Quinto d’obbligo e Frazionamento degli affidamenti: nuovo intervento del TAR

di Redazione tecnica - 07/12/2020

Torniamo ad occuparci di procedimenti corretti di indizione di gare ad evidenza pubblica. Approfittiamo di una interessante sentenza del Tar Napoli, la n. 5595/2020, emessa il 27 novembre 2020, in cui si discute di quinto d'obbligo, "mero fatto di servizio" e modifiche ad un contratto di appalto.

Il fatto e il ricorso

Si parla di gestione del servizio di portierato per l'Asl Napoli 3. E il cambio di gestore attraverso affidamento per il "quinto d'obbligo". Sul tavolo dei giudici del Tar Napoli, la questione relativa alle violazioni del decreto legislativo numero 50 del 2016 per quanto riguarda il meccanismo del monte ore, non conforme, secondo la società che ha fatto ricorso, alla normativa. Tra i fatti contestati, la rinegoziazione, da parte della stazione appaltante, del monte ore inizialmente previsto in maniera diversa nel disciplinare di gara.

Cos'è il quinto d'obbligo

"La stazione appaltante, qualora in corso di esecuzione si renda necessario un aumento o una diminuzione delle prestazioni fino a concorrenza del quinto dell'importo del contratto, può imporre all'appaltatore l'esecuzione alle stesse condizioni previste nel contratto originario. In tal caso l'appaltatore non può far valere il diritto alla risoluzione del contratto". Questo recita il comma 12 dell'articolo 106, del decreto legislativo numero 50 del 2016. Secondo la società che ha presentato ricorso, "attenendo ad una fase successiva alla stipula del contratto di appalto, non rientrerebbe tra le ipotesi di giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo", ma "resterebbe pertanto devoluta al giudice ordinario". Per il Tar non è così. Infatti la controversia "non si muove all’interno del rapporto contrattuale tra la committente Asl Napoli 3 sud e l’affidataria", visto che la società uscente "ha contestato la scelta dell’Amministrazione di attivare il suindicato meccanismo, per difetto dei presupposti richiesti dalla evocata previsione del codice dei contratti pubblici, anziché procedere attraverso l’indizione di una gara ad evidenza pubblica (come contestualmente disposto per l’affidamento di circa 7.000 ore residue), alla quale ha interesse a partecipare". Non vi è dubbio, si legge nella sentenza del Tar Napoli "che la fattispecie attiene alla dedotta violazione del procedimento di evidenza pubblica per l’affidamento di prestazioni riferite al servizio di vigilanza, con conseguente attrazione della controversia alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo".

Gestore di mero fatto del servizio

Secondo la società che ha presentato ricorso, questo era inammissibile perché, dicono i legali, si farebbe "leva su una pretesa carenza d’interesse ad agire in relazione alla connotazione della ricorrente come gestore di mero fatto del servizio, in quanto l’originaria aggiudicazione fu annullata in autotutela dalla stessa Amministrazione". Ma, dicono i giudici, "premesso che questo non ha precluso a quest’ultima di agire in giudizio a tutela dei propri interessi coi ricorsi e che la stessa Asl ha riconosciuto la sua posizione differenziata sia nel verbale di parziale passaggio di cantiere che nella successiva richiesta di riduzione dell’importo orario per l’attività di portierato di sua pertinenza, è risolutivo osservare sul punto che la scelta della pubblica amministrazione di affidare le prestazioni aggiuntive mediante il “quinto d’obbligo”, è suscettibile di ledere in via diretta ed attuale l’interesse dell’instante, quale operatore del settore, a conseguire l’affidamento all’esito di procedura di gara". Per questo il ricorso è pienamente ammissibile.

Quando si può modificare un contratto di appalto senza una nuova procedura di affidamento

Dobbiamo affidarci al decreto legislativo numero 50 del 2016 e, in particolare, nell'articolo 106. Qui si legge che i contratti di appalto possono essere modificati senza una nuova procedura di affidamento (comma 12). E recita: "La stazione appaltante, qualora in corso di esecuzione si renda necessario un aumento o una diminuzione delle prestazioni fino a concorrenza del quinto dell'importo del contratto, può imporre all'appaltatore l'esecuzione alle stesse condizioni previste nel contratto originario. In tal caso l'appaltatore non può far valere il diritto alla risoluzione del contratto". Ma, dice il Tar Campania, "l'articolo 106 del decreto legislativo numero 50 del 2016, nel consentire alla stazione appaltante il potere di modificare unilateralmente il rapporto nei termini quantitativi appena indicati, assume natura derogatoria, anzitutto, rispetto al principio generale contenuto nell’articolo 1372, comma 1 del codice civile secondo cui il contratto “ha forza di legge tra le parti”. Inoltre, con specifico riferimento ai contratti pubblici, la fattispecie prevista dal comma 12 si pone come eccezione anche rispetto alla generale regola della gara, consentendo all’Amministrazione di ampliare sotto il profilo quantitativo l’oggetto del contratto, fino a concorrenza del quinto dell'importo, mediante affidamento diretto di ulteriori prestazioni all’appaltatore". L'applicazione della normativa, dunque, è molto stringente. Nel caso analizzato, si legge nella sentenza "deve reputarsi che l’ipotesi contemplata dal comma 12 – nell’inciso già citato: “qualora in corso di esecuzione si renda necessario una aumento o una diminuzione delle prestazioni” – riguardi le sole circostanze imprevedibili e sopravvenute nel corso dell’esecuzione del rapporto e giammai possa essere utilizzata per rimediare ad errori originari compiuti dalla stazione appaltante in sede di valutazione del fabbisogno ovvero per eludere gli obblighi discendenti dal rispetto delle procedure ad evidenza pubblica attraverso un artificioso frazionamento del contenuto delle prestazioni, come accaduto nel caso di specie".

No a frazionamento degli affidamenti

Viene contestato alla stazione appaltante di aver violato l'articolo 35 (comma 6) del decreto legislativo numero 50 del 2016 che fa divieto alle stazioni appaltanti di procedere a meccanismi elusivi di frazionamento degli affidamenti per sottrarsi alle regole di evidenza pubblica. Ed il conto, per i giudici è presto fatto, analizzando l'ulteriore fabbisogno di ore. Non avendo conseguito l'assenso, con gli atti impugnati, "l’Asl ha artificiosamente suddiviso il monte ore complessivo, da coprire mediante attivazione del quinto d’obbligo ed in altre migliaia di ore da assegnare mediante procedura negoziata semplificata, sotto soglia, ai sensi dell’articolo 36 del decreto legislativo numero 50 del 2016, con ciò rendendo ancor più palese l’intento elusivo perseguito". Ecco perché il Tar ha deciso di accogliere il ricorso e annullare la delibera dell'Asl.

A cura di Redazione LavoriPubblici.it



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