RIDUZIONE CONTRIBUTI

10/03/2006

Il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali con nota dell'8 marzo 2006 interviene con opportuni chiarimenti sull'applicabilità, nell'ambito del settore edile, della cd. contribuzione virtuale di cui all'art. 29 decreto-legge n. 244/1995 convertito nella legge n. 341/1995 alle somme corrisposte al lavoratore "a chiamata" di cui agli articoli 34 e seguenti del Decreto Legislativo n. 276/2003.

In particolare, l'attenzione è posta sull'indennità di disponibilità, corrisposta per i periodi in cui il lavoratore, che abbia contrattualmente garantito la propria disponibilità, sia rimasto in attesa di utilizzazione ovvero non sia stato chiamato a svolgere la prestazione lavorativa.

L'art. 29 del decreto-legge n. 244/1995 dispone l'infrazionabilità del minimale contributivo e cioè l'obbligo di versare una contribuzione minima, calcolata sulla retribuzione corrispondente al numero di ore settimanali non inferiore all'orario di lavoro normale stabilito dalla contrattazione collettiva, anche in assenza di prestazione effettiva mentre l'art. 36, comma 2, del Decreto legislativo n. 276/2003 dispone che i contributi sull'indennità di disponibilità siano versati per il loro effettivo ammontare, anche in deroga alla vigente normativa in materia di minimale contributivo.

Dopo una attenta analisi del problema, il Ministero conclude che l'indennità di disponibilità da corrispondersi al lavoratore edile a chiamata non può essere assoggettata al maggiore onere contributivo da calcolarsi su una retribuzione cosiddetta virtuale. Diversamente, peraltro, data la misura dell'indennità mensile da determinarsi secondo le modalità di calcolo previste dal D.M. 10.03.2004, sarebbe stato necessario disciplinare anche gli eventuali parametri di riferimento per raggiungere la maggiore contribuzione "virtuale".

L'applicazione sull'indennità di disponibilità del maggiore onere contributivo ex art. 29 citato., infine, priverebbe il datore di lavoro dell'importante vantaggio dell'utilizzo del lavoro a chiamata, ovvero il risparmio dei costi durante i periodi di inattività e, nel contempo, costituirebbe un incentivo ad utilizzare diverse qualificazioni formali del rapporto di lavoro non corrispondenti al reale carattere di lavoro subordinato delle prestazioni svolte "ad intermittenza".

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