Il Governo impugna la Legge sugli Appalti della Regione Sicilia

11/09/2015

Era nell'aria da diversi giorni, il Consiglio dei Ministri ha deliberato l'impugnativa per la Legge della Regione Sicilia n. 14 del 10/07/2015 recante "Modifiche all'articolo 19 della legge regionale 12 luglio 2011, n. 12".

Il Consiglio dei ministri, pur prendendo atto della lettera del presidente della Regione Siciliana con la quale si è impegnato ad apportare alcune modifiche alla legge, ha deciso di impugnarla in quanto, sul piano strettamente tecnico, la disposizione è in contrasto con l'articolo 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione che riserva esclusivamente alla competenza legislativa dello Stato la materia della tutela della concorrenza. Contemporaneamente si è deciso di aprire un tavolo di confronto istituzionale con la Regione Siciliana per procedere all'individuazione di possibili soluzioni concordate in merito alla questione.

Il commento di ANCE Sicilia
"La riforma regionale degli appalti pubblici continuerà a restare in vigore nonostante l'impugnativa del governo nazionale, e ciò fino alla sentenza della Corte costituzionale, non prima di 8-12 mesi, cioè nel termine entro il quale comunque l'Ars avrebbe dovuto adeguare la norma alla riforma nazionale di prossima emanazione.

Dunque, in Sicilia tutte le gare d'appalto continueranno naturalmente ad essere aggiudicate secondo i nuovi criteri di legalità e trasparenza dettati dalla vigente legge. Nel frattempo sarà possibile raccogliere statisticamente le risultanze delle gare e continuare a dimostrare con i fatti che la riforma impedisce la formazione di cordate e impone l'aggiudicazione solo ad imprese sane che rispettano le regole e che eseguono correttamente i lavori e che, pertanto, non possono presentare ribassi superiori ad ogni ragionevole margine.

La bontà di questa riforma - fortemente voluta non solo dal governo regionale e da tutte le forze politiche dell'Ars, ma soprattutto da tutte le associazioni di imprenditori, dagli ordini professionali e dai sindacati aderenti alla Consulta regionale delle costruzioni – è riconosciuta dallo stesso governo nazionale nella nota di Palazzo Chigi, nella quale si spiega anche che l'impugnativa vuole fare chiarezza solo sul principio della potestà legislativa esclusiva dello Stato in materia di concorrenza ed è, quindi, un atto dovuto.

Infatti, rappresenta un precedente assoluto e un'importante novità il fatto che nella stessa nota il governo affermi di volere aprire un dialogo col governo regionale al fine di individuare una soluzione concordata. Ciò non solo avvalora la nostra convinzione che da parte di Palazzo Chigi vi sia la medesima volontà di garantire trasparenza e legalità negli appalti a discapito dei grandi gruppi speculativi e delle realtà criminali, ma ci rassicura soprattutto sulla possibilità che molto prima della sentenza della Consulta le parti riusciranno a scrivere un testo che, modificando la riforma regionale, rappresenti anche un modello per quella nazionale.

Siamo infatti in presenza di valori condivisi che non possono essere espressi da modelli normativi, nazionale e regionale, che confliggono fra loro, e sarà un obiettivo sicuramente raggiunto il fatto che le due future riforme si fondano fra loro in un unicum. Non è un caso, fra l'altro, che i principi da noi fortemente voluti nella riforma approvata dall'Ars sono contenuti nella proposta che l'Ance nazionale ha presentato come contributo alla riforma nazionale degli appalti, al punto che la riforma regionale ha ricevuto pieno e convinto sostegno dall'Ance nazionale in due note inviate al ministro delle Infrastrutture, Graziano Delrio, e al sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Claudio De Vincenti"
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Il commento del Movimento 5 Stelle Sicilia
"La lettura delle motivazioni, che non entrano nel merito degli approfondimenti giuridici prodotti a supporto della legge 14 e chiesti da palazzo Chigi - afferma il primo firmatario della legge Sergio Tancredi - mi fanno pensare che le motivazioni siano esclusivamente politiche, perché si vuole evitare che la Sicilia riaffermi il proprio diritto a legiferare, anche nelle materie concorrenti, peculiarità dataci dal nostro statuto, che da più parti ultimamente viene attaccato. Questo è l'ultimo di una serie di sfregi del governo Renzi alla Sicilia e all'economia siciliana. Mi aspetto che Crocetta difenda la legge chiedendo alla Corte costituzionale di pronunciarsi in merito e sono convinto che alla fine la Corte ci darà ragione, anche perché se non lo facesse, alla luce delle precedenti sentenze, smentirebbe se stessa".

"Quella sugli appalti è una riforma fondamentale per il settore - continua Tancredi - e la recente manifestazione degli imprenditori, che sono arrivati perfino ad incatenarsi per difendere la legge ne è prova lampante. Lo stop farebbe ripiombare nella disperazione tutti gli operatori dell'edilizia, vanificando la possibilità di rilancio del comparto".
"Da rimarcare - conclude Tancredi - che con la nuova legge i partecipanti alle gare sono aumentati sensibilmente, confermando che l'auspicio di un incremento di competitività era corretto e che si tratta di una norma che stimola la libera concorrenza, ampliando la platea dei soggetti che possono aspirare all'aggiudicazione".

Conferma le conseguenze negative dell'eventuale stop l'assessore ai Lavori pubblici di Ragusa, Salvo Corallo: "Molte aziende avevano ritrovato lo stimolo a partecipare alle gare. Solo nel nostro Comune alcuni grossi lavori ora potrebbero fermarsi. La riforma garantiva, oltretutto, la qualità dei lavori, in quanto non costringeva gli imprenditori a ricorrere a risparmi sui materiali per ottenere i maggiori ribassi".

Nei prossimi giorni pubblicheremo le motivazioni di Palazzo Chigi unitamente ad un'analisi della nostra redazione.

A cura di Gianluca Oreto
   


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