Legge di Stabilità e Riqualificazione aree degradate: buona l'intenzione, pessima l'attuazione

17/12/2014

Era il 7 settembre 2012 quando presso la sede del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti si insediava Cabina di Regia per l'attuazione del Piano Nazionale Città che avrebbe avuto lo scopo di approvare progetti di riqualificazione di aree urbane degradate e sviluppare le città per rilanciare il settore dell'edilizia. Chi lavora nel comparto edile sa bene come sia finito questo ambizioso progetto.

Già all'atto dell'insediamento della Cabina, rilevai come stonasse che all'interno della stessa non fossero state inserite figure professionali tecniche, soprattutto quella dell'Architetto che certamente avrebbe potuto dare un impulso al progetto di riqualificazione delle città (leggi articolo).

A distanza di 2 anni il nuovo Governo, ormai famoso anche all'estero come "Governo del 41%" e per le sue dichiarazioni altisonanti, ha predisposto un nuovo Piano Nazionale per la rigenerazione e riqualificazione delle aree urbane degradate con un emendamento alla Legge di Stabilità per il 2015 che prevedrebbe l'investimento di 200 milioni di euro nel prossimo triennio. Piano che non convince il Consiglio Nazionale degli Architetti P.P.C. che ne ha rilevato le carenze dal punto di vista progettuale e l'asfissiante burocrazia nel processo di attuazione.

"L'emendamento del Governo alla Legge di Stabilità e Sviluppo - ha affermato il CNAPPC - che predispone un Piano nazionale per la rigenerazione e riqualificazione delle aree urbane degradate, con un investimento di 50 milioni per il 2015 e altri 150 per il 2016 e il 2017, sembrerebbe finalmente dare l'avvio ad una seria politica di sviluppo delle città e rigenerazione delle periferie se, ancora una volta, non si volesse poi attuarla con i metodi bizantini propri della vecchia politica italiana. Il Piano nazionale sostituisce, infatti, il Piano Città del 2012, i cui limiti di visione e di organizzazione ne hanno decretato il sostanziale fallimento, riproducendone la carenza di progetto e un'assurda burocrazia nel processo di attuazione".

"Il limite dell'emendamento - continua il CNAPPC - è quello di definire genericamente obiettivi e parametri di selezione dei progetti, senza una visione chiara e motivata della strategia e della sua stretta connessione con lo sviluppo sostenibile dell'Italia. In più, ripetendo l'errore fatto con il Comitato per le politiche urbane, istituisce un Nucleo di valutazione dei progetti interministeriale composto, se abbiamo fatto bene i conti, da almeno 15 persone a cui, dopo l'approvazione del bando (31 marzo 2015) i Comuni dovranno trasmettere i progetti "tempestivamente cantierabili" che saranno selezionati entro la fine di settembre per il finanziamento".

"In tutta Europa, invece, i Piani di rigenerazione urbana partono da una strategia precisa e condivisa, da cui discendono i principi di selezione per gli investimenti statali, gestiti da un Nucleo o Agenzia agile, nella quale un rappresentante del Governo rappresenta tutti i Ministeri, uno le Regioni e uno i Comuni, affiancati da un gruppo ristretto di advisor (esperti di architettura e pianificazione, finanza di progetto, sociologia) che hanno l'esperienza e il curriculum adatti per aiutare nella selezione delle priorità".

Come correttamente rilevato dal CNAPPC "Il Piano Città del 2012 è fallito esattamente perché non era chiara la strategia, e di conseguenza i criteri di selezione; il CEPU era troppo numeroso e composto solo di funzionari ministeriali; i progetti vecchi o allestiti senza soldi in poche settimane; i procedimenti burocratici faticosi. Così come progettato il Piano del Governo subirà la stessa sorte".

Per questo motivo, il CNAPPC ha chiesto al Governo di rivedere l'emendamento al fine di non perdere una nuova possibilità di sviluppo per il Paese. "Serve allora stabilire, in tre mesi, quale sia la strategia complessiva da attuare nell'arco di dieci anni, mettendo attorno al tavolo alcune grandi intelligenze dell'Italia che si occupano di periferie, come ad esempio il senatore a vita Renzo Piano. Sulla base della strategia - conclude il Consiglio Nazionale degli Architetti - serve poi finanziare un parco progetti innovativi e sostenibili che siano seguiti da una Unità di missione o Agenzia leggera, competente ed efficiente sull'esempio delle Unità di Missione per le scuole e il rischio idrogeologico che stanno dando buona prova di sé. L'ultimo step è quello di integrare questa politica con le azioni e i finanziamenti comunitari, così come gli architetti italiani predicano da anni".

Non capita spesso, ma in questo caso mi trovo d'accordo con il CNAPPC.

A cura di Gianluca Oreto - @lucaoreto


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