata della norma prevista dal D.L. n. 70/2011 convertito con legge n. 106/2011 (art. 4, comma 14 bis), secondo la quale per i contratti di servizi e forniture fino a 20.000 euro i soggetti contraenti possono produrre una dichiarazione sostitutiva in luogo del DURC e l'amministrazione è tenuta ad effettuare la verifica d'ufficio della veridicità di tale dichiarazione.
La problematica sollevata da tale norma attiene alla determinazione della fase in cui può farsi ricorso alla dichiarazione sostitutiva al posto del documento unico, tra le diverse fasi individuate dall'art. 6, comma 3 del regolamento, che prevede l'acquisizione d’ufficio del DURC sia in sede di verifica della dichiarazione sostitutiva resa in gara, che di aggiudicazione del contratto, di stipula dello stesso, di pagamento degli stati di avanzamento, del certificato di collaudo e di pagamento dello stato finale. A parere del Ministero, stante la ratio della disposizione introdotta dal decreto legge n. 70/2011 di semplificare e ridurre gli oneri amministrativi per gli affidamenti di importo limitato, la dichiarazione sostitutiva della regolarità contributiva, al posto dell'acquisizione d'ufficio del DURC, può essere ammessa per tutte le fasi previste dall'art. 6, comma 3 del regolamento, fermo restando l'obbligo di verifica a campione da parte della stazione appaltante circa la veridicità delle dichiarazioni rilasciate.

8. La circolare esamina, inoltre, le condizioni alle quali le imprese possono partecipare alle procedure di gara in pendenza della verifica triennale dell'attestazione SOA.
Si ricorda che in base all'art. 77, comma 1 del D.P.R. n. 207/2010, l'impresa è tenuta a sottoporsi alla verifica triennale "in data non antecedente a novanta giorni prima della scadenza del previsto termine triennale" e che qualora l’impresa si sottoponga alla verifica dopo la scadenza del triennio, "la stessa non può partecipare alle gare nel periodo decorrente dalla data di scadenza del triennio sino alla data di effettuazione della verifica con esito positivo". Il successivo comma 7 prevede che in caso di esito negativo della verifica l'attestato decade dalla data di comunicazione della stessa e comunque non oltre la scadenza del triennio. In caso di esito positivo l'efficacia della verifica decorre dalla scadenza del triennio; ove però la verifica sia compiuta dopo la scadenza del triennio, detta efficacia decorre dalla data di adozione della verifica.
Il Ministero interviene a chiarire la corretta interpretazione della normativa in esame, aderendo alla posizione espressa dal Consiglio di Stato con la recente sentenza n. 27 del 18 luglio del 2012.
Il Giudice amministrativo ha chiarito, infatti, che, in pendenza del rilascio della verifica triennale, l'impresa può partecipare alle gare sempre che la stessa abbia richiesto di sottoporsi a detta verifica prima della scadenza del triennio. In sostanza, si distingue il regime applicabile in base alla tempestività o meno della richiesta di verifica triennale presentata dall'impresa: se la richiesta è stata formulata una volta scaduto il termine triennale, il comma 1 dell'art. 77 prevede espressamente il divieto di partecipazione alle gare; diverso il caso in cui la richiesta sia stata effettuata tempestivamente, poiché in tale caso opera una sorta di ultravigenza dell'attestazione, in pendenza dell'espletamento della procedura di verifica.
La soluzione fornita dal Ministero e dalla giurisprudenza appare sostanzialmente in linea con la normativa e con la ratio della stessa di prevedere la preclusione alle gare soltanto per le imprese che abbiano tenuto un comportamento negligente nell’attivare la procedura di verifica. Viceversa, i ritardi nell’ottenimento di detta verifica, che non siano addebitabili a comportamenti dell'impresa, non possono ricadere sulla stessa, determinando conseguenze gravose, quali l'impossibilità di partecipare alle gare. Si ritiene, pertanto, condivisibile l'interpretazione che conduce alla ultravigenza dell'attestazione, nelle more dell'ottenimento dell'esito della verifica tempestivamente avviata.

9. La circolare interviene, infine, sul tema dei costi della sicurezza, fornendo un chiarimento relativo all'art. 32, comma 4, lettera e).
Tale norma include nell’ambito delle spese generali comprese nel prezzo dei lavori, e pertanto soggette a ribasso da parte del concorrente, "le spese per l'impianto, la manutenzione, l'illuminazione ed il ripiegamento finale dei cantieri, ivi inclusi i costi per la utilizzazione di aree diverse da quelle poste a disposizione dal committente", precisando, tuttavia, che "sono escluse le spese relative alla sicurezza dei cantieri stessi non assoggettate a ribasso".
Il Ministero evidenzia che gli oneri della sicurezza, in base all'art. 131, comma 3 del codice dei contratti pubblici, devono essere evidenziati nel bando e non sono soggetti al ribasso d'asta. Pertanto, in linea con tale norma, l'art. 32, comma 4, lettera e) esclude dalle spese generali quelle relative alla sicurezza nel cantiere e soltanto queste non sono assoggettate al ribasso d'asta. Tuttavia, se in base alla disposizione in esame le spese generali per la sicurezza del cantiere non sono soggette a ribasso, altrettanto non può dirsi per l’utile di impresa. Quest'ultima, infatti, costituisce voce autonoma rientrante nella parte del prezzo suscettibile di ribasso.
La precisazione fornita dal Ministero appare sostanzialmente condivisibile in quanto l'utile di impresa non è mai stato considerato parte dei costi della sicurezza.

Problematica, invece, è sempre stata la delineazione delle spese generali rientranti negli oneri per la sicurezza inclusi nel P.S.C e non seggette a ribasso. La circolare, tuttavia, non entra nel merito di tale tematica e, pertanto, non sembra porre in dubbio il principio generale secondo cui i costi della sicurezza relativi all'opera, non soggetti a ribasso, sono quelli c.d. contrattuali, oggetto di stima nel P.S.C., quali le spese connesse al coordinamento delle attività nel cantiere, alla gestione delle interferenze o sovrapposizioni, nonché quelle degli apprestamenti, servizi e procedure necessari per la sicurezza dello specifico cantiere.
L'interpretazione del Ministero non sembra neppure porre in dubbio la lettura corrente relativa alla lettera o) dello stesso art. 32, comma 4, secondo cui tale disposizione riguarda, invece, esclusivamente l'altra categoria di spese, ossia le spese c.d. ex lege. Sul punto, infatti, si ritiene prevalentemente che, ai sensi di tale disposizione, costituiscano spese generali, e perciò soggette a ribasso, soltanto quelle spese che attengono ad adempimenti in materia di sicurezza ricadenti sull'impresa nel suo complesso e non riferibili alle specifiche esigenze del singolo cantiere, quali ad esempio i dispositivi di protezione individuali necessari all'esecuzione ordinaria delle varie lavorazioni, la formazione dei lavoratori etc. (cfr. determinazione AVCP n. 4/2006). Soltanto per queste ultime sussiste, dunque, l'assoggettabilità al ribasso.

In merito al profilo in esame, l'Ance si riserva comunque ulteriori approfondimenti, anche tramite il confronto con gli organi competenti.

Fonte: Ance


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