Cessione dei diritti edificatori ovvero trasferimento di cubatura - 3: Standard edilizi e verde agricolo

30/08/2019

Dopo il primo articolo sulla “cessione di cubatura” che tratta la perequazione urbanistica e la novità introdotta dal decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70 convertito dalla legge 12 luglio 2011, n. 106 ed il secondo articolo in cui abbiamo trattato “diritto privato e diritto urbanistico”, parliamo oggi, sempre relativamente alla “cessione di cubatura” di “standard edilizi e verde agricolo”.

Gli standard edilizi sono stati introdotti dalla legge 6 agosto 1967, n. 765 (c.d. legge ponte) che con l’articolo 17 ha introdotto l'art. 41-quinquies nella legge 17 agosto 1942 n. 1150 (legge urbanistica) in cui, ai commi 8 e 9 è espressamente specificato “8. In tutti i Comuni, ai fini della formazione di nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti, debbono essere osservati limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza tra i fabbricati, nonché rapporti massimi tra spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, a verde pubblico o a parcheggi. 9. I limiti e i rapporti previsti dal precedente comma sono definiti per zone territoriali omogenee, con decreto del Ministero per i lavori pubblici di concerto con quello per l’interno, sentito il Consiglio superiore dei lavori pubblici. In sede di prima applicazione della presente legge, tale decreto viene emanato entro sei mesi dall’entrata in vigore della medesima”.

Tali limiti inderogabili sono stati, successivamente fissato dal Decreto interministeriale 2 aprile 1968, n. 1444 in cui:

  • all’articolo 2 vengono definite le zone territoriali omogenee "A", "B", "C", "D", "E" e "F";
  • all’articolo 4, comma 4 è precisato che la quantità minima è stabilita in m2 6,00 da riservare complessivamente alle aree per l'istruzione: asili nido, scuole materne e scuole dell'obbligo ed alle aree per attrezzature di interesse comune: religiose, culturali, sociali, assistenziali, sanitarie, amministrative, per pubblici servizi (uffici P.T., protezione civile, ecc.) ed altre;
  • all’articolo 7, sono definiti i limiti di densità edilizia e per le zone E"" (le parti del territorio destinate ad usi agricoli, escluse quelle in cui - fermo restando il carattere agricolo delle stesse - il frazionamento delle proprietà richieda insediamenti da considerare come zone "C".

Con l’introduzione degli standars edlizi e, nel dettaglio, degli indici di edificabilità intesi come rapporto tra volume dell’edificio fuori terra e superficie edificabile del fondo, nasce un apprezzabile interesse economico al “trasferimento di cubatura” e viene posto un limite massimo di densità edilizia nelle zone omogenee ma nasce, anche, un freno alla discrezionalità delle pubbliche amministrazioni nelle scelte urbanistiche evitando indici di edificabilità elevati non affiacati da adeguate dotazioni per il traffico, il verde e le attrezzature.

Ricordiamo che l’indice di edificabilità è legato alla densità edilizia fondiaria e che come il primo si riferisce alla singola area e definisce il volume massimo che può essere realizzato su di essa, indicando quindi l’effettiva superficie su cui si può edificare, senza considerare gli spazi pubblici e le strade.

Diversa è, invece la densità edilizia territoriale che si riferisce, invece, a ciascuna zona omogenea e definisce il carico complessivo di edificazione che può gravare sull’intera zona. Il relativo indice di edificabilità comprende quindi anche gli spazi pubblici e la viabilità.

Con la definizione, quindi, di un dato standard per una determinata zona, le aree in essa contenute hanno il medesimo indice di edificabilità (rapporto fra superficie a disposizione e cubatura realizzabile su tale superficie) ma con il frazionamento della proprietà fondiaria, la capacità edificatoria a disposizione delle singole aree potrebbe essere piuttosto esigua, con la conseguenza che vi può essere un forte incentivo economico a concentrare l’edificazione su alcune soltanto delle aree comprese nella medesima zona.

Nelle zone omogenee"A", "B", "C", "D", la “cessione di cubatura” è resa possibile sotto il profilo urbanistico con deroga agli indici di densità fondiaria soltanto nel caso in cui il lotto servente sia adiacente o limitrofo a quello di atterraggio perché, diversamente, cambierebbe la densità fondiaria pur restando inalterata la densità territoriale.

Diversa la situazione delle zone omogenee "E" (verde agricolo) nelle quali, in genere, non è definita progettualmente la localizzazione della quantità minima di spazi pubblici prevista all’articolo 7, comma 1, punto 4) del già citato Decreto inteministeriale n. 1444/1968. In queste condizioni, a nostro avviso non è possibile una “cessione di cubatura” se non in quei casi in cui il lotto servente e quello di atterraggio sono adiacenti tranne che nelle Norme di attuazione dello strumento urbanistico non vengano date specifiche indicazioni tra lotto servente e lotto di atterraggio diverse da quelle legate all'adiacenza o alla necessità che le due aree siano limitrofe.

Ciò è avvalorato, principalmente, dalle varie sentenze che si sono susseguite dal 2011 ad oggi (ne parleremo nel prossimo articolo) ma anche dal fatto che, in parecchi casi, le aree destinate a verde agricolo sono disomogee tra loro per appetibilità edificatoria (si immagini un comune in cui il verde agricolo sia costituito da più zone ricadenti in situazioni orografiche diverse variabili dalla collina al mare) e, con la “cessione di cubatura” potrebbe verificarsi non soltanto una concentrazione di densità territoriali in particolari zone più appetibili facendo cambiare non soltanto le densità fondiarie ma, anche, le densità territoriali; basta immaginare due zone circoscritte e distinte tra di loro di verde agricolo e la possibilitò che con lo strumento della “cessione di cubatura” tutte le cubature o parti delle stesse vengano trasferite nella zona più appetibile delle due: il risultato sarebbe quello di una zona in cui sia la densità territoriale che quella fondiaria sarebbero al di sopra di quelle consentite e quello dell’altra zona con densità molto al di sotto di quelle fissate nel PRG.

Il problema, dunque, non è semplice, perché nelle zone omogenee “E”, a nostro avviso, non è possibile utilizzare, sic et simpliciter l’istituto della “cessione di cubatura” tranne che lo stesso non sia regolamentato ed inserito nello strumento urbanistico vigente vincolando tale possibilitò di trasferimento a zone di verde agricolo circoscritte ed omogenee.

Tra l’altro, al fine di rispettare quanto disposto all’articolo 2, comma 1, lettera E) del Decreto interministeriale n. 1444/1968 (che, di fatto esclude dalle zone "E" le parti di territorio in cui - fermo restando il carattere agricolo delle stesse - il frazionamento delle proprietà richieda insediamenti da considerare come zone "C"), sarebbe opportuno che la “cessione di cubatura” nelle zone "E" non sia possibile in aree al di sotto di una determinata superficie che potrebbe essere definita come quell’estensione di terreno necessaria e sufficiente per esercitare una conveniente coltivazione secondo le regole della buona tecnica agraria. Ci chiediamo che significato possa avere il trasferimento di cubatura in aree di atterraggio che hanno una superficie al di sotto dei 10.000 metriquadrati se non quello di una mascherata variante ai PRG con la possibilità di realizzare ville e villette in zone che hanno più la connotazione di zone omogenee "C" che non quelle di zone "E" con l’aggravante che con questo sistema si procede all’edificazione senza nessun piano particolareggiato non tenendo conto della necessità di prevedere la dotazione minima, inderogabile, di mq 18 per spazi pubblici o riservati alle attività collettive, a verde pubblico o a parcheggio, con esclusione degli spazi destinati alle sedi viarie prevista all’articolo 3 del Decreto interministeriale n.1444/1968.

Questo terzo articolo fa seguito

Nel prossimo articolo parleremo di "Cessione dei diritti edificatori ovvero trasferimento di cubatura: la giurisprudenza amministrativa"

A cura di Arch. Paolo Oreto



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