Il balletto delle soglie nei servizi di architettura e di ingegneria

13/12/2011

Nella relazione di accompagnamento al decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 c.d. "decreto Monti" o "decreto Salva Italia", in riferimento all'articolo 44, comma 5 dello stesso si legge testualmente: "La proposta è volta ad abrogare l'articolo 12 legge n. 180/2011 (in materia di contratti pubblici) relativo all'affidamento dei contratti pubblici di architettura e di ingegneria al fine di garantire maggiore trasparenza e concorrenza. "
Ci riferiamo, quindi, alla norma che ha riportato alla soglia di 100.000 euro il massimo importo per cui è possibile procedere all'aggiudicazione dei servizi di architettura e di ingegneria con il criterio della precedura negoziata senza previa pubblicazione del bando di gara previsto all’articolo 57, comma 6 del Codice dei contratti.

Nel concordare con l'auspicio del legislatore relativamente alla necessità di garantire maggiore trasparenza e concorrenza, ci chiediamo come mai non viene utilizzato lo stesso criterio per l'aggiudicazione dei lavori per i quali il decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70 convertito dalla legge 12 luglio 2011, n. 106 ha innalzato da 500.000 ad 1.000.000 di euro la soglia entro la quale è consentito affidare i lavori con la procedura negoziata senza previa pubblicazione di bando di gara a cura del responsabile del procedimento (articolo 122 del codice).
Nella relazione di accompagnamento viene detto testualmente "L'elevazione dell'importo è bilanciata, per garantire la massima concorrenzialità della procedura, con l'aumento del numero minimo dei soggetti che devono essere obbligatoriamente invitati (almeno 10 per i lavori di importo superiore a 500.000 euro, almeno 5 per i lavori di importo inferiore).".
Ma qual è questa massima concorrenzialità nella procedura rispetto a quella dei servizi di architettura e di ingegneria?

Evidentemente il legislatore ritiene che sia necessaria una maggiore trasparenza e concorrenza per l'affidamento dei servizi di architettura e di ingegneria e non per l'affidamento dei lavori stessi; in verità non ne capiamo la ragione mentre intuiamo che il problema potrebbe essere più profondo e più inaccettabile perché legato soltanto a giochi di potere.
Successivamente all'innalzamento della soglia da 100.000 a 193.000 euro (dal prossimo 1 gennaio 200.000) l'OICE contestò con vigore il provvedimento e, come d'altra parte è possibile rilevare da un comunicato stampa dell'Oice stesso, la norma relativa all'abrogazione dell'articolo 12 della legge 11 novembre 2011 n. 180 è stata inserita nel "decreto Monti" "in accoglimento di una pressante ed esplicita richiesta Oice formulata in questi ultimi giorni al Governo".
Ma quali sono le reali motivazioni? Sono quelle di trasparenza e di concorrenza o ce ne sono altre quali, ad esempio, quelle legate al fatto che con la procedura negoziata senza previa pubblicazione di bando di gara non viene utilizzato l'articolo 263 del Regolamento n. 207 con cui vengono definiti requisiti di partecipazione alle gare che impediscono l'accesso al mercato dei lavori pubblici dei giovani e degli studi professionali che non abbiano una notevole dimensione imprenditoriale, con parecchie decine di dipendenti?

Perché nello stesso "decreto Monti", per garantire maggiore trasparenza e concorrenza, non è stata abrogata la norma contenuta nel decreto-legge 13 giugno 2011, n. 70 convertito dalla legge 12 luglio 2011, n. 106 che innalza la soglia degli affidamenti dei lavori con procedura negoziata senza previa pubblicazione di bando di gara da 500.000 ad 1.000.000 di euro? Forse perché non è giunta al Governo nessuna sollecitazione da parte di organismi rappresentativi delle imprese? Ma d'altra parte quale interesse avrebbero avuto ad effettuare una tale richiesta?
Se così fosse saremmo messi veramente male e dovremmo chiederci come è possibile rilanciare un settore di notevole importanza qual'è quello dei lavori pubblici se la normativa segue i voleri dell'OICE di turno, del CNAPPC o di altre associazioni? Non sarebbe meglio, forse, sedersi tutti attorno ad un tavolo e pensare seriamente al bene del Paese?
Oggi e probabilmente neanche domani, situazioni ataviche non potranno essere cambiate senza dolori, ma per il bene di tutti gli operatori del settore sarebbe auspicabile un quadro normativo sui lavori pubblici più stabile e non nascosto tra leggi o decreti-legge che nulla hanno a che vedere con i lavori pubblici stessi.

A cura di Paolo Oreto


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