Emergenza COVID-19 e Cantieri Edili: alcuni avvertimenti ai Coordinatori della Sicurezza (CSE)

di Marco Becucci - 04/05/2020

Inarsind Toscana Centro denuncia in questa nota la gestione approssimativa di una questione invece delicatissima vista l’attuale situazione che prevede la Fase 2 rispetto alla diffusione del Covid-19. Grave la mancata consultazione dei rappresentanti della Commissione regionale dei Soggetti Professionali.

Lo scorso 8 aprile si è tenuta una videoconferenza alla quale erano presenti i rappresentanti delle associazioni d'impresa, i rappresentanti dei lavoratori (CGIL e CISL, UIL assente) e un rappresentante della Commissione dei Soggetti professionali ex LR 73/08. La riunione presieduta dall'Assessore Bugli ha registrato la partecipazione del Presidente della Regione Enrico Rossi.

In questa sede è stato fatto presente che l'argomento in discussione, la sicurezza dei lavoratori in dipendenza della ripresa delle attività produttive, richiedesse il coinvolgimento in sede di definizione dei protocolli della Commissione stessa, che è presieduta dal Presidente Rossi.

Mentre la Commissione non è stata consultata in sede di costruzione dei provvedimenti, nel frattempo si è registrata a livello nazionale la produzione di un protocollo d'intesa sul contenimento Covid-19 nei cantieri (24-04-2020) fra MIT e ANCI, UPI, Anas S.p.A., RFI, ANCE, Alleanza delle Cooperative, Feneal Uil, Filca – CISL e Fillea CGIL e, in sede regionale, Ordinanza della Regione Toscana n.40 del 22-04-2020.

Sia nel documento nazionale sia in quello regionale non v'è traccia di coinvolgimento di nessun tipo di rappresentanza professionale (Ordini professionali e Associazioni sindacali di professionisti), malgrado tutto il meccanismo messo a punto si incentri sul Coordinatore per la Sicurezza di cui al D. Lgs. n.81/08 (TU sulla Tutela della Salute e Sicurezza sui luoghi di lavoro).

Col presente documento, si vuole AVVERTIRE il professionista che si accinge ad accettare l’incarico di CSE delle responsabilità a cui va incontro: responsabilità che paiono anche di non sua competenza. Ove ciò fosse, il CSE si potrebbe ritrovare non tutelato da assicurazioni professionali e anche eventualmente perseguito penalmente.

Obblighi aggiuntivi a carico del CSE

Nel Protocollo del 24-04-2020 viene indicato che il CSE ha l’obbligo di aggiornamento del PSC e anche la definizione della relativa stima dei costi aggiuntivi. Questo implica che è necessaria una modifica progettuale che comporterà una variante tecnico economica: quindi, nel tempo di predisposizione della variante e approvazione della stessa, ci sarà una sospensione delle attività lavorative del cantiere. Tali costi non dovrebbero rientrare nei costi della sicurezza come definiti al Titolo IV del D.Lgs. 81/08.

Al CSE viene attribuita la totale responsabilità della vigilanza sul fatto che nel cantiere vengano adottate le misure di sicurezza anti-contagio.

Al CSE viene richiesto anche di possedere delle competenze da esperto nel settore sanitario in quanto dovrebbe essere in grado di definire ulteriori comportamenti di tipo precauzionale rispetto a quelli stabiliti dalle Autorità competenti.

Criticità

Il paragrafo relativo ai dispositivi di protezione individuale presenta diverse criticità.

Il CSE in caso di difficoltà di approvvigionamento dovrebbe stabilire quale tipologia di mascherine anti-contagio utilizzare la cui tipologia corrisponda alle indicazioni dell’Autorità sanitaria.

Nello stesso paragrafo laddove indica che “qualora la lavorazione in cantiere imponga di lavorare a distanza interpersonale minore di un metro e non siano possibili altre soluzioni organizzative è comunque necessario l’uso delle mascherine, e altri dispositivi di protezione (guanti, occhiali, tute, cuffie, camici, ecc…) conformi alle disposizioni delle autorità scientifiche e sanitarie.” Non è chiaro chi valuta e chi stabilisce quali dispositivi utilizzare (quel “ ecc.” che vuol dire?)

Il CSE, inoltre, deve provvedere ad integrare il PSC con tutti i dispositivi ritenuti necessari.

È previsto che il CSE definisca i comportamenti da mettere in atto (isolamento, ad es.) in caso di presenza di persone con temperatura elevata o sintomi febbrili.

La prevista collaborazione del medico competente con il CSE è molto complicata da realizzare dato che il medico competente opera per l’impresa, mentre il CSE per il committente; inoltre, in un cantiere, possono essere presenti diverse imprese e, quindi, più medici competenti.

Per quanto riguarda la ricorrenza delle ipotesi per la sospensione delle lavorazioni è da osservare che viene utilizzata la parola lavorazioni anziché lavori, in quanto la sospensione delle lavorazioni di cantiere può essere attestata dal CSE. (art.92 comma 1 lettera f del D.Lgs. 81/08), mentre la sospensione del cantiere può essere solo proposta dal CSE al Committente/RL e alla direzione lavori, ma spetta a queste figure procedere in tal senso.

Responsabilità che esulano dalle competenze del CSE

Dall’analisi del Documento si evince che la figura del CSE si deve assumere responsabilità che esulano dal suo ruolo che opera entro limiti normativi ben definiti nel Testo unico al titolo IV (D.Lgs.81/08 s.m.i.).

Si osserva anche che il D.Lgs. 81/08 ha un approccio di tipo preventivo, mentre le indicazioni per la gestione dell’emergenza legata al Covid-19 sono di tipo precauzionale.

In linea generale si può osservare che la gestione in cantiere del Covid-19 esula dalle competenze del CSE in quanto trattasi di un problema di Igiene Pubblica e non occupazionale e pertanto non è legato direttamente all’attività lavorativa e ai rischi della mansione.

Il rischio derivante dal Covid-19 non deriva dalla gestione delle operazioni in cantiere, ma può solo eventualmente diffondersi in esso provenendo dall’esterno.

Le misure sanitarie per una gestione dei cantieri in questa fase emergenziale possono solo spettare alle Autorità Pubbliche che hanno i poteri e le competenze necessarie, non certo al CSE.

In tal senso l’indicazione di indossare le mascherine e di che tipo o mantenere le distanze interpersonali non sono prescrizioni ascrivibili al CSE ma imposte dall’Autorità Competente su indicazione della comunità scientifica.

Conseguenze penali

È sicuramente necessaria un’attenta valutazione anche delle conseguenze a cui le figure coinvolte nella gestione dei cantieri possono andare incontro, tenuto conto che la normativa del D.Lgs 81/08 ha conseguenze penali, così come i passi che le Autorità competenti hanno fatto fino ad ora ossia:

  • Ai sensi dell’art. 16 del DL 17/03/2020 n°. 18 le mascherine sono assimilate a DPI per i lavoratori che nello svolgimento della loro attività sono oggettivamente impossibilitati a mantenere la distanza interpersonale di un metro, sono considerati dispositivi di protezione individuale (DPI), di cui all’articolo 74, comma 1, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n.81, le mascherine chirurgiche reperibili in commercio, il cui uso è disciplinato dall’articolo 34, comma3, del decreto-legge 2 marzo 2020, n. 9.
  • Ai sensi dell’art.42 del DL 17/03/2020 n°.18 nei casi accertati di infezione da coronavirus (SARS- CoV-2) in occasione di lavoro, il medico certificatore redige il consueto certificato di infortunio e lo invia telematicamente all’INAIL che assicura, ai sensi delle vigenti disposizioni, la relativa tutela dell’infortunato.
  • Il Protocollo del MIT attribuisce al CSE l’obbligo di vigilare sull’applicazione delle misure anti-contagio nei cantieri

Commenti sulle “priorità” delle norme

È nota la disputa in corso fra autorevolissimi commentatori giuridici intorno alla gerarchia delle fonti del diritto.

C’è chi sostiene che il ricorso al DPCM sia un vulnus costituzionale (sarebbe stato più opportuna una decretazione d’urgenza, come è stato fatto all’inizio dell’emergenza, da far passare al vaglio del parlamento) e chi sostiene invece che sia perfettamente legittimo nella fattispecie emergenziale che stiamo vivendo. Parere dello scrivente è che comunque DPCM e DM sono norme di secondo livello e quindi gerarchicamente inferiori del D.Lgs. (almeno fino a quando non sono trasformati in legge dal parlamento).

Il protocollo di regolamentazione per il contenimento della diffusione del Covid–19 nei cantieri emanato dal Ministero delle Infrastrutture è allegato al DPCM del 26-04-2020, e quindi di rango ancora inferiore rispetto al D.Lgs.

Quindi, gli obblighi del CSP e del CSE sono quelli previsti dal D.Lgs. 81 quando sarà integrato dai decreti convertiti in legge.

È da sottolineare comunque che il protocollo relativo ai cantieri (nella sua “ultima versione” del 24 aprile) essendo stato inserito nel D.P.C.M. del 26 Aprile 2020 ha acquisito, in tal modo, valore obbligatorio in termini generali per tutte le figure di cantiere. Tale circostanza appare una forzatura in quanto essa è il frutto sia di un accordo solo tra alcune organizzazioni che operano all’interno del cantiere, ma non tutte, sia per la natura stessa del protocollo (accordo tra privati che vincola chi lo stipula ma non ha carattere normativo).

Preoccupante sarà che i controllori si serviranno dei protocolli in discussione per individuare i “colpevoli” di presunti reati.

Suggerimenti a discolpa del CSE.

  1. È sempre colpa del CSE?

Quand’è che sussiste la colpa? La colpa sussiste se si possono fornire tutte risposte affermative alle seguenti domande:

  • Esiste il nesso di causalità tra l’infortunio e il comportamento dell’imputato?
  • Esisteva la prevedibilità dell’infortunio da parte dell’imputato se questi avesse ottemperato a tutti i suoi obblighi giuridici?
  • Esisteva la prevedibilità dell’infortunio da parte dell’imputato in quanto coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione?

Se è possibile rispondere a queste domande sempre SI, allora e solo allora sussiste la colpa. Ma basta che ad una sola di queste domande si debba rispondere NO che ne consegue che non esiste la colpa.

Relativamente al primo punto (Esistenza del nesso di causalità), Il CSE non surroga il datore di lavoro. Ne deriva che non deve entrare nel merito del rapporto Datore di Lavoro (DdL)-Lavoratore. In altri termini, il CSE non deve comandare direttamente i lavoratori delle imprese. Quindi, una volta prescritto quello che è stato dato ordine al CSE di prescrivere, potrebbe essere sufficiente che il CSE raccolga la dichiarazione (giornaliera, oraria, in continuo, secondo necessità da definirsi a esclusivo giudizio del CSE) del DdL di ogni impresa che egli ha controllato che il controllo sia stato eseguito (temperatura ecc.) come previsto dal protocollo. Con ciò il CSE avrà svolto la sua opera di vigilanza, previa ammonizione del DdL che il dichiarante, in caso di difettosa dichiarazione, incorre nei reati di dichiarazione mendace a pubblico ufficiale. Infatti, il CSE, per effetto degli obblighi di norma è come minimo incaricato di un servizio di pubblica utilità e quindi ha gli stessi diritti e doveri del pubblico ufficiale. E con questo la prevedibilità sarà molto difficile a essere sostenuta in un capo d’imputazione.

Per il secondo punto (prevedibilità), occorre ribadire che il CSE non è un medico. Pertanto, raccoglierà le dichiarazioni dei medici competenti delle imprese, per il tramite dei DdL delle imprese presenti in cantiere, anche queste con cadenza giornaliera, oraria, in continuo, secondo necessità da definirsi a esclusivo giudizio del CSE.

Per il terzo punto (prevedibilità), si hanno due casi possibili: si deve rivedere il PSC oppure non si deve rivedere il PSC. Pensiamo al caso in cui si debba rivedere il PSC. Ciò implica, si è scritto, che debba esserci una variante di costi e progettuale. In tal caso la prevedibilità delle operazioni deve essere dettagliata in fase di progetto. Pertanto, il CSE chiederà, se non gli sarà stato fornito nella variante di progetto, il quadro delle operazioni da prevedere. Nel caso che non si dia luogo a variare il PSC, le indicazioni, se non già fornite, dovranno essere richieste al progettista.

È ovvio che, fintanto che tutto questo non sia stato reso effettivamente operativo i lavori in cantiere non potranno avere luogo.

  1. Commento al TITOLO I DEL D.LGS. N.81/08

Il Titolo I del D. Lgs. N.81/08 fornisce i riferimenti generali dell’oggetto e dello scopo del TU. Pertanto, il Titolo IV, poiché la sequenza di enunciazione costituisce gerarchia della norma, va letto alla luce dei principi enunciati al Titolo I. Tutto il sistema della Prevenzione si basa sulle due attività che il Datore di Lavoro (DdL) deve svolgere senza possibilità di delega. Una delle due attività è la valutazione del rischio. Ora, è banale affermare che si potrà valutare un rischio solo se il rischio sarà stato reso noto. Il rischio parte dall’esistenza della fonte di pericolo. La fonte di pericolo è presente in cantiere per fatto tecnico?

Nel caso del Covid-19 la risposta è NO.

Pertanto, l’ovvio buon senso suggerirebbe di impedire che la fonte entri in cantiere. Il CSE come i DdL delle imprese, il RUP, il DL sono stati avvertiti che il vettore della fonte del pericolo sia l’uomo o, per più correttamente dire, un’attività umana insopprimibile e non volontaria: il respiro. Ammesso che all’ingresso del cantiere vi siano entranti respiranti, occorre misurare due grandezze: la probabilità che il respiro di un umano sorregga un virus covid-19 e l’estensione del danno che la fonte di pericolo potrà produrre. In assenza di questi due dati non è possibile determinare il rischio. E abbiamo già visto che in assenza di rischio non può essere svolta nessuna valutazione del rischio. In assenza di valutazione del rischio non può essere attivata l’attività produttiva.

Riflessione propositiva

La riflessione propositiva necessita di una premessa. La seguente: si domanda se si voglia realmente riprendere l’attività lavorativa nei cantieri. Qualora si voglia rispondere in modo affermativo, occorre che il Legislatore si assuma la responsabilità che solo Lui può assumere di definire per norma:

  • Il valore di probabilità che deve assumersi per un lavoratore che si presenti all’ingresso del cantiere con addosso il virus Covid-19;
  • Il valore dell’estensione massima del danno possibile;
  • Il valore di rischio residuo ammesso.

Esemplifichiamo con l’art.84 del D. Lgs. N.81/08: obbligo della protezione dal rischio di fulmine. La norma tecnica che la norma di legge richiama, specifica che sviluppate tutte le attività di progettazione e di verifica in modo conforme alla norma, i provvedimenti di massima cautela previsti dalla norma danno un’affidabilità del 98%. Ciò vuol dire che qualunque dispositivo di sicurezza si adotti, oltre quelli previsti dalla norma, lascia un rischio residuo del 2%. In altre parole, non esiste possibilità di protezione nel 2% dei fulmini che accadono (analogamente per il calcolo delle azioni sismiche ecc.).

Tutto quanto il Legislatore ha previsto per il rischio da fulmine non è stato previsto per il rischio da contagio da virus Covid-19.

Se manca tale definizione di rischio la conclusione razionalmente obbligata e è la seguente: cantieri chiusi in attesa di DVR.

Conclusioni

Il protocollo d'intesa sul contenimento Covid-19 nei cantieri è stato emanato senza interessare le associazioni che tutelano la professione dell’Ingegnere e Architetto, pur affidando a questa figura responsabilità anche non dovute. Il presente documento ha quindi l’intenzione di mettere in allerta il professionista che si accinge ad accettare l’incarico di CSE a seguito del protocollo d'intesa.

All’atto dell’accettazione dell’incarico, il CSE deve essere cosciente di dover sottostare alle “criticità” evidenziate nei paragrafi precedenti. Deve essere cosciente che si è preteso nella norma di gestire una situazione straordinaria con mezzi ordinari che non sono stati pensati dal Legislatore per una situazione straordinaria quale è la pandemia da Covid-19. È di immediata evidenza che la procedura ordinaria applicabile porta alla paralisi dell’attività lavorativa. Il CSE si salva se vale questo principio: nessuna attività lavorativa, nessun contagio.

Le criticità descritte nei punti precedenti sono evidenziate da più parti anche a livello nazionale (esempio documento C.R.O.I.L. della Lombardia ecc.).

Inarsind Toscana Centro è disponibile, insieme a tutti gli Enti interessati di cui all’art. 4 comma 4 della LR n.73/08, a dare il proprio contributo al fine di trovare un percorso per una ripresa delle attività lavorative in condizioni di reale sicurezza e tutela della salute dei lavoratori, nella corretta gestione del contenimento dell’epidemia da SARS-CoV-2 all’interno dei cantieri così come definiti col TU.

A cura di Ing. Marco Becucci
Presidente Inarsind Toscana

Gruppo di lavoro per la Sicurezza nei Cantieri
Ing. Pietro Berna
Ing. Alessandro Degl’Innocenti



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